Corriere della Sera, 14 novembre 2015
È la strategia di chi compie una scorreria nel campo nemico cogliendolo di sorpresa
WASHINGTON È la strategia del ghazi, il guerrigliero che conduce una scorreria nel campo nemico cogliendolo di sorpresa. Un’incursione multipla e simultanea che solleva dubbi sulla preparazione dell’intelligence. L’assalto nel cuore di Parigi, rivendicato dall’Isis, ricorda l’attacco a Charlie Hebdo ma si ispira ad operazioni terroristiche adottate dai qaedisti a Mumbai, in India, a Lahore in Pakistan ma anche al teatro Dubrovka di Mosca. Nuclei di armati che colpiscono persone inermi e prendono ostaggi per moltiplicare il senso di insicurezza. Usano gli uomini-bomba, importano tattiche irachene a nuove latitudini.
Chi ha insanguinato Parigi si è preparato per una manovra da condurre per fasi. Hanno certamente condotto una ricognizione per scegliere gli obiettivi. Il segnale è partito con i primi colpi alle 21.20. Nel mirino il ristorante Petit Cambodge e il cafè Carillon, poi un altro bar e lo stadio. Zone ad alta concentrazione di folla. Punti critici dove è facile colpire, sfruttare la confusione, mettere in crisi gli apparati di sicurezza.
Lo hanno fatto con grande scaltrezza, sfilando sotto i radar dell’antiterrorismo. Se erano segnalati hanno gabbato i controlli. A meno che non abbiano scelto figure sconosciute. Probabile che abbiano costituito covi d’appoggio nelle vicinanze. Il governo dovrà capire come sia stato possibile. Anche se è vero che le tattiche della polizia si basano sempre sul caso precedente.
I killer hanno usato fucili d’assalto kalashnikov e ordigni esplosivi, avevano munizioni a volontà, hanno ricaricato più volte. Equipaggiamento che garantisce potenza ma non impedisce i movimenti rapidi. Dopo la prima «spallata» hanno condotto la presa d’ostaggi al teatro Balaclan seguita dall’uccisione degli spettatori.
È la mossa per continuare l’attacco sotto altre forme. Le forze dell’ordine sono costrette a disperdersi. Infatti, a dimostrazione dell’accurata pianificazione e per allungare le linee della polizia, i mujaheddin hanno sparato ancora al bar La Belle Equipe. Poi le notizie di un kamikaze vicino allo stadio.
Il massacro arriva dopo un periodo di minacce. Proclami lanciati dai portavoce dello Stato islamico e anche dal leader di Al Qaeda, Ayman al Zawahiri. La Francia ha contrastato lo Stato islamico con raid su Raqqa, in Siria. Strike per neutralizzare elementi – si è detto – che stavano studiando attentati.
Si è fatto il nome di Salim Benghalem, sgozzatore francese e presunto ispiratore dei killer di Charlie Hebdo. L’Isis nella sua rivendicazione ha spiegato che quanto è avvenuto a Parigi è una ritorsione per quei bombardamenti. Parole da valutare: può essere la solita assunzione di responsabilità propagandistica ma anche il marchio sull’eccidio. L’ordine è arrivato dal Califfo?
I militanti si sono addestrati, pronti a muovere anche in zone fortemente presidiate da militari. Ora l’idea è stata ripresa dai nuovi jihadisti. In quest’anno è stato un crescendo di episodi. Con gesti minori – come in Danimarca – accompagnati dalla strage al giornale satirico francese e dalla sparatoria in Belgio, indicazioni di un sentiero evidente. «Professionisti» della violenza, dunque bravi a maneggiare armi, magari veterani dei conflitti in Afghanistan, Siria e Iraq ma anche semplici reclute. Si doveva capire cosa stava per accadere e invece non è avvenuto.
È facile prevedere che altri imiteranno i criminali, hanno visto che si può fare: «Ora Washington, Roma e Londra, proclama l’Isis». Per certi aspetti è più angosciante dell’11 Settembre: allora ci vollero un paio d’anni per mettere insieme il team dei 19 pirati. Lanciare la missione sacrificale come quella nella capitale transalpina è meno complicato.
Si è a lungo pensato che non avendo abbastanza risorse i jihadisti avessero preferito affidarsi a iniziative individuali. E l’intelligence ha concentrato la sua attenzione per neutralizzare insidie di questo tipo. Invece i mujaheddin hanno ampliato il fronte. Giovedì l’eccidio a Beirut, pochi giorni fa il disastro del jet russo sul quale aleggia il sospetto di un gesto criminale. A chiudere, Parigi trasformata in un campo di battaglia
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Secondo il ministero dell’Interno, poco meno di 2 mila cittadini francesi sono legati a organizzazioni coinvolte nella «guerra santa» degli islamisti o nelle organizzazioni radicali attive in Siria o in Iraq. Dopo gli attentati contro Charlie Hebdo e l’Hypercacher, la Francia ha disposto la massima allerta sul territorio, con il dispiegamento del piano di prevenzione del terrorismo «Vigipirate» al suo massimo grado. Proprio mercoledì era stato annunciato l’arresto di un uomo a Tolone, nel sud della Francia, prima che sferrasse un attacco contro militari francesi in nome della jihad.
Del resto esperti di geopolitica e 007 sono d’accordo nell’affermare che con l’operazione lanciata in Siria la Francia non mirava ad arginare l’esodo di profughi né a rafforzare la coalizione anti-Isis: il motivo era quello di neutralizzare un gruppo preciso di combattenti che stava preparando attentati devastanti sul territorio francese. Ma l’intelligence di Parigi è arrivata tardi (Enrico Caporale, La Stampa)