Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  novembre 14 Sabato calendario

Così gli ostaggi del Bataclan sono stati uccisi uno a uno

Hanno visto i ragazzi della fila accanto cadere giù come birilli. Hanno sentito le voci dei terroristi che gridavano «Allah u Akbar». Tutto in pochi secondi, tutto come nel peggiore degli incubi possibili. E all’improvviso il Bataclan, teatro storico della città, è diventato il luogo degli orrori.
Millecinquecento ragazzi e ragazze in preda al panico, fra la disperazione e la morte. Tutti di corsa verso le uscite mentre i terroristi sparavano con i fucili a pompa sulla folla. Poi ricaricavano con calma per tornare a sparare. «Questo è per la Siria» avrebbe urlato uno di loro prima di far partire la prima raffica.
All’una di notte la polizia ha deciso il blitz. All’una e mezza i sopravvissuti e gli agenti hanno provato a farsi largo fra i corpi senza vita e il sangue, in cerca di feriti da salvare. «Più di cento morti» è una prima stima della carneficina alla sala dei concerti più amata di Parigi. Moltissimi nella prima parte dell’attacco, alcuni anche nella fase finale, durante l’incursione delle forze speciali.
Tre dei corpi per terra sono dei terroristi. Gli altri sono giovani arrivati in massa per il concerto rock della band americana «Eagle of the Death Metal». Biglietti esauriti da giorni per un venerdì sera di divertimento e musica a tutto volume. Fino a quel primo colpo d’arma da fuoco, per una frazione di secondo scambiato per un petardo e confuso con le note rock. Solo una piccola frazione di secondo. Poi è stato chiaro a tutti che nel vecchio amatissimo Bataclan sarebbe stata la sera della vita o della morte.
Le testimonianze dei sopravvissuti, nella notte, sono racconti di crudeltà e di morte. «Gli aggressori lanciavano esplosivi contro gli ostaggi» dice qualcuno che i media francesi definiscono «fonte ufficiale», «una carneficina» è la prima parola che viene in mente a chiunque metta piede all’interno del Bataclan. «Siamo riusciti a fuggire, c’era sangue dappertutto, quelli tiravano con un fucile a pompa sulla folla» racconta a Le Figarò un ragazzo scampato alla sparatoria.
Fuori, invece delle compagnie di ragazzi che si solito si radunano davanti all’ingresso, le facce smarrite di chi cerca qualcuno, forse fuggito, forse ancora dentro fra i corpi senza vita. Arriva, con un momento di silenzio surreale, anche il presidente François Hollande, accompagnato dal primo ministro Manuel Valls.
Le notizie sui fatti di Parigi, e soprattutto quelle dal teatro, si rincorrono sui social network, così attivi da far crollare a tratti il traffico di Twitter.
Sul pubblico planetario di Internet rimbalzano le parole di chi si è salvato: «I terroristi erano calmi mentre sparavano. Hanno ricaricato le armi tre-quattro volte». «Hanno ucciso a freddo molti ostaggi, poi ricaricavano e ne uccidevano altri». «Ammazzavano senza pietà».
E mentre centinaia di ragazzi cercano di capire dove sono e come stanno persone di cui non riescono ad avere più notizie, a notte fonda si fanno sentire anche i musicisti della band americana che era sul palco: «Siamo in cerca di informazioni sulla sicurezza di tutta la nostra band e del nostro staff. I nostri pensieri vanno alle persone coinvolte in questo tragico evento».
La serata che Parigi non potrà mai scordare ricorda un’altra carneficina in un altro teatro, in un’altra parte del mondo. Fu tra il 23 e il 26 ottobre 2002 al Dubrovka di Mosca. Vennero sequestrati e tenuti in ostaggio circa 850 civili da un gruppo di 40 militanti armati ceceni che rivendicavano fedeltà al movimento separatista ceceno chiedendo il ritiro immediato delle forze invasori russe dalla Cecenia e la fine della guerra in corso. Finì in un bagno di sangue. Decine e decine di morti e l’immagine delle donne cecene, le cosiddette «vedove nere» sedute sulle poltrone, e ormai senza vita dopo il blitz delle forze speciali, con le cinture esplosive ancora legate attorno al corpo. Fu una carneficina anche allora.
Come ieri sera. Alle due del mattino, secondo un bilancio ancora provvisorio, i ragazzi uccisi al Bataclan erano 118.