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 2015  novembre 13 Venerdì calendario

«Fumava molto e dormiva poco. Faceva tutto quello che un cantante non doveva fare». Beppe Carletti ricorda l’amico Augusto Daolio, l’indimenticabile voce dei Nomadi

Gennaio 1992. Durante un concerto in provincia di Sondrio, Augusto Daolio, cantante e fondatore dei Nomadi insieme a Beppe Carletti, si sente male. Un’emicrania lancinante. E sul palco piange di dolore. Il concerto viene interrotto. In camerino il dolore continua. Augusto viene portato al pronto soccorso dove gli somministrano un calmante. «Dopo 15 giorni di riposo gli ritornò il mal di testa», ricorda Carletti. «Lo portammo all’ospedale. Un esame radiologico accurato rivelò una avanzata metastasi polmonare già diffusa anche in altre parti del corpo. Un amico infermiere ci anticipò l’infausta diagnosi. Mi si gelò il sangue, come mi succede ogni volta che lo ricordo. Perché quando vivi e lavori con una persona a cui vuoi bene dal profondo, pensi sempre che l’amicizia e il rapporto saranno eterni. Hai la fallace certezza che non gli succederà niente». «Grazie al cortisone siamo andati avanti a suonare fino all’8 agosto del ‘92. Lui è morto il 7 ottobre di quello stesso anno alle ore 5 del mattino». Aveva solo 45 anni.
Il mito della band fondata nel ‘63 non accenna ad appannarsi. E mentre i Pooh si apprestano a chiuder bottega dopo un ultimo bagno di folla negli stadi, i concerti dei Nomadi continuano ad andare in scena chiamando ogni volta migliaia di persone anche in assenza di promozione televisiva e radiofonica. Ad Augusto Daolio è succeduto per lunghi anni Danilo Sacco. Dopo la decisione di quest’ultimo di abbandonare il gruppo è arrivato un solista giovanissimo di formazione rap di nome Cristiano Turato. Il suo arrivo ha fatto scattare un rinnovamento dei suoni della band, dando nuovo smalto a tutto il repertorio.
Nel cuore della gente. Ora, grazie a una fantastica commistione fra alta tecnologia e memoria storica, la voce di Daolio rivive in un disco che aggiunge alla caratteristica timbrica dell’artista, i suoni nuovi dei Nomadi di oggi. Si chiama Il sogno dei due sedicenni è diventato realtà e la copertina mostra due ragazzini, Augusto Daolio e Beppe Carletti, ritratti dopo un concerto a Levico Terme (Trento).
«Augusto», spiega Beppe Carletti curatore del progetto, «è sempre rimasto nel cuore della gente. E quando nei concerti parte il video con la sua voce il pubblico si commuove. Da tempo volevo realizzare questo omaggio al mio amico che è stato uno dei più grandi animali da palcoscenico del panorama italiano: grande voce, unica, intonata e possente, originale intrattenitore sia nel rock che nella canzone d’autore. Insomma quest’opera è per il mio grande amico e compagno di viaggio, per chi lo amava e per chi non l’ha mai conosciuto. Un’altra cosa: solo dopo la sua prematura scomparsa molti hanno riconosciuto le sue qualità e i suoi meriti artistici, il suo giusto valore fra cui una estensione vocale di due ottave. Un dono di natura che lui prendeva un po’ sottogamba: fumava molto, dormiva poco, insomma tutto quello che un cantante non dovrebbe fare».   
La rassegna dei pezzi. In Italia ci sono oltre 150 fan club dei Nomadi che si radunano ogni anno a Novellara, terra d’origine della band. Daolio da una parte rifuggiva da ogni forma di divismo e dall’altra non poteva fare a meno di gratificare i fan con dediche e discorsetti vari. Augusto prendeva in giro il rituale del concerto facendo il verso alle star che cercano di accattivarsi il pubblico: «Siete caldi?» chiedeva con voce nasale e impostata. E poi un complimento sincero: «Voi siete più importanti di un posto nella classifica di Tv Sorrisi e Canzoni».  Daolio in scena appariva “accuratamente trasandato”. Il disco contiene tre canzoni scritte da Augusto Daolio, ma non firmate da lui perché non ne voleva sapere di sostenere l’esame di autore alla Siae: Aiutala (sigla per un concerto contro le droghe dell’86 trasmessa da Raiuno), Il falò, e Rotolando Va. Il falò è un saggio di bel canto che esplora nelle profondità dell’anima, nata a casa di Beppe Carletti dove Daolio trascorreva giornate intere a parlare di tutto e di nulla. Nuvole basse è cantato con una timbrica lineare e mescola amore e rabbia con versi molto curiosi come «che vanga un accidente a chi non paga le tasse, alle nuvole basse» oppure «Nuvole basse se non hai paura, puoi trovarci dentro un elefante, un’avventura un turbo Maserati, una fila d’indiani, e potrei andare avanti fino a domani», Edith è il ritratto di una ragazza tedesca che passa l’estate facendo la cameriera in un rifiugio ad alta quota e l’inverno a Berlino. La bomba è una canzone ancora molto attuale che paventa la destabilizzazione del pianeta.
«Sono brani che nessun discografico voleva», ricorda Carletti, «e fummo costretti a fare i produttori indipendenti nostro malgrado». «La deriva è una canzone di forte impatto emotivo nell’attesa di un treno che non arriva e di un amore dimenticato e irrisolto. Tra loro canta la montagna, scomoda da raggiungere con le sue corriere che sfiorano i precipizi portando in borghi remoti passeggeri infreddoliti con la testa piena di sogni e stanchezza. Poi Rotolando (dell’86), Suoni in cui la voce di Augusto, che fa semplicemente “la la la”, si innesta sul violino in un “la” dell’ottava superiore. Non mancano Auschwitz (la canzone sull’Olocausto) e Asia di Guccini, quest’ultima fra afrori di terre lontane, riff orientaleggianti in un clima rock quasi ipnotico. E infine Io vagabondo, dal vivo, che Daolio dedica «all’amico e fratello Beppe Carletti».