il venerdì , 13 novembre 2015
A Genova ci sono sempre più universitari. Della terza età
Genova in un anno gli iscritti sono raddoppiati, superando quota mille. Età media 62 anni, in prevalenza donne, compresa la veterana, Iolanda Pinna, 92 anni, che frequenta dal 1983 e quest’anno si è re-iscritta. Il merito del boom sta nella volontà degli adulti maturi di continuare ad apprendere, coltivare interessi e migliorare la propria cultura, oltre che nell’attivismo di Unite, l’Università della terza età. Ma quest’anno ci ha messo del suo anche il rettore dell’ateneo, quello ufficiale, Paolo Comanducci, che ha voluto dare all’iniziativa un riconoscimento istituzionale garantendo l’alto livello dei corsi.
Così a Genova 1.067 anziani andranno a lezione nelle stesse aule dove studiano i ragazzi e a tenere le lezioni saranno gli stessi docenti che insegnano agli studenti. Il 3 novembre, inoltre, Comanducci ha inaugurato l’anno accademico di Unite nel Salone del Minor Consiglio a Palazzo Ducale con una lezione di Diritto sul tema La giustizia spada dei potenti o scudo per i deboli? Iscriversi costa 50 euro il primo anno e 30 negli anni successivi. I corsi più gettonati sono Lettere, Filosofia, Architettura, Medicina e quello tostissimo di Ingegneria. I corsi durano tre anni. Alla fine si svolge una piccola tesi e si ottiene un attestato. Accordi di collaborazione tra le Università della terza età e gli atenei si segnalano anche altrove, a Milano ad esempio, e a Udine, dove sono state sottoscritte convenzioni quinquennali per la formazione degli adulti, anche online, con il coinvolgimento volontario dei docenti dell’ateneo. Sono i primi risultati concreti dell’accordo quadro siglato il 10 luglio 2014 tra governo, Regioni, autonomie locali e sindacati per promuovere l’apprendimento permanente. «Un accordo che per la prima volta assegna un ruolo da protagonista al Terzo Settore nell’erogare servizi di formazione culturale», dice Patrizia Mattioli, presidente dell’Auser, la più grande delle associazioni di volontariato e di promozione sociale. Ma il governo finora non ha messo un euro, così tutto è lasciato all’iniziativa delle Regioni e delle Università. «Noi certifichiamo con un bollino di qualità le nostre attività» dice Mattioli. «La crescente qualità dei corsi corrisponde a una precisa domanda dei nostri iscritti» aggiunge Paola Di Donato, presidente dell’Università Primo Levi di Bologna, circa 200 corsi l’anno, «ma sui finanziamenti l’Italia non è al passo con l’Europa».