Libero, 13 novembre 2015
In base alle nuove norme antimafia, i magistrati potranno sequestrare i beni di un indagato con una semplice indagine indiziaria, senza limiti di tempo. La chiamano "norma Saguto", ma dovrebbero chiamarla "norma Mani Pulite"...
Ormai le leggi scivolano in Parlamento come acqua nel lavandino, neanche il tempo di capire se siano inodori e insapori (come migliaia di altre leggi vacue, improvvisate sul tamburo mediatico) o se siano leggi che contengano un cianuro che sortirà i suoi effetti nel lungo periodo. Ufficialmente stiamo parlando del disegno di legge sulle nuove misure patrimoniali antimafia, laddove (all’articolo 1) si prevede che una semplice indagine indiziaria sia sufficiente per sequestrare beni e patrimoni a un pubblico amministratore.
Sì, come già accadeva nella legislazione antimafia: in pratica un’anticipazione di pena in grado di stroncare chiunque (famiglie comprese) ben prima che un processo ordinario possa aver termine. Ieri il disegno di legge è passato alla Camera, manca il Senato: e già la chiamano “norma Saguto” per via dell’indagine sull’ex presidente della sezione misure di prevenzione di Palermo, indagata per avere amministrato beni sequestrati in via preferenziale.
In realtà dovrebbero chiamarla norma Mani pulite, perché la chiave di volta che fece decollare l’inchiesta del 1992 fu – oltre al carcere preventivo – proprio il sequestro e il blocco dei conti bancari sin quando i pubblici ministeri avessero ritenuto: e, coi colletti bianchi scivolati a San Vittore, funzionò alla grande; “parlare” non significava solo la scarcerazione, ma soprattutto lo sblocco dei conti che permettessero all’azienda di non fallire e alla famiglia di continuare a campare. Finché hai i beni sequestrati, per capirci, non puoi fare neppure un bancomat o trovare i soldi per pagare l’avvocato, oltre a non poter far la spesa. È una norma nettamente inquisitoria, fatta per i peggiori criminali mafiosi: ma, ora, la norma che il Parlamento ha parzialmente approvato prevede ciò anche per corruzione e concussione e peculato. Con qualche novità: anzitutto un controllo governativo sull’agenzia dei beni confiscati, poi regole più trasparenti nella scelta degli amministratori giudiziari (ecco la norma Saguto, che proibisce ai giudici di nominare parenti e amici) e infine la possibilità di sequestro anche per chi sia semplicemente sospettato di favorire i latitanti. Poi la norma sarà tutta da leggere.
Una prima versione by Rosi Bindi conteneva 58 articoli, poi una del Pd li ha ridotti a 51 (discussi in aula per solo un’ora) sinché la commissione Giustizia li ha ridotti a 30. Nei fatti, è il parto scaturito da una proposta di legge di iniziativa popolare (due anni e mezzo fa furono raccolte centinaia di migliaia di firme) sommata alla mediazione della Commissione parlamentare antimafia di Rosi Bindi: c’è da stare tranquilli. Anche perché, fuor di battuta, anche se i magistrati dovessero operare i sequestri con massima oculatezza, è indubbio che la presunzione di innocenza andrebbe sostanzialmente a farsi benedire: e questo anche per reati ritenuti meno emergenziali di quelli mafiosi. Non servirà neanche un processo: basterà essere indagati e lo Stato potrà impossessarsi di un patrimonio per tutto il tempo a cui la nostra giustizia ci ha abituato. La norma era stata invocata da molti noti magistrati (il ministro Andrea Orlando ha recepito prontamente) e tra le cose incredibili c’è che ad opporsi, alla Camera, sono stati solo Forza Italia e 5 Stelle. La prima per motivi non chiariti (almeno mediaticamente) e i secondi in virtù obiezioni procedurali che col garantismo non hanno nulla a che fare. Il deputato Cinque Stelle Riccardo Nuti si è limitato a chiedere che il testo ritorni in Commissione dal momento che «dai 51 articoli iniziali è passato a soli 30 articoli».
Così, a far notare che già oggi i procedimenti seguiti dai tribunali delle misure di prevenzione duravano insopportabilmente troppo (ora varrà anche per reati minori, come visto) sono rimaste solo le varie Camere penali, cioè gli avvocati. Il governo Monti aveva introdotto una riforma affinché gli accertamenti e i sequestri non avessero una durata indeterminata, ma in che termini il governo Renzi abbia rifissato la persistenza dei processi di prevenzione (la durata, appunto) alla fine non si è capito, quindi, soldoni, non si è capito per quanto tempo le amministrazioni giudiziarie potranno sequestrare i beni di un cittadino indagato anche solo per peculato. Non è stato ritenuto mediaticamente interessante.