Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  novembre 13 Venerdì calendario

Bad bank e salvataggi bancari, storia di una commedia. L’Ue, l’Italia e la proposta che (non) c’è

Nei rapporti con la Commissione Ue su bad bank e salvataggi bancari siamo arrivati alla pochade. Dopo che dal 4 febbraio di quest’anno – come il Tesoro ha precisato – si sono svolti confronti e scambi di documenti con Bruxelles, ora, a nove mesi di distanza, la Commissione fa sapere che avrebbe voluto aiutare l’Italia nell’istituzione dell’accennato veicolo ma non lo ha potuto fare perché manca una proposta del governo.
Via XX Settembre ha prontamente replicato sottolineando, dopo aver ricordato l’intenso confronto svoltosi, che, da ultimo, la Commissione ha comunicato di prediligere una proposta completamente diversa da quella fino allora discussa: argomento sul quale è ora in corso una valutazione dello stesso Tesoro. Il fatto è che tutto fin qui si è sviluppato in riunioni e scambi informali che possono essere ammessi quando sussista un’aperta volontà di collaborare e di farlo in tempi brevi; diversamente, l’approccio non formalizzato si espone a strumentali deduzioni quali quelle della Commissione, rimanendo chiaro che, se il problema si fosse ridotto alla mancanza della proposta dell’esecutivo italiano, di certo non si sarebbe dovuto attendere nove mesi prima che Bruxelles lo eccepisse. Si può concludere che la posizione della Commissione è un esempio del fatto che la peggior degenerazione burocratica non è problema solo di qualche circoscritta area amministrativa italiana, offrendo Bruxelles un caso che potrà fare scuola.
Ma la cosa ovviamente riguarda anche il governo italiano. A questo punto non dovrebbero essere più ammesse interlocuzioni nell’informalità. Il Tesoro formalizzi la propria decisione, sulla quale la Commissione ha il dovere di far conoscere la propria posizione in termini altrettanto formali e in tempi rapidi. Il parlottìo, il dire e non dire, l’inutile o furbesco ponzare per mesi dovrebbero essere esclusi da questi confronti, a maggior ragione su una materia così complessa e delicata. La formalizzazione a questo punto risponde anche a un’esigenza di piena trasparenza. La visibilità dei comportamenti mette anche in condizione di capire per quale ragione la Commissione abbia dato via libera all’assistenza di garanzie pubbliche per 3 miliardi al risanamento della tedesca Hsh Nordbank senza muovere alcuna eccezione, risultando ridicola e balzana la presunta motivazione che si tratterebbe della prosecuzione di un’operazione di salvataggio iniziata in vigenza di un’altra normativa comunitaria. Se però il Tribunale dell’Ue ha emesso una decisione, secondo cui gli aiuti di Stato a certe condizioni possono essere compatibili con il libero mercato, allora non si giustifica il comportamento della Commissione ispirato evidentemente a due pesi e due misure. A questo punto la risposta indignata del Tesoro alle affermazioni della Commissione non basta sicuramente. Si deve passare agli atti formali.
Questa esigenza è accresciuta dalla circostanza che, per l’altro argomento – quello dei salvataggi – a proposito del quale Bruxelles eccepisce che ricorrerebbe la violazione del divieto di aiuti di Stato, il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi ha deliberato l’intervento, da ultimo, per la Popolare Etruria, facendo seguito alle delibere che hanno riguardato Banca Marche e Carife. A questo punto la decisione c’è. La Commissione come reagisce? Anche in questo caso si devono troncare brontolii e mezze parole. A una decisione formale la Commissione ha il dovere di rispondere con atti formali trasparenti, i quali potranno essere valutati anche alla luce della par condicio in situazioni similari, che è un obbligo cogente per le autorità di Bruxelles. A prescindere comunque da ogni considerazione di carattere giuridico-istituzionale, ciò è imposto pure da elementari ragioni di serietà, essendo intollerabile l’ulteriore sviluppo di una telenovela che parte da presupposti strampalati. Naturalmente che la vicenda prenda questa piega di correttezza e trasparenza è impegno che anche il Tesoro deve affrontare, avendo dovuto comprendere in corpore vili la non proficuità di un confronto svoltosi su altre basi, illudendosi, di mese in mese, che si fosse agli sgoccioli.