Il Sole 24 Ore, 13 novembre 2015
Gioielli e orologi di lusso, acquisti in crescita del 3% in Italia (soprattutto grazie ai turisti stranieri). Peccato che molti dei più prestigiosi marchi italiani siano ormai nelle mani dei francesi di Kering (come Pomellato) o Lvmh (Bulgari). Tra gli indipendenti resiste Gianni Carità, terzo per vendite davanti a Cartier
Che la ripresa in Italia sia lenta, ma reale, lo confermano non solo le stime (al rialzo) sul nostro Pil dell’ultimo Economic Outlook dell’Ocse, ma anche quelle delle vendite di gioielli, soprattutto di quelli di lusso. Gli italiani (ma soprattutto i turisti stranieri) stanno tornando a comprare anelli e collane, oro e diamanti, tanto che nel 2015 gli acquisti di gioielli e orologi d’alta gamma saliranno del 3%, mentre si fermerà a -1% lo shopping della gioielleria in generale, contro il -2% registrato fra 2013 e 2014. I dati sono frutto di un’elaborazione di Euromonitor International per Moda24, che conferma un “outlook positivo” sull’Italia: «Il mercato dei gioielli di lusso in Italia ha mostrato una forte resilienza anche quando il Pil del Paese era in calo – afferma da Londra Karla Rendle, analista di Euromonitor per i settori fashion & beauty -. La crescita del 3% che stimiamo è dovuta in gran parte al fatto che l’Italia ha un importante patrimonio in termini di design del gioiello e di brand, che attrae la spesa degli stranieri, ma che tiene anche viva l’attenzione dei clienti nazionali».
Dunque è la forza dell’“heritage” a sostenere la ripresa della gioielleria made in Italy, anche se alcune criticità permangono e alcune evoluzioni si stanno delineando: per esempio, a fronte di una tenuta della gioielleria d’alta gamma, i consumatori italiani sono sempre più attratti dai “bijoux” firmati, che garantiscono la visibilità del brand ma a un prezzo più contenuto; inoltre, nonostante l’oro resti il materiale più popolare (nel 2014 era nel 28% dei gioielli venduti), una maggiore attenzione alla spesa da parte dei consumatori ha spinto i brand a usare di più l’argento, salito di ben il 27% fra 2013 e 2014. Si spiega così anche il crescente successo di brand made in Italy del segmento “premium” come Morellato e Stroili e, fra gli esteri, di Swatch e Pandora, che stanno anche cambiando il panorama retail della gioielleria italiana: «Se le vendite avvengono ancora per l’80% in negozi specializzati, le catene monobrand si stanno lentamente consolidando – spiega l’analista -. I marchi italiani stanno costruendo una presenza internazionale, ma sono ancora molto legati alle vendite nazionali e stanno anche affrontando la competizione di brand globali come Michael Kors e Pandora, che hanno catturato la generazione dei Millennials investendo moltissimo in marketing e nei social media. Inoltre, nel panorama retail si stanno affacciando anche i luxury department store, che puntano soprattutto ai turisti».
Intanto, anche il canale online sta crescendo, grazie a un aumento degli investimenti nel digitale da parte di retailer e marchi. Si stima che nel 2015 il 3,4% delle vendite totali verranno dal web, a fronte del 2,9% del 2010: «Uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo dell’e-commerce di gioielli è l’impossibilità di ricreare l’esperienza di shopping nel negozio “fisico”, dove si possono provare le creazioni ed essere seguiti passo passo dallo staff – prosegue Rendle -. In ogni caso, entro il 2020 la quota dovrebbe arrivare al 6%».
A investire di più sono i brand che fanno parte di grandi gruppi, come Lvmh e Kering, che stanno già raccogliendo i frutti della loro strategia: nel panorama dei marchi italiani, quello che nel 2014 ha registrato la più alta quota di vendite è stato Pomellato (dal 2013 proprietà del gruppo Kering), con una percentuale del 5,2%, seguito da Bulgari (del gruppo Lvmh) con il 4,1%, e dall’indipendente Gianni Carità (3,1%), mentre Cartier (di Richemont) si colloca al quarto posto con il 2,7%.
Il successo di un brand, però, è anche determinato dalla sua capacità di trasferire lo spirito del tempo nelle sue creazioni, per esempio puntando sul fattore “nostalgia”, come ha fatto Bulgari con la collezione “Diva” del 2013, ispirata alle star degli anni 50 e 60: «In tempi di difficoltà economica il richiamo al passato è sempre un tema vincente, e lo sarà ancora a lungo. D’altra parte, i turisti amano comprare il made in Italy anche in virtù della tradizione del suo design – conclude l’analista -. E grazie al design, inteso anche come patrimonio culturale, la gioielleria italiana riuscirà a vincere anche la competizione con i player internazionali».