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 2015  novembre 13 Venerdì calendario

Se Tolentino fosse la capitale d’Italia

Sull’ultimo numero di Origami, il settimanale de La Stampa, la provocazione del nostro editorialista Alberto Mingardi: spostare la capitale in un centro come Tolentino, secondo lui, costringerebbe onorevoli e ministri a lavorare. Lontani da qualunque distrazione e da qualunque tentazione [Leggi qui l’articolo di Mingardi].
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Italiani, la Provvidenza vi chiama infine ad essere una nazione indipendente! Dall’Alpi allo stretto di Scilla odasi un grido solo: Indipendenza d’Italia!”. La piccola Waterloo d’Italia è adagiata fra colline dolci e ampie, a metà fra l’Adriatico e i Monti Sibillini. Se Gioacchino Murat avesse avuto miglior fortuna, forse l’avrebbe avuta anche Tolentino. La quale, per dirla tutta, ha più storia e ricchezze di una qualunque Bonn, una Brasilia o Astana.
C’è un castello grande abbastanza per ospitare il presidente della Repubblica, un’abbazia immersa nel verde perfetta per costringere i deputati a concentrarsi, un palazzetto che sembra la copia in piccolo della Corte Costituzionale. «Magari venissero qui a lavorare!» sospira il sindaco Giuseppe Pezzanesi. Altro che libagioni nelle trattorie di Piazza delle Coppelle, le feste in ambasciata o negli angoli nascosti di Trastevere. Il massimo dell’esotico qui lo puoi trovare da Mamma Rosa, ristorante collinare visibile dalla Statale per via dell’enorme insegna tipo Hollywood. D’inverno i bar chiudono prima di cena, quando la nebbia della campagna si spinge fin dentro i vicoli medievali. Per divertirsi tocca scendere fino al mare, a Civitanova o Macerata. Per chi resta ci sono una multisala, le iniziative culturali del Comune, le terme per chi ha problemi a naso e gola.
Ma se i simboli in politica hanno un valore, Tolentino meriterebbe i galloni di capitale. È stata una delle prime città italiane ad avere l’illuminazione pubblica nel 1892, prima di Roma, poco dopo Milano e Torino. Ci sono una dozzina di musei deliziosi che non visita mai nessuno, due conventi, uno dei quali ha riedito tutto Sant’Agostino, è lambita da due ricchi fiumi. La basilica dedicata a San Nicola è un trionfo di affreschi giotteschi visitati da re e imperatori.
Tolentino è la patria dei Gentiloni, quelli del Patto con Giolitti (Vincenzo Ottorino) e dell’attuale ministro degli Esteri (Paolo), ma è soprattutto la linea gotica dell’Italia industriale. Qui ci sono Poltrona Frau, Nazareno Gabrielli, i costumi Arena e la Conceria del Chienti. Aziende una volta italiane, ora controllate o partecipate da cinesi, americani, libanesi. Su ventunomila abitanti oltre il dieci per cento sono senegalesi, rumeni, albanesi, kossovari.
Qui il giovane Benito Mussolini tentò, senza fortuna, di essere assunto come insegnante elementare. Napoleone la ebbe in sorte come inizio e fine della sua straordinaria parabola. Qui firma il Trattato che fa scricchiolare il potere temporale della Chiesa, ma qui subisce la sconfitta che anticipa di un mese la sua disfatta. È il due maggio 1815: l’allora Re di Napoli, nonché cognato di Napoleone Gioacchino Murat, in ritirata dall’avanzata austriaca, tenta un’ultima offensiva sui campi di fronte al castello della Rancia. La disfatta è tale che al ritorno a Napoli finisce processato e fucilato. Ogni anno, mentre la primavera riempie le colline di colori, su quel campo si svolge la rievocazione in abiti d’epoca.
Il sindaco avrebbe però anche progetti più remunerativi, di quelli che hanno cambiato il volto alla Romagna. «Vede qui? Io ci farei un bel campo da golf…». Pezzanesi è alto e corpulento, veste un gessato degno di un trader londinese e guida una grossa Bmw nera. Prende milleesessanta euro al mese, «perché il trenta per cento lo destino alle mense comunali», non chiede un euro di rimborsi spese, in compenso continua a fare il mestiere dell’assicuratore. Ogni anno mette on line la sua dichiarazione dei redditi, l’ultima vale di 144mila euro. È passato dal Pdl all’Ncd, ma ha continuato a tenere in piedi la giunta con gli ex colleghi di centrodestra, la prima da vent’anni. La sua ossessione è dare un respiro turistico ad una zona bellissima ma lontana dalle grandi rotte. L’aeroporto di Ancona è un disastro, le crociere verso Venezia non fermano al porto, i pochi turisti che arrivano via mare sono quelli greci. L’unica speranza è la statale che a breve arriverà fino a Foligno. «Guardi che a Roma si può arrivare in meno di tre ore», abbozza. In realtà tre ore ci vogliono tutte, e tanto basta per immaginarla Capitale di un’Italia più sobria e meno avvezza alle distrazioni del potere.