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 2015  novembre 13 Venerdì calendario

Silvia Maestrelli, ovvero produrre vino sull’Etna

Silvia Maestrelli, 49 anni, è arrivata sull’Etna con una ballata nella testa, la «Ballata delle donne» di Edoardo Sanguineti: «Perché la donna non è cielo, è terra /carne di terra che non vuole guerra». Nel bagaglio altre poesie, citate nel suo blog, «Divinando»: Giuseppe Conte, Anna Maria Ortese, Jan Skácel. Era il 2007. Ora Silvia, con Tenuta di Fessina (Castiglione di Sicilia, Catania), è una delle protagoniste del vino sul vulcano. Tanto da conquistare il premio come innovatrice della guida del Corriere della Sera, «Vignaioli e vini d’Italia 2016», ora in edicola. Non ha innovato tecniche o territori, ma se stessa, cambiando vita.
Si occupava di mercato immobiliare e finanza. Anche se il padre Moreno possedeva Villa Petriolo, nel Chianti. «Era la nostra casa di campagna – ricorda – alle vigne ci pensava il fattore. Ho scoperto il mondo del vino trasferendomi a Milano, vent’anni fa». Un produttore piemontese le fa conoscere il Nerello Mascalese, il vitigno dell’Etna. «Mi colpisce come un fulmine. Voglio produrlo. Senza riflettere sulle difficoltà, attratta dalla potenza spaventosa e dal legame divino di un vulcano attivo che trasmette energia». L’occasione arriva nel 2007. L’enologo Salvo Foti le indica un palmento settecentesco (una delle antiche case-cantine rese fuorilegge dalle leggi sull’igiene) in vendita e la aiuta a capire le viti ad alberello che si fanno largo tra due colate di lava. «In pochi giorni acquisto 7 ettari di vigneto – racconta – piccoli fazzoletti divisi, 15 atti notarili con 50 tra zii e cugini, gli eredi. Dopo 5 giorni facciamo la prima vendemmia, a Rovittello, de Il Musmeci rosso». È dedicato ad un vecchio proprietario, Ignazio Musmeci. «Mancava tutto, anche la cantina. I primi anni li trascorro a studiare il Nerello Mascalese, una personalità forte che ti conduce».
Assieme a lei c’era l’enologo piemontese Federico Curtaz. «Ora c’è Giandomenico Negro, che lavorò con l’azienda Benanti, quella del Pietramarina, il bianco fonte d’ispirazione per tutti noi». A 670 metri d’altezza, nella Tenuta di Fessina crescono anche Nerello Cappuccio e Carricante. La coltivazione viene definita «consapevole, fatta a mano come in Valtellina, usando solo quello di cui ha bisogno la vite». Con il Carricante parte «Contrade in bianco»: a Santa Maria di Licodìa e Milo nascono i cru A’ Puddara e Il Musmeci Bianco. Con le uve delle due zone (anche Minnella e Cataratto) si crea l’Erse, fresco e giovane.
Silvia abita a Milano, ha una figlia di 13 anni, ora segue anche Villa Petriolo, 150 ettari vocati per l’enoturismo. Scruta l’Etna come «una piccola Sicilia nella Sicilia, dove si riesce a fare gruppo con gli altri vignaioli». Si sta occupando del restauro di piccole costruzioni nella Tenuta, per un resort con 5 camere. Ha impianto nuovi vigneti, arriverà a produrre centomila bottiglie. «Cercando la poesia del vino e dell’Etna», dice. Una poesia che come scrive Ortese, «non può non esprimersi. Si fa perché le api fanno il miele, gli uccelli volano, i vulcani tuonano».