La Stampa, 13 novembre 2015
Krekar, che aveva immaginato lo Stato islamico 23 anni prima di Al Baghdadi
Fautore dello Stato Islamico in Kurdistan, teorizzatore dell’alleanza fra curdi e sunniti, leader dei salafiti scandinavi, sostenitore dei killer di «Charlie Hebdo» e convinto di poter sedurre il Califfo con un network di cellule europee: il mullah Krekar, nato come Najmuddin Faraj Ahmad, è il protagonista di un quarto di secolo di ideologia jihadista in più Continenti.
L’aspirazione
Krekar immagina lo Stato Islamico 23 anni prima dell’Isis di Abu Bakr al-Baghdadi. È il 1991, all’indomani della sconfitta di Saddam nella Prima Guerra del Golfo il Kurdistan iracheno conquista una propria autonomia e Krekar, classe 1956, vuole crearvi un Emirato salafita fondendo curdi e sunniti. È un progetto ostile al nazionalismo curdo di Barzani e Talabani: Krekar non vuole il Kurdistan indipendente bensì i curdi sunniti protagonisti della Jihad. Per lui l’Islam salafita conta più dell’etnia curda. La convivenza con i leader dei peshmerga è impossibile ed emigra in Norvegia, puntando a contagiare con la sua versione della Jihad la Diaspora curda in Europa. È un’operazione ambiziosa, da cui ottiene risorse finanziarie e umane grazie alle quali nel 2001 fa nascere nel Kurdistan iracheno «Ansar al-Islam», composto di circa 300 veterani dei mujaheddin afghani, che giura fedeltà ad Al Qaeda di Osama bin Laden. Nelle poche regioni curde che controlla instaura un mini-Stato Islamico antesignano di Isis: vige la sharia più rigida, la musica è proibita, le bambine non possono studiare, i sacrari sufi vengono distrutti, per i nemici c’è la decapitazione e gli apostati possono scegliere fra conversione o morte. Saddam non li attacca bensì li sfrutta, per indebolire il Kurdistan ribelle. Nulla da sorprendersi se quando George W. Bush dà inizio a «Iraq Freedom», nel marzo 2003, «Ansar al-Islam» è fra i primi obiettivi.
L’attacco americano
Il Pentagono di Donald Rumsfeld lo considera l’«anello di congiunzione fra Saddam e Al Qaeda». Forze speciali Usa e peshmerga rovesciano un diluvio di fuoco su basi e militanti di «Ansar al-Islam» – scoprendo che possedeva anche un impianto di armi chimiche – ma è una disfatta militare da cui Krekar esce indenne, forte del rifugio norvegese dove nel frattempo si è sposato e ha avuto tre figli, tutti scandinavi. Ad Oslo diventa il volto della «Jihad norvegese» – come lo descrivono le tv locali – dispensa lodi alle stragi di Abu Musab al-Zarqawi in Iraq e ai killer di «Charlie Hebdo» a Parigi, arrivando a minacciare leader politici locali ed intellettuali curdi come Mariwan Halabjaee reo di aver scritto «Sesso, Sharia e Donne nell’Islam». Più volte arrestato, processato, detenuto e scarcerato, il mullah Krekar spinge i musulmani norvegesi a «diventare un partito unico» puntando al potere ad Oslo e al contempo vede nel Califfato di al-Baghdadi l’approdo naturale: è per riuscire ad accattivarsi il «Principe dei Credenti» che crea una rete di cellule curde jihadiste fino all’Italia. Ora è in manette e forse dentro di sé pensa soprattutto di essersi guadagnato la fiducia di al-Baghdadi.