La Stampa, 13 novembre 2015
Sgominata cellula jihadista che aveva base a Merano
Un blitz all’alba, in sei Paesi europei, per sgominare una rete di aspiranti martiri e di fondamentalisti. Diciassette ordini di arresto (13 effettuati), a carico di migranti curdi e di un kosovaro: 7 in Italia, 4 in Gran Bretagna, altri in Norvegia, Finlandia, Germania, Svizzera. E però il motore dell’inchiesta, ribattezzata «Jweb», è a Roma, tra la Procura retta da Giuseppe Pignatone e i Ros dei carabinieri. «Sempre più – spiega infatti il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti – dobbiamo abituarci all’idea che il “territorio” in cui si muovono gli islamisti è il web».
La mente in Norvegia
Stavolta tocca a una vecchia conoscenza del terrorismo islamico, il gruppo Ansar-al Islam. Nel 2003 questo gruppo estremista si era radicato in Kurdistan, con campi di addestramento, villaggi, militanti. Era il braccio iracheno di Al Qaeda, ma i suoi militanti erano presenti anche in Europa. E in Italia. L’imam egiziano Abu Omar, per dire, che fu sequestrato dalla Cia e trasferito illegalmente in una prigione del Cairo, era la colonna di Ansar-al Islam. E già all’epoca, la magistratura e la Digos lo seguivano. Nel frattempo il gruppo Ansar-al Islam è stato disperso. Il capo, il mullah Krekar, si è rifugiato in Norvegia, dove si è rivelato un ospite scomodo: gode di asilo politico, ma ora è in carcere per le minacce rivolte al primo ministro. Il suo sogno rimaneva il Kurdistan, però, dove progettava di tornare per instaurare uno Stato islamico. Conscio che Ansar-al Islam si era dimostrata debole come organizzazione, aveva fondato Rawti Shax, affiliata al Califfato, un’organizzazione con due livelli: uno palese, una sorta di università coranica on-line, e uno occulto, organizzato in Comitati segreti nei diversi Paesi europei per reclutare aspiranti martiri e convogliarli verso la Guerra Santa.
I suoi progetti comunque sono stati monitorati dai carabinieri, presenti persino in Norvegia, accolti dalla polizia locale per sistemare microspie nel carcere dove Krekar era «detenuto» e da dove continuava a muovere le sue pedine. Le comunicazioni di Rawti Shax passavano per chat su Skype, Facebook, Paltalk. Qui, nelle chat, non al telefono, tra loro parlavano chiaro. «Se avessimo 19.000 combattenti – dice ad esempio il mullah al suo adepto Abdul Raham Nauroz – avremmo fatto di loro 9.000 attentatori suicidi… Quando l’Iran ha bombardato Jarawa, se avessimo mandato come risposta un attentatore suicida per farsi esplodere al Ministero del Petrolio in Hafiz Street li avrebbe costretti a fermare il bombardamento, ed il prezzo del petrolio sarebbe salito a 150 dollari». E quello gli risponde: «Io non vado bene per niente eccetto che per il martirio, perché non ho né una moglie né figli. Non ho un lavoro. Cosa dovrei fare qui? È meglio andare là o farmi saltare in aria?».
Le intercettazioni
Parlavano a ruota libera anche quando progettavano attentati per rappresaglia contro l’arresto del mullah. In una conversazione Nauroz dice: «Se succede qualcosa a Mamosta (maestro, ndr) Krekar ci sono alcuni uomini che possono far diventare la Norvegia come il Libano e ci saranno delle esplosioni». Ipotizzavano anche di sequestrare diplomatici norvegesi in qualche sede del Medio Oriente. O di colpire in Olanda, in Turchia, in Gran Bretagna.
Non è stato facile per i carabinieri tenerli sotto controllo, considerando che parlavano un dialetto arabo e sgusciavano in una girandola di account e nomignoli. Non era sfuggito, però, che avessero impiantato una cellula a Merano, dove un appartamento ha funzionato da crocevia. Sono stati almeno 4 i combattenti transitati per Merano, provenienti da Svizzera e Finlandia, e finiti in Siria. Ieri, dopo anni di indagini, è stata tirata la rete. «Una data non scelta a caso. È il nostro omaggio ai caduti di Nassiriya», dice il comandante del Ros, generale Giuseppe Governale.
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È stata scoperta dagli uomini del reparto antiterrorismo dei carabinieri del Ros, guidati da Massimiliano Macilenti, al termine di una lunga indagine iniziata nel 2010 con il monitoraggio del sito www.jarchive.com di connotazione jihadista. Tra gli utenti figurava quel Nauroz Abdul Rahman, accusato ora di essere il capo dell’articolazione italiana di Rawti Shax e di tenere “lezioni“di Guerra Santa, che fino a ieri viveva in un grazioso appartamentino nel quartiere residenziale di Merano «diventato – scrive il gip nell’ordinanza – luogo di riunioni segrete e crocevia di aspiranti jihadisti». E per il quale Nauroz nemmeno paga l’affitto, grazie allo status di protezione sussidiaria ottenuto inventandosi di essere minacciato in Iraq da Ansar Al Islam, cioè dalla sua stessa organizzazione. Un altro degli arrestati, Hasan Saman, con cinque figli a carico riceve un sussidio di 2.000 euro al mese e si stava per arruolare con le truppe di Al Bagdhadi (…) Oltre a gestire un campo di addestramento paramilitare e ad aver trovato armi clandestine, davano sostegno logistico ad aspiranti terroristi disposti a «saltare in aria» in Siria e in Iraq, proposito che avrebbero premiato assicurando 5.000 dollari alle famiglie dei martiri.
Per comunicare utilizzavano la chatroom Kurdista Kurd u Islam Didi Nwe e le chat cifrate Skype, Msn, Paltalk, Voipwise, su cui spesso nemmeno parlavano e cercavano di capirsi con gesti ed espressioni del vis. Sono state compiute perquisizioni nelle province di Bolzano, Parma e Brescia: molto materiale informatico è stato sequestrato ma non sono state trovate armi (la Repubblica giu. fosc. / fa. ton.)