Linus, 12 novembre 2015
La parola amore smontata pezzo per pezzo da Mark Twain. Ecco cosa ne esce fuori
Se prendiamo la parola amore e la smontiamo, cioè, sottraiamo gli strati nobili che compongono, appunto, l’amore, cosa otteniamo? Che forze basiche ci troviamo a maneggiare? E queste forze, denudate e crude, ci piacerebbero? C’è un racconto che cerca di spiegare come, in che modo, sia nato l’amore. Naturalmente per farlo deve essere (comicamente) ambientato nel giardino dell’Eden e deve riguardare i nostri progenitori biblici, Adamo ed Eva. Mark Twain, appunto, con il suo raffinato e colto umorismo, esamina il mito di fondazione dell’Occidente: il diario di Adamo ed Eva, insomma, dove Twain si diverte a immaginare la vita e i sentimenti delle prime due persone che hanno abitato la terra, cercando di capire cosa ha generato le forze e quindi le regole dell’attrazione: cosa ha spinto l’uno nelle braccia dell’altro? E sì, naturalmente un po’ prende in giro la Bibbia e, tra l’altro, il giardino dell’Eden si troverebbe secondo Twain vicino alle cascate del Niagara, e questo perché il diario di Adamo, il primo a uscire, è del 1904, faceva parte di un volume sulle cascate del Niagara (l’Ente Niagara faceva da sponsor, insomma), mentre quelli di Eva sono del 1905. Poi sono stati pubblicati in sieme per la prima volta negli Stati Uniti nel 1995. Dunque, chi è Adamo? Il primo uomo, sì, bello, nudo e vigoroso, ma è come se fosse un bambino, concentrato nelle sue attività adolescenziali, si tuffa dalle cascate, costruisce capanne – d’altronde, si sa: Twain andava forte con la descrizione dei ragazzi e delle loro avventure. Adamo all’inizio non sopporta Eva, questa strana creatura dalla buffa criniera che piange sempre e riesce a trovarlo ovunque lui scappi. Una volta Adamo stanco delle richieste di Eva scappa lontano, lei addestra un animale per seguire le tracce di lui e chiama l’animale lupo. Sì, Adamo assomiglia proprio ai nostri ragazzetti (e a noi stessi quando eravamo ragazzetti), le donne sono una scocciatura, non hanno, del resto, le nostre abitudini (Eva per esempio è fissata: dà un nome a tutte le cose che incontra, e poi non c’è verso, quelle cose si devono chiamare per sempre così), non praticano i nostri giochi (Eva, poi fa strani esperimenti, gioca con la luna riflessa in uno stagno, si pone domande esistenziali, sente la paura e la presenza della morte, sembra sempre alla ricerca di qualcosa). Tuttavia, lo sappiamo, perdono il giardino dell’Eden, ora ad Adamo non resta niente altro che Eva. Comincia a guardarla con occhi diversi, ma non dice che se ne innamora, no, decide che gli conviene innamorarsi, così almeno possiede qualcosa ora che il paradiso è perduto, e possiede qualcuna che lo aiuti a lavorare, che, anzi, gli faccia da operaia – ed Eva lo lascia fare, e poi gli fa trovare due strani cuccioli, che emettono versi e piangono e hanno sempre fame, Adamo li guarda e li studia, ma non capisce cosa sono, e poi Eva è cambiata da quando sono apparsi quei due animaletti, e alla fine li chiamano Caino e Abele. Sembra tutto qui l’amore, Adamo aveva il giardino, lo perde e prende Eva, Eva fa finta di essere innamorata di Adamo e gli presenta due bambini: l’amore degli adulti è una faccenda legata alla riproduzione, son queste le forze basiche, pura necessità biologica, l’amore è uno stratagemma elaborato dall’evoluzione. Però che dolce inganno, che forza questo sentimento, che aurea nobile riesce a creare attorno a sé. Anche se è tutto qui, anche se è solo questione di proprietà (ho perso il giardino e prendo te), anche se sembra semplice (e forse è) la forza dell’amore è superba, una potente calamita che inventa tra l’altro bellissime e commoventi dichiarazioni per autoreplicarsi all’infinito. Basta leggere la fine del diario di Eva là dove lei si chiede perché ama Adamo: “Non è per la sua intelligenza che lo amo – no, proprio no. Non è colpa sua se ha l’intelligenza che si ritrova, è stato Dio a fargliela, non lui; Adamo è come Dio l’ha fatto, e questo è quanto basta (...). Non è per la sua applicazione costante al lavoro che lo amo – no, proprio no. Credo che lui sia fatto così e non capisco perché me lo voglia nascondere. È questo il mio unico rammarico. Per il resto ora è schietto e aperto. Sono sicura che, oltre a quello, non mi tiene nessun altro segreto. Mi fa male che abbia un segreto tutto suo, a volte per questo non riesco a dormire, solo a pensarci, ma riuscirò a non pensarci più (...) Non è per la cultura che ha che lo amo – no, proprio no. È un autodidatta e, a essere sinceri, sa un’infinità di cose, che però non sono vere. Non è per la sua galanteria che lo amo – no, proprio no. Mi ha fatto la spia, ma io non gliene voglio; penso che sia una caratteristica del suo sesso, credo, e non è stato lui a creare il suo sesso. (...) E allora qual è mai il motivo per cui lo amo? SEMPLICEMENTE PERCHÉ È MASCHIO ed è Mio, credo. Per questo lo amo, ma lo amerei anche se non lo fosse. Se mi picchiasse, se mi maltrattasse, io continuerei ad amarlo. Lo so. È questione di sesso, credo. È forte, è bello e per questo lo amo, e lo ammiro, e ne sono fiera, ma riuscirei ad amarlo anche se queste qualità gli mancassero. Se fosse un uomo senza qualità lo amerei lo stesso; se fosse a pezzi, lo amerei lo stesso; mi ammazzerei di lavoro per lui, mi farei in quattro per aiutarlo e pregherei e starei al suo capezzale, a vegliarlo, fino alla morte. Sì, penso di amarlo per la semplice ragione che mi appartiene e che è maschio. Non ne esiste altra, mi sembra. Per questo quindi penso che sia vero quello che ho detto fin dall’inizio: che non sono stati né i ragionamenti, né le statistiche a dare vita a questa forma di amore. (...) Ma non sono altro che una giovane donna e sono stata la prima a occuparmi del problema ed è possibile che, dato che non ne so molto e non ne ho una grande esperienza, non abbia capito come stanno le cose per davvero”. Incredibile l’amore, si parte basso, in fondo Adamo comincia ad amare Eva perché perde la proprietà, Eva perché è maschio ed è suo e vuole dei bambini, e alla fine della vita si ritroveranno perdutamente innamorati: “È mia preghiera e desiderio che le nostre vite finiscano insieme – desiderio che non sparirà mai dalla faccia della terra e che fino alla fine dei tempi vivrà nel cuore di ogni sposa innamorata; quel desiderio avrà il mio nome. Ma se la vita di uno di noi dovrà per prima arrivare alla sua fine, è mia preghiera che quella vita sia la mia; perché lui è forte, mentre io sono debole, perché io non gli sono indispensabile tanto quanto lui lo è a me – la vita senza di lui non sarebbe vita; come farei a sopportarla? Anche questa mia preghiera è immortale e fino a quando la mia razza si perpetuerà non smetterà di essere pronunciata. Io sono la prima sposa che sia mai esistita e mi reincarnerò in tutte le spose che verranno, fino all’ultima”. E Adamo? Adamo scrive sulla tomba di Eva. “Ovunque lei sia stata QUELLO era l’Eden”. Eccoci qui, Twain scompone la parola amore e trova le forze basiche che lo compongono: io sono tua, tu sei mia, tutto qui, e tra incomprensioni e tentativi di studiare chi mai sia l’altro, alla fine si ritrovano perdutamente innamorati e si rendono conto che senza quel sentimento di unicità il mondo non esiste, è niente. Sono unici l’uno per l’altro. Incommensurabili. Eva non è come le altre donne per Adamo e viceversa. È questa la genesi dell’amore secondo Twain, quale tuttavia ci tiene a sottolineare: Adamo ed Eva sono anche le prime persone che hanno esaminato la questione, quindi probabile che i loro giudizi siano ingenui, o forse, al contrario, ribaltiamo la questione: non è che, proprio perché sono vicini al momento zero, la loro percezione dell’amore è nettamente più precisa della nostra?