Grazia, 12 novembre 2015
Marco Giallini ha tre moto e vive ancora in borgata. Intervista
Roma, una mattina di novembre. Ho appuntamento con l’attore Marco Giallini e mentre lo aspetto squilla il telefono. «Sono Marco, mi si è fermata la moto in mezzo a via Nomentana». Lo raggiungo in taxi e lo trovo accerchiato dai fan: chi scatta selfie, chi chiede l’autografo e in tanti si offrono di andare a prendere la benzina (ma la luccicante Buell dell’attore è in panne per colpa della batteria) o di dargli un passaggio.
«Ma tu guarda: fino a pochi anni fa non mi avrebbe filato nessuno», commenta con un sorriso Giallini, 52 anni. «E mo’ mi godo il successo tardivo». Schietto, di poche parole, orgogliosamente romano anche oggi che lo conoscono tutti.
Marco, nato e cresciuto in una borgata della capitale, “Il Giallo” per gli amici, famiglia operaia, ha fatto una lunga gavetta in ruoli di secondo piano. È stato lanciato nel 2008 dalla serie tv Romanzo criminale in cui interpretava un personaggio di culto, il gangster chiamato “Il Terribile”, ma è esploso negli ultimi anni grazie alle commedie di Carlo Verdone Io, loro e Lara e Posti in piedi in paradiso. E di colpo ha cominciato a fare il protagonista: in Tutta colpa di Freud era uno psicoanalista, in Se Dio vuole faceva il neurochirurgo, con Storie sospese è andato alla Mostra di Venezia.
Ma proprio mentre conquistava il successo, una tragedia ha sconvolto la sua vita: nel 2011 sua moglie Loredana moriva all’improvviso per un’emorragia cerebrale lasciandolo con i due figli Rocco, oggi 17 anni, e Diego, 10. Marco ha ora ritrovato la serenità accanto a Stella Scarafoni, una 30enne dolcissima che insegna l’italiano ai bambini immigrati e assiste l’attore nella carriera. E continua a lavorare senza sosta: ha appena finito le riprese del film di Paolo Genovese Perfetti sconosciuti, ma io sono venuta a intervistarlo per Loro chi?, una commedia d’azione diretta da Francesco Miccichè e Fabio Bonifacci, nelle sale dal 19 novembre.
Che cosa fa in questo film?
«Sono un truffatore e cambio identità una decina di volte. Travestimenti, colpi di scena, sorprese. Loro chi? è un film molto divertente, sempre al confine tra realtà e fantasia».
Ma non starà lavorando troppo?
«Non so dire di no alle cose che mi piacciono, e me ne propongono tante. Ora, però, ho deciso di fermarmi a riprendere fiato».
Sia sincero, ha fatto l’abitudine al successo?
«Un po’sì. Prima ero popolare al bar sotto casa, ora la cerchia dei fan si è allargata. È una bella soddisfazione, ma quando il capannello intorno a me si allarga troppo, vorrei sparire».
Ha talento, una faccia che buca lo schermo e conosce il mestiere: come mai non ha sfondato a 30 anni?
«Non me ne fregava nulla. Non mi sono mai dato da fare perché non sentivo l’urgenza del successo. Il lavoro che avevo mi bastava e mi avanzava. Poi la vita ha preso un’altra direzione».
È vero che è rimasto a vivere in borgata?
«Sì, perché ci abitano il fratello di mia moglie e la sua compagna: sono loro che mi aiutano a crescere i ragazzi. Li seguono quando mi assento per lavoro, sono meravigliosi. Togliendomi Loredana troppo presto, la vita mi ha dato una batosta, ma ho la fortuna di poter contare sui miei cognati. A comprarmi l’attico in centro non ci penso proprio».
Che cosa fanno i suoi due figli, Rocco e Diego?
«Studiano, sono bravissimi. Il grande frequenta il liceo classico e gira cortometraggi, il piccolo fa la quinta elementare e ogni tanto recita».
Ho capito, è un papà orgoglioso. Ma è anche severo?
«Non ho mai toccato i ragazzi con un dito, però sto molto in guardia. Sono cresciuto sulla strada, ho avuto una vita dura e movimentata: so distinguere i pericoli. Una sigaretta sospetta la riconosco a un chilometro di distanza. Non puoi farmela sotto il naso, con me non si scherza».
È stato un ragazzo scapestrato?
«Ma no, ho cominciato a lavorare da piccolo, rinunciando a studiare. Ho fatto lo scaricatore, 1’imbianchino, il camionista. Intanto leggevo tanti libri, la cultura me la sono fatta da solo».
E il cinema com’è entrato nella sua vita?
«Grazie a mio padre. Faceva l’operaio e aveva il diploma di terza elementare, ma adorava il cinema. Non le commediole commerciali, sa? Mi portava a vedere i film impegnati di Jean-Luc Godard, Marco Bellocchio, Pietro Germi. Purtroppo non c’è più. Se solo mi avesse visto, tre anni fa, entrare nella cinquina dei premi David di Donatello con l’attore Michel Piccoli, sarebbe impazzito dalla gioia».
Qual è la lezione più importante che ha imparato da suo padre?
«Ad attribuire il giusto peso alle cose e a essere contento della mia vita, anche se non avevamo niente. Per darle un’idea: quando le scarpe mi diventavano piccole, tagliava la punta».
I soldi hanno cambiato molto la sua vita?
«Se parti da zero come me, sai quanto sono importanti. La casa è stata il mio primo acquisto. Oggi possiedo tre moto e, senza sperperare, mi concedo qualche lusso in più».
Viaggi, ristoranti, vestiti firmati?
«No, non mi interessano. Ogni tanto vado con Stella, la mia compagna, in una spa. Fino a qualche anno fa non sapevo nemmeno che esistessero i massaggi. E spendo tanto nella gastronomia. Cucinare è una mia grande passione, insieme con i quadri e la pittura».
Che cosa l’ha conquistata della sua compagna?
«La dolcezza e la pazienza: non è facile stare con me, glielo garantisco, infatti ogni tanto litighiamo. Ma Stella ha un bellissimo rapporto con i miei figli, la amo anche per questo».
Un sogno ce l’ha, Giallini?
«Vorrei tanto girare un film in Francia, non a Hollywood. Darei non so che cosa per fare coppia con l’attore Vincent Lindon che ha vinto il premio a Cannes per il film La legge del mercato». Chi l’avrebbe detto: l’attore ha un palato sofisticato, infatti mi parla a lungo dei suoi film preferiti, come Il gusto degli altri di Agnès Jaoui, e mi mostra i messaggini ricevuti dal suo idolo, il cantautore francese Étienne Daho che in Italia non tutti conoscono. Il Giallo è un uomo pieno di sorprese.