Il Messaggero, 12 novembre 2015
Politici, industriali, parenti illustri, ma anche agenti segreti, teologi e giornalisti: la storia dimenticata dei 139 “prigionieri d’onore” di Hitler, che alla fine della guerra il regime nazista provò a sfruttare per trattare la pace con gli Alleati
Sono le nove del 28 aprile 1945. È una livida mattinata di primavera, il giorno prima al Nord ha nevicato. Mentre Benito Mussolini e la sua amante Claretta Petacci sono nelle mani dei partigiani, nel Comasco, e stanno per andare incontro al loro tragico destino, a poche centinaia di chilometri, in Sudtirolo, un convoglio speciale di cinque autobus giunge nel villaggio di Villabassa, a circa trenta chilometri da Cortina d’Ampezzo.
Sotto una pioggerellina gelida, emerge dalla fitta nebbia un gruppo di 139 persone, scortato dalle SS naziste. Uomini, donne, persino una bambina bionda, provenienti da diciassette diversi Paesi. Sembrano fantasmi, ma tra di loro vi sono alcuni dei più noti protagonisti della storia d’Europa. Si tratta dei cosiddetti “prigionieri d’onore”, personalità eccellenti che in quegli anni di guerra sono stati detenuti in maniera segretissima in vari lager del Reich, da Dachau a Flossenbürg. Heinrich Himmler, il potente ministro dell’Interno della Germania nazista, in vista della sconfitta vorrebbe utilizzarli nelle trattative di pace con gli Alleati.
A raccontare la storia di questo convoglio e le vicende intrecciate dei prigionieri speciali del Fuhrer, con un incalzante stile narrativo accompagnato dal consueto rigore storico, è il bel libro Gli invisibili di Mirella Serri (Longanesi, 232 pagine, 16,40 euro).
I personaggi ritratti sono di primo piano. L’ex cancelliere austriaco Kurt von Schuschnigg, incarcerato dopo l’annessione dell’Austria, raggiunto volontariamente nel lager dalla moglie Vera; l’ex vice cancelliere austriaco e sindaco di Vienna, Richard Schmitz; il generale Alexandros Papagos, ministro greco della guerra che aveva fermato e respinto l’invasione italiana; l’ex presidente della banca centrale tedesca, Hjalmar Schacht; l’ex primo ministro francese del Fronte Popolare, l’ebreo Léon Blum; il famoso industriale Fritz Thyssen.
PARENTI
Ci sono anche parenti illustri: Vassilij Kokorin nipote del ministro degli Esteri sovietico Molotov; il consigliere diplomatico Mario Badoglio, figlio di Pietro; il generale Sante Garibaldi, nipote dell’eroe dei due mondi. E ancora: l’ex capo della polizia di Salò Tullio Tamburini, diversi figli e parenti dei congiurati dell’attentato contro Hitler del 20 luglio 1944, e il principe Filippo d’Assia, marito della principessa Mafalda di Savoia e genero del re d’Italia. Oltre ad agenti segreti britannici, contesse, giornalisti, teologi, cabarettiste e professori.
Molti di questi prigionieri speciali sono stati rinchiusi nei lager sotto falsa identità e in isolamento. Il loro vero nome era conosciuto solo dai comandanti dei campi. È il caso ad esempio di Léon Blum, che solo nel 1944 vide per la prima volta altri deportati.
I prigionieri invisibili sono destinati alla Fortezza Alpina, il ridotto prescelto dai gerarchi nazisti per l’ultima resistenza contro i dilaganti eserciti nemici. Ma il criminale piano fallisce miseramente. I 139 vengono liberati e la loro storia un po’ scomoda viene dimenticata. Fino a questo libro.