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 2015  novembre 12 Giovedì calendario

Così i lobbisti rifanno la legge di Stabilità

Quest’anno li hanno relegati in una stanza apposita. Ma non è servito a molto, perché lì lasciano borse e giacconi e poi vanno in giro come prima, stazionando davanti alla porta della commissione Bilancio. Parliamo dei lobbisti. Ovvero i rappresentanti di enti e associazioni chiamati a fare pressione su parlamentari e partiti affinché, nella legge di Stabilità, passino norme che interessano alle diverse categorie professionali.
Davanti alla commissione negli anni passati era una sorta di suq arabo, specie durante le sedute notturne, quando succedeva di tutto di più, con emendamenti che saltavano fuori come funghi alle due del mattino, per poi magari sparire alle prime luci dell’alba. E i lobbisti fuori a controllare, monitorare, suggerire, sussurrare. “Senatore, dove siete arrivati con la votazione?”. “Onorevole, quell’emendamento allora è passato?”.
Per il troppo caos lo scorso anno Laura Boldrini ha deciso di vietare l’accesso ai lobbisti al piano dove lavora la commissione Bilancio. “Ma le vie del signore sono infinite. E anche i corridoi di Montecitorio…”, sorride un rappresentante di Terna.
Così ora, anche a Palazzo Madama, Pietro Grasso ha posto delle restrizioni: ma la stanza a loro adibita è a soli trenta passi dalla commissione Bilancio. In realtà, complice il cortile, i capannelli si sprecano. Con una variegata fauna composta da giornalisti, portaborse, rappresentanti degli uffici legislativi dei ministeri, commessi e, appunto, lobbisti. Che qui svolgono solo la parte finale del loro lavoro: verificano il raggiungimento del risultato. La vera attività di lobbying inizia molto prima. “Innanzitutto c’è un lavoro di monitoraggio su tutto quello che esce dal palazzo: dichiarazioni, tweet, proposte e disegni di legge, emendamenti. Così, quando un cliente ci contatta, noi sappiamo già a chi chiedere”, racconta Andrea Rosiello, rappresentante di una società di “monitoraggio legislativo e relazioni istituzionali”, che qui sta rappresentando notai e Confprofessioni. “Una volta individuati gli interlocutori”, continua, “si chiede un incontro, durante il quale si sottopone la questione. E lì si vede se il parlamentare è sensibile al tema oppure è meglio cambiare cavallo”. La regola è quella di avere contatti con tutte le forze politiche. A volte sono meglio i peones e i piccoli gruppi, altre no. Andrea è qui, tra le altre cose, per un emendamento che equipara i liberi professionisti alle Pmi, così da poter accedere ai bandi europei e regionali.
Fabrizia Sabbatini, invece, rappresenta i tributaristi e sta spingendo affinché l’aliquota della gestione separata dell’Inps scenda dal 27 al 24 per cento entro il 2019.
La riuscita dell’attività di lobbying, però, non è affatto scontata, gli ostacoli sono mille. “Il segreto del successo è far combaciare un interesse particolare con quello più generale. Ma spesso un interesse si scontra con un altro. In quel caso si cerca un compromesso, che non sempre riesce”, racconta un altro lobbista, del settore sanità, che vuole restare anonimo.
Davanti alla porta della commissione Bilancio c’è un po’ di tutto. Confindustria, Terna, Enel, Eni, Lottomatica, rappresentanti di categorie, professioni. Tra le lobby più potenti ci sono gli ambientalisti. Capitale, grandi gruppi, ma anche società civile. L’Anci, per esempio, sta spingendo per l’inserimento di una norma che, se approvata, solleverà cori di proteste: l’abolizione della possibilità di pagare le multe scontate del 30 per cento se saldate entro un tot numero di giorni. Niente sconto, più soldi nelle casse dei Comuni. “Basta guardare la filiera degli emendamenti per capire chi sono i maggiori gruppi di pressione”, spiega Silvana Comaroli, senatrice della Lega. E qui siamo sull’altro fronte, quello dei politici. Spesso sono loro a rendersi disponibili a essere avvicinati. “Se un senatore fa tre comunicati stampa sui problemi dei negozianti, allora vuol dire che quel settore gli interessa e se ne vuole fare carico”, racconta un altro lobbista. Il ritorno, poi, è politico-elettorale: davanti a quella categoria potrà vantarsi di aver fatto il loro interesse sperando di incamerare voti.
Regali? Mazzette? Pacchi giganti a Natale? Qui entriamo nel penale. “Tutto è possibile, per carità. Ci sono quelli più disponibili e quelli meno. Ma oggi stanno tutti molto più attenti. Le marchette si riconoscono subito”. Le vere pressioni, d’altronde, avvengono altrove, nei ministeri, o direttamente a Palazzo Chigi. “Il termine lobbista ha sempre un’accezione negativa e la vicenda Chaouqui non ha aiutato, ma chi fa davvero questo mestiere deve essere serio, competente e preparato”, racconta uno dei decani, rappresentante di Confindustria. Lui ieri non c’era. I suoi colleghi più giovani, invece, si preparano a fare tardi: la terza sessione della giornata in commissione Bilancio inizia alle 20:30.