La Stampa, 12 novembre 2015
Il ragazzino che è andato a scuola con la pistola
Nicola, lo chiameremo così, ha soltanto 15 anni. Un cerchietto all’orecchio sinistro e lo sguardo un po’ svagato, simile a quello che incroci negli occhi di tanti adolescenti come lui. L’altra mattina si è presentato a scuola e, oltre alla cartella sulle spalle, nella cintola dei pantaloni aveva una pistola. Una calibro 38. Poi una manciata di proiettili, 15, e 5 coltelli. Lo ha fatto, dice lui, per darsi un tono, per difendere l’amica del cuore lasciata dal fidanzato, pensando di lavare così l’onta e la sofferenza di quella ragazzina della quale, forse, si era innamorato. Si è presentato davanti all’ex di lei e ha sollevato il giubbotto: «Occhio, che io non scherzo, ora lasciala in pace».
La polizia a scuola
Accade in una scuola di Ivrea, all’istituto professionale alberghiero Prat, che si trova sulla collina, a pochi passi dal castello, dal Vescovado e dove studiano i futuri chef. È qui che, l’altro ieri pomeriggio, si sono presentati i poliziotti, avvertiti qualche ora prima da quei ragazzi che Nicola aveva affrontato al mattino. È stato Gianluigi Brocca, il vicequestore che comanda il Commissariato di Ivrea a prendere sotto braccio quel ragazzino magro e schivo, ora denunciato al Tribunale dei minori per porto abusivo di armi. Gli ha parlato e si è fatto spiegare perché si fosse presentato in classe con quell’arma. Ed è venuta fuori la storia dell’amica del cuore tormentata dall’ex fidanzato. «Per fortuna nessuno si è fatto male e siamo intervenuti in tempo», spiega il vicequestore. Pistola, coltelli e proiettili sono stati sequestrati. In casa dello studente gli agenti hanno poi prelevato un’altra pistola e un fucile. Tutti regolarmente denunciati e custoditi in una teca dal papà, da alcuni giorni ricoverato in ospedale. Daniela Cappelletti, la direttrice dell’Istituto Alberghiero, ora è scossa: «Ciò che ha fatto il mio studente è una cosa gravissima». E poi spiega che se c’è un motivo che ha spinto quel ragazzino a portare in classe una pistola, allora bisogna cercare fuori dall’istituto: «Qui non ha mai creato problemi. E se ne aveva, doveva confidarsi con noi».
Il regolamento di conti
La casa di Nicola è una vecchia cascina persa in mezzo ai boschi di un Comune dell’Alto Canavese. Vive con il padre, due fratelli e la nonna. La mamma è andata via diversi anni fa, dopo una brutta separazione. Anche qui, storie di denunce reciproche, di ripicche. Nel cortile di casa Nicola, occhi bassi, gioca con i due cani meticci. La nonna cerca di spiegare. «Voleva soltanto difendersi, era stato minacciato, una volta lo hanno anche picchiato». Sempre a causa di quella ragazzina. «Lei, però, non c’entra niente, scrivetelo» si affretta a precisare lui. È andata così, l’altro ieri. Nicola sa dove il papà, ricoverato da alcuni giorni all’ospedale, nasconde le chiavi della teca in cui sono custodite le armi. Così prende la pistola, i proiettili, i coltelli. Saluta la nonna e sale sul solito autobus che lo lascia alla stazione ferroviaria di Ivrea. Alle 8 incontra il gruppetto di ragazzi, tra cui l’ex della sua amica. C’è l’ennesima discussione, ma questa volta è deciso a far capire che non è più disposto a subire. Solleva con una mano il giubbotto e indica il calcio della calibro 38 come fosse un trofeo. Qualche ora dopo, però, sono i poliziotti a cercare lui, a scuola: «Vieni con noi».