Corriere della Sera, 12 novembre 2015
Exor (John Elkann) porta in borsa il 4,87% del capitale e incassa 500 milioni
È vero, la liquidità in cassa è abbondante. Poco meno di tre miliardi, che garantiscono un buon effetto-leva. Servirà tutto. Perché è abbondante anche la spesa che attende Exor: sull’assegno che John Elkann staccherà a inizio 2016, quando verrà perfezionato l’acquisto del 100% di PartnerRe, la cifra di sette miliardi di dollari certificherà l’investimento più «pesante» dell’intera storia di casa Agnelli. Può permetterselo, la finanziaria. La trimestrale al 30 settembre, approvata martedì, conferma lo stato di robusta salute. Il problema è semmai un altro: lo sforzo è comunque più che importante e il rischio che le agenzie di rating abbassino di credito c’è. Elkann non vuole correrlo. Va letta quindi anche così la mossa annunciata ieri, ovvero il collocamento da parte di Exor di 12 milioni di azioni proprie (pari al 4,87% del capitale) attraverso un accelerated book building riservato a investitori e curato da Mediobanca, Citi e Morgan Stanley. È un’operazione, subito chiusa con il doppio della domanda, che porterà al Lingotto oltre 500 milioni. Per un terzo acquisiti in partenza: Elkann da un lato approfitta del collocamento per dimostrare la fiducia del socio di maggioranza, la cassaforte Giovanni Agnelli&C., impegnandolo a investire in Exor altri 50 milioni; dall’altro ribadisce il messaggio con il coinvolgimento di «altri due investitori privati». Sicuramente stranieri.