Corriere della Sera, 12 novembre 2015
Gutgeld spiega le dimissioni di Perotti e dice che in due anni sono stati tagliati venti miliardi di spesa pubblica
Prima di pagare gli interessi sul debito, la spesa pubblica in Italia vale 761 miliardi e fino alla scorsa settimana c’erano due persone incaricate di capire come ridurla. Da sabato ne è rimasta una sola: si è dimesso Roberto Perotti, è rimasto invece al suo posto il commissario alla spending review Yoram Gutgeld.
È sorpreso dalle dimissioni del suo collega Perotti?
«Mi aveva accennato che ci stava pensando e mi dispiace – risponde Gutgeld – anche perché abbiamo lavorato bene insieme e in questo periodo ci siamo trovati d’accordo su molti punti».
Perotti però ha detto che «non si sentiva molto utile». Sembra deluso dagli esiti della spending review.
«Non so se sia deluso, ma su questo non sono d’accordo. Abbiamo fatto e continuiamo a fare un lavoro del quale si vedono giù i risultati. Molte delle indicazioni dello stesso Perotti, per esempio sulla riduzione della spesa dei ministeri, sono state riprese e sono entrate nella legge di Stabilità».
Allora perché il suo collega ha lasciato?
«Questo lo deve chiedere a lui. Io preferisco guardare ai fatti: in due anni, il 2015 e il 2016, abbiamo operato venti miliardi di tagli di spesa. Questa è la realtà. La spesa corrente dello Stato, senza calcolare gli interessi sul debito, scende dal 43,2% del Pil nel 2013 al 41,4% l’anno prossimo. Si tratta di una riduzione sostanziale, dell’1,8% del prodotto interno lordo».
Poiché i tagli previsti per il prossimo anno valgono 5,8 miliardi, può ricordare da dove vengono gli altri 14,2?
«Dalla legge di Stabilità dell’anno scorso: 7,2 dai ministeri, 2 dalle Province, 1,2 dai Comuni, 1,5 dalle Regioni, oltre che un minor aumento del fondo sanitario di 2,3 miliardi».
Secondo i vostri critici i tagli sono più bassi: due miliardi netti sul 2016, perché poi arrivano nuove spese.
«Certo che ci sono nuove spese, per le quali abbiamo creato lo spazio in bilancio, soprattutto per investire sul sociale. Solo per le protesi e gli ausili di nuova generazione per i disabili spendiamo 200 milioni di euro. Con i nuovi farmaci per l’epatite C nell’ultimo anno sono state curate 25.700 persone. E abbiamo introdotto nuovi trattamenti antitumorali molto costosi. Nel complesso mettiamo tre miliardi sulla scuola, 1,3 sul fondo sanitario nazionale, circa 700 milioni nella lotta alla povertà. Tutte cose che riusciamo a fare grazie alla revisione della spesa».
Era parso di capire che avreste varato una misura contro le false pensioni di invalidità, che continuano a crescere. Poi però nulla. Perché?
«Sull’assistenza sociale non dobbiamo investire meno, ma meglio. Serve una riforma complessiva. Non avrebbe avuto molto senso varare provvedimenti puntuali».
Sulle società partecipate e i servizi pubblici locali, era pronta la bozza per un decreto del governo. Perché vi siete fermati?
«Non ci siamo affatto fermati, queste sono materie che saranno affrontate con l’attuazione della riforma della pubblica amministrazione. Ci abbiamo lavorato e continuiamo a farlo, ma mi permetta di essere chiaro: un intervento sulle società dei servizi pubblici locali porta risparmi per i comuni e miglior servizio per i cittadini, non certo grandi benefici in termini di riduzione della spesa pubblica».
Perotti aveva lavorato anche ai costi della politica locale e sulla remunerazione dei dirigenti. Niente anche qui?
«Sulla remunerazione degli alti funzionari dello Stato siamo già intervenuti l’anno scorso, imponendo dei tetti molto precisi. Non credo sia una buona idea tornare sugli stessi temi ogni pochi mesi».
Altro tema di Perotti su cui la legge di Stabilità tace: gli sgravi a settori come l’autotrasporto o il trasporto pubblico.
«Anche qui andiamo avanti, ma va fatto con metodo. Sul trasporto pubblico locale va avviata una riforma complessiva di tutto il settore. Il ministro Graziano Delrio ce l’ha pronta. Dovrebbe essere calendarizzata nei prossimi mesi. Quanto all’eliminazione di deduzioni e detrazioni fiscali, che avrebbe comportato aumenti d’imposta per alcuni, per il momento il governo ha deciso di non procedere. Volevamo trasmettere chiaro il messaggio che qui non si spostano semplicemente tasse da una parte all’altra, ma si riducono».
Altri risparmi sarebbero possibili con l’aggregazione dei piccoli Comuni o addirittura riducendo il numero delle Regioni. Ci pensate?
«La riduzione del numero delle Regioni italiane non è all’ordine del giorno. Quanto alle fusioni e unioni fra piccoli Comuni, ci stiamo confrontando con il presidente dell’Anci Piero Fassino su misure concrete per incentivare maggiormente e accelerare il processo».
Ma, insomma, cosa resta della spending review?
«La spending review va avanti con convinzione e determinazione. Nel 2016 passeremo dagli attuali 3,5 miliardi a 15 miliardi di acquisti centralizzati, ed è solo il primo passo. Estendiamo l’utilizzo dei costi standard per i Comuni, e così via».
Quanto risparmierete?
«Per serietà preferisco non sbilanciarmi al momento. Sono processi nuovi, che stiamo introducendo per la prima volta. Ci porremo gli obiettivi con i primi risultati in tasca».
La centralizzazione degli acquisti di beni e servizi è il solo fronte di spesa aperto?
«Ovviamente no. Ci sono tanti rivoli. I servizi pubblici locali, la riorganizzazione delle strutture della pubblica amministrazione, le partecipate, solo per citarne alcuni».