ItaliaOggi, 11 novembre 2015
Il super-hub del gaz egiziano, in grado di rifornire l’Europa del Sud, che darà filo da torcere ai russi. Così l’Eni di Descalzi e Renzi stanno per mettere a segno un’impresa di portata storica
Dall’Egitto e dintorni è in arrivo una notizia splendida per il governo di Matteo Renzi e per l’Italia. L’Eni di Claudio Descalzi è a buon punto nella difficile tessitura di un’alleanza tra quattro Paesi, impensabile fino a poco tempo fa sul piano politico, per fare del grande giacimento di gas egiziano Zohr, scoperto dal gruppo petrolifero italiano, un super-hub in grado di rifornire l’Europa del Sud, fino a porsi in concorrenza con il gas russo. Questa strategia dell’Eni, condotta da Descalzi in stretto contatto con Renzi, è al centro di un’analisi molto informata dell’Istituto Affari Internazionali (Iai), firmata da Azzurra Meringolo. Ecco i punti salienti.
Il giacimento di gas Zohr, la cui scoperta è stata annunciata dall’Eni il 30 agosto, si trova nel mare antistante l’Egitto, a una profondità di 1.450 metri, ed è il più grande mai individuato nel Mediterraneo, con una capacità di 850 miliardi di metri cubi. Al suo confronto, il giacimento israeliano Leviatano (536 miliardi di mc) e quello cipriota Afrodite (282 miliardi di mc), scoperti anch’essi negli ultimi anni, benché notevoli, passano in secondo piano.
Considerate le divisioni politiche che caratterizzano i rapporti tra Egitto, Israele e Cipro, lo sfruttamento di questi giacimenti sembrava imporre un’unica strada, quella di una concorrenza feroce degli uni con gli altri. Uno scenario che l’amministratore delegato dell’Eni, Descalzi, forte della supremazia del giacimento Eni, sta cercando di rovesciare con grande cautela diplomatica, puntando invece sulla cooperazione dei quattro Paesi coinvolti: Italia, Egitto, Israele, Cipro.
L’impresa si presenta tutt’altro che facile. Il giacimento Zohr non è ancora operativo e l’Egitto potrà toccarne con mano i primi benefici solo tra due anni. Solo allora il Cairo potrà recuperare la propria autonomia nel campo dell’energia, in quanto negli ultimi anni il paese guidato dal presidente Abdel Fattah Al-Sisi è passato dalla posizione di esportatore di gas a quella di importatore. Tanto che, sostiene lo Iai, «per tenersi in vita, negli ultimi anni il Cairo si è dovuto rivolgere allo Stato ebraico, al quale per decenni aveva venduto importanti quantità di gas, invertendo così la rotta del discusso gasdotto che fino al 2012 aveva portato gas dall’Egitto a Israele e Giordania».
Stando alla lettera di intenti firmata lo scorso anno al Cairo con le due compagnie che vendono il gas di Israele, la texana Noble Energy e l’israeliana Delek, l’Egitto si è impegnato ad acquistare 68 miliardi di metri cubi di gas israeliano nei prossimi 15 anni. Ma la scoperta di Zohr ha rimescolato le carte: Israele rischia di perdere il cliente più sicuro, e di dover rivedere al ribasso i prezzi del suo gas, tanto che i titoli Noble e Delek sono già scesi in Borsa. Un rischio che, però, potrebbe essere evitato grazie all’idea di Descalzi di instaurare dei rapporti di collaborazione.
Il piano Eni è condiviso da Renzi, che ha instaurato un rapporto molto cordiale con il premier israeliano Benjamin Netanyahu in occasione del visita di quest’ultimo a Firenze, l’estate scorsa. In quella occasione, i due si sarebbero limitati a parlare di cooperazione energetica sul piano generale, senza entrare nel dettaglio della questione gas. Di quest’ultima, nei mesi scorsi, si è occupato Descalzi, che – sostiene l’Istituto affari internazionali – «ha spinto il piede sull’acceleratore».
In settembre l’ad dell’Eni è volato a Cipro, dove ha incontrato il presidente Nicos Anastasiades, al quale ha confermato l’importanza strategica dell’isola. Una parte del futuro gas egiziano potrebbe infatti essere esportato prima a Cipro, destinato agli impianti di liquefazione già esistenti, ma sottoutilizzati. Il gas liquefatto potrebbe così essere caricato sulle metaniere, con destinazione Italia e Spagna. Un affare che consentirebbe di sfruttare al meglio le strutture esistenti, senza l’onere di ingenti investimenti per costruire nuovi gasdotti.
La stessa soluzione è stata prospettata dall’Eni a Israele, che tra due anni potrebbe ricevere il gas egiziano attraverso il gasdotto che già unisce i due Paesi, invertendo il flusso, per smistarlo ai propri impianti di liquefazione e avviarlo all’esportazione. Una cooperazione che Netanyahu si è detto pronto ad accettare, anche se ha bisogno di tempo per placare i contrasti sorti in seno al suo governo. Il ministro dell’Energia, Yuval Steinitz, è stato infatti accusato di débacle in termini di intelligence economica dal collega dell’Economia, Aryed Deri, in quanto Israele, nonostante i suoi potenti servizi segreti, è rimasto all’oscuro fino all’ultimo dei progressi compiuti dalle esplorazioni Eni nel mare egiziano.
Il piano di Descalzi prevede poi di convogliare il gas di Zohr verso gli impianti di liquefazione del porto di Damietta, sulla costa egiziana, e da lì esportarlo in Europa via nave. Le quantità in gioco sono enormi. Basti pensare che l’Italia consuma ogni anno 70 miliardi di metri cubi di gas, meno di un decimo della capacità produttiva di Zohr (850 miliardi di mc), a cui si devono aggiungere le disponibilità di Israele e di Cipro, e in prospettiva anche quelle di una Libia riportata alla normalità. Ecco perché il progetto di un super hub del gas mediterraneo, a guida Eni, sta assumendo una valenza strategica di importanza storica