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 2015  novembre 11 Mercoledì calendario

La svolta a sinistra del Portogallo

Michele Pignatelli per il Sole 24 Ore
Non c’è solo Londra tra i grattacapi di Bruxelles. Ad appena 11 giorni dal suo insediamento, è caduto ieri il governo di centrodestra portoghese, aprendo la strada a un possibile nuovo esecutivo anti-austerity.
Il nuovo programma del premier socialdemocratico Pedro Passos Coelho, riconfermato dopo 4 anni di risanamento ma anche di dura austerity, è infatti stato bocciato con una mozione di sfiducia dall’opposizione socialista e dai partiti di sinistra radicale. Non è una sorpresa, tanto che i mercati avevano già scontato gli sviluppi politici nei giorni scorsi, sebbene infatti i socialdemocratici fossero stati i più votati il 4 ottobre, non godevano più della maggioranza assoluta e il governo di minoranza che erano riusciti a formare poteva contare solo su 107 parlamentari su 230. I partiti di sinistra, invece, insieme hanno 123 deputati, sufficienti per affossare Passos Coelho e proporsi al presidente Anibal Cavaco Silva come possibile alternativa, visto che – appianando o mettendo in secondo piano differenze che finora li avevano sempre divisi, come l’appartenenza all’euro o alla Nato – si sono accordati per sostenere un nuovo governo di minoranza a guida socialista.
Cavaco Silva potrebbe ora affidare al leader socialista Antonio Costa l’incarico di formare il governo o chiedere a Passos Coelho di sbrigare gli affari correnti fino a nuove elezioni. Che però, in base alla Costituzione, non potrebbero tenersi prima di sei mesi.
Sono entrambi scenari che preoccupano Bruxelles, perché evocano un quadro di incertezza oppure di revisione del percorso “virtuoso” compiuto dal Portogallo. Sebbene infatti Costa abbia promesso di rispettare i target di bilancio concordati, intende farlo con una ricetta più espansiva, che incentivi i consumi e faccia correre il Pil, e con politiche sociali più attente alle fasce più deboli. Tra le misure ipotizzate in questi giorni ci sono lo “scongelamento” delle pensioni, l’aumento degli stipendi pubblici e il graduale innalzamento del salario minimo, modifiche al sistema fiscale che abbassino il carico sulle fasce di reddito più basse e lo alzino per quelle più abbienti, stop alle privatizzazioni e rinazionalizzazione di alcune società.
Promesse che hanno ricordato quelle di Syriza durante la campagna elettorale greca,?come se un’onda di risacca finisse per abbattere tutti i governi che hanno gestito l’austerity dei Paesi sotto bailout portando al potere i loro alter-ego:?ieri in Grecia, oggi in Portogallo, domani – forse – in Irlanda.
Molti invitano però a non evocare una nuova Grecia, a cominciare dall’ispiratore del programma economico della nuova possibile coalizione, Mario Centeno, ex economista della Banca del Portogallo. «La traiettoria di rientro di deficit e debito pubblico – ha detto al Financial Times – non subirà variazioni». Le finanze portoghesi, poi, sono in condizioni migliori di quelle greche e non dipendono da finanziamenti esterni. La reazione dei mercati, però, potrebbe innescare dinamiche pericolose per un Paese ancora convalescente.

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Goffredo Adinolfi per il manifesto

Dopo due giorni di discussione alle 17.05 di ieri pomeriggio al parlamento portoghese inizia la votazione della mozione di sfiducia delle sinistre contro il governo Passos Coelho. Prova di quorum, il dispositivo elettronico sugli scranni non funziona! L’esecutivo meno longevo della storia della democrazia conquista qualche secondo di vita. Si procede così al ben più lento voto manuale. Conteggio, maggioranza! Alle 17 e 17 la mozione è approvata, nessuna defezione, 123 deputati contro 107, governo sfiduciato! Le destre, ora, salvo sorprese provenienti dal palazzo di Belém (presidenza della repubblica), dopo una legislatura all’insegna della macelleria sociale, dovranno tornare all’opposizione.

Passati 40 anni di conventio ad excludendum si è infine «rotto un tabù e si è abbattuto un muro» dice Antonio Costa nel suo intervento all’Assembleia da Repubblica durante il dibattito per l’approvazione della mozione di sfiducia. Passo dopo passo, con grande pazienza, tenacia, coraggio e determinazione il percorso di una alleanza frentista sembra stia per diventare realtà.

Le sinistre, unite per la prima volta, hanno gridato un assordante «no» a Pedro Passos Coelho, uno dei simboli più visibili della politica austeritaria europea e che, nella sua variante lusitana, ha mostrato una intransigenza non inferiore a quella del ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble.

Dopo settimane di incertezze la lunga discussione alla camera dei deputati di ieri è stata certamente catartica. Nel principale organo rappresentativo della sovranità popolare, dopo contrattazioni avvenute in modo perlopiù discreto, si sono messe in chiaro le ragioni che hanno portato all’intesa quattro forze politiche — Partido Socialista (Ps), Partido Comunista Português (Pcp), Bloco de Esquerda (Be) e Partido Ecologista os Verdes (Pev) — che sono state, restano e resteranno molto differenti tra di loro. Convergenze parallele di una sinistra — soggiunge Costa — orgogliosamente plurale.

Il segretario Ps affronta a viso aperto una delle maggiori critiche che arrivano da chi si è battuto affinché una maggioranza alternativa a quella della Coligação non fosse costruita: «Essere contro la Nato, l’Euro e le politiche energetiche non implica che non si possa trovare un terreno comune di mediazione.

Un accordo che parte dal presupposto di come sia ora necessario voltare definitivamente pagina al radicalismo ideologico che ha animato la coalizione di destra e inauguri un nuovo ciclo politico che ridia speranza e un futuro di fiducia». È finita l’èra del «cinismo di classe — dice Jeroninmo de Sousa segretario generale del Partido Comunista Português — per cui si finge di parlare in nome del paese per poi occuparsi degli interessi di una piccola minoranza».

Questa destra non solo ha applicato pedissequamente il memorandum con la Troika, ma lo ha reinterpretato in una chiave tanto estensiva da non lasciare nessun settore escluso da una rimodulazione dei rapporti tra lo stato e il cittadino. I bilanci, dice Catarina Martins, sono stati soltanto la punta di un iceberg, perché è il contratto sociale stesso ad essere stato alterato.

Ed é per questo, continua la portavoce del Be, che oggi la destra è isolata nel parlamento, perché in questi anni essa è stata isolata nel paese.
Ultimo a pronunciarsi, prima della votazione finale, è un Passos Coelho che sembra riemergere da un passato ormai superato. Minoritario all’Assembleia, nominato nonostante fosse chiaro che le sinistre, maggioritarie, intendevano farsi governo, si considera purtuttavia vittima, vittima di un parlamento che non gli vuole riconoscere una vittoria mai ottenuta.

Ora il lato orientale e quello occidentale del continente sembrano incamminarsi verso una strada di rifiuto pragmatico ma deciso delle politiche iperliberiste.

Un governo di sinistra anti-austerità — afferma Panos Trigazis membro del comitato centrale di Syriza in una dichiarazione inviata all’agenzia Lusa — rappresenta un sostegno indispensabile agli sforzi portati avanti da Atene a livello europeo.

È inoltre un contributo essenziale per la creazione di una base programmatica anti-austerità e rafforza l’aspettativa di sviluppi simili nella vicina Spagna alle prossime elezioni del 20 dicembre.