Corriere della Sera, 11 novembre 2015
Lo Stato italiano condannato a risarcire un ex-detenuto: ha avuto a disposizione solo tre metri quadri
Q ual è la superficie di un letto? Poco meno di due metri quadri. Si può cucinare, mangiare, giocare a carte, leggere e vivere con un minimo di dignità in un altro metro quadro? No, ha risposto il giudice della I Sezione civile del tribunale di Genova Maria Cristina Scarzella. E nella scia di qualche altra (rara) sentenza ha condannato lo Stato a risarcire Adrian Claudiu Florea con 4.328 euro. Per 541 giorni. L’uomo non è un pericolosissimo «Nemico Pubblico n.1». Non è mai finito neppure nell’archivio dell’Ansa. Era stato incarcerato per un reato che il verdetto non precisa ma certo non doveva essere particolarmente infamante. E dopo avere scontato la sua pena, per un totale di 721 giorni, era stato espulso e rimandato al suo Paese d’origine, in Romania. «Aveva appunto questa “aggravante”: era rumeno», ironizza la legale genovese Alessandra Ballerini, che anche per conto dell’«Associazione Antigone» ha seguito tutto l’iter processuale. In base alla legge europea, l’avvocato aveva chiesto il risarcimento perché l’uomo a San Vittore aveva avuto a disposizione per tutto il periodo una «superficie pro capite di mq 3» e durante quella nel carcere di Cremona lo stesso. Quanto agli ulteriori periodi di carcerazione, in cui aveva condiviso la cella con altro detenuto, «la superficie al netto del mobilio era pari a 7,24 mq, per cui la superficie pro capite era pari a 3,6 mq. Quindi di poco superiore a quanto stabilito dalla Corte Europea».
In ogni caso, scrive il giudice, «deve escludersi dalla superficie “disponibile” quella dell’annesso locale bagno, poiché, se è vero che la disponibilità in cella di un bagno separato, adeguatamente accessoriato e fornito di acqua corrente, rappresenta certamente un fattore positivo di cui tenere conto ai fini della valutazione delle condizioni detentive, è anche vero che la superficie di tale locale, per la sua specifica destinazione, non può computarsi nella quantità di spazio “vitale” assegnato a ciascun detenuto».
Al contrario, lo «spazio fruibile per la vita quotidiana» è anche «quello, non occupato da arredi fissi, eventualmente destinato a “cucina”, poiché il confezionamento del cibo e dell’approntamento dei generi alimentari e delle bevande costituiscono un momento significativo della vita quotidiana, anche sotto l’aspetto della socializzazione». Un Paese serio, oggi, non può tenere i detenuti come l’abate Faria nella cella al Castello d’If.
Detto questo: il prezzo del supplizio di una prigionia in meno di 3 metri quadri vale davvero solo otto euro al giorno?