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 2015  novembre 11 Mercoledì calendario

A proposito di arte moderna, di Artissima e della merda d’artista

Fino al 2009 considerai l’arte contemporanea uno dei “segnali deboli” da cogliere, quelli che mi avrebbero aiutato a capire questo mondo curiosamente squallido, forse proprio perché così banale. La discriminante fu un libro (750 pagine) uscito quell’anno: “Parigi-New York e ritorno, viaggio nelle arti e nelle immagini” di Marc Fumaroli, professore emerito al Collège de France e membro dell’Accadémie. Da allora, nella mia personale classifica, degradai l’arte contemporanea a “segnale debole” di secondo livello, ridando il posto che le spettava alla “pubblicità”, secondo l’intuizione-invettiva di Paul Valéry “La pubblicità, uno dei mali più grandi di questi tempi, insulta i nostri sguardi, falsa tutti gli epiteti, rovina i paesaggi, corrompe ogni qualità e critica”.
Feci mia l’analisi di Marc Fumaroli “Dopo gli anni ’60 abbiamo assistito alla profezia balzacchiana e baudelairiana e alla quasi scomparsa nelle catacombe, dopo la morte di Picasso, Braque, Matisse, Pollock, Rothko, Bacon, dell’arte del dipingere. Al suo posto sono sorte e hanno proliferato un’arte contemporanea e delle arti plastiche interamente asservite all’immagine tecnologica, alla pubblicità, al commercio del lusso. La sottomissione dell’arte all’industria e l’invasione della fotografia previste da Baudelaire si sono così consumate.
Nessuna polemica, sia chiaro, l’importante era averlo capito. Da allora, con questo spirito visito, non tanto le gallerie o i musei d’arte contemporanea (preferisco chiamarla “delle arti plastiche”), li trovo stucchevoli come un listino di borsa, preferisco andare alla fonte, alle mostre-mercato come Torino (Artissima), Basilea, dove si compra e si vende.
Ho visitato Artissima, come faccio di solito, da “spione”. Mi piazzo dietro a giovani visitatori, fingendo di guardare le opere che loro guardano, cerco di carpirne le parole, le espressioni, le emozioni, soprattutto il linguaggio. Quando visito Basilea o Torino capisco di essere vecchio, è lontano il tempo in cui l’urlo di Munch mi sconvolse, facendomi capire, a posteriori, le due guerre mondiali, i lager nazisti, i gulag comunisti, quando la “merda d’artista” di Manzoni (1961) fu come un pugno nello stomaco, capii che avrebbe rappresentato il mondo nel quale sarei vissuto, oggi mi sono ridotto a un miserabile voyeur di altrui emozioni. A mia scusante c’è stata la conoscenza di una figura per me sconvolgente, l’art advisor di Unicredit. Costui ha spiegato il suo ruolo, con un linguaggio fra il supermanager e l’imbonitore “..non parliamo di investimenti, ma spieghiamo l’arte e le tendenze, solo così si compra bene …”. Prima di averlo come personal trainer artistico devi però compilare un questionario, chi sei, quale le tue preferenze (scultura, fotografia, installazione, etc.), quanto vuoi spendere (fiche minima 1.000 €), solo allora l’art advisor (sarà stata anche questa un’idea del grande banchiere Profumo?) ti accompagna negli stand giusti.
Mi ha ricordato il mitico casino di via Calandra 15, quello della mia adolescenza, noi ci limitavamo a guardare (golosi) le opere discinte, l’art advisor era rappresentato dalla maitresse, un kapò donna che aveva il potere di allontanare noi clienti non attivi (per mancanza di fiche minima) con l’orrendo “flit” (petrolio profumato). Anche lì c’era un tariffario (“semplice”, “doppia”, “mezz’ora”, etc.), il cliente facoltoso veniva accompagnato nello stand giusto. Era quella un’epoca dominata da un moralismo d’accatto di cui, con fatica, ci siamo liberati, ora siamo evoluti al punto che non usiamo più termini osceni come maitresse e puttane, ma il politicamente corretto ha trovato questa meravigliosa locuzione: art advisor e artista.
Uscito da Artissima ho sputato un tweet: “Artissima cavalca il cambiamento o lo certifica?” Una sconosciuta, gentile signora, Stefania Falletti, mi ha risposto all’istante “bella, bellissima domanda, la realtà viene prima della vision?”. Non ho saputo rispondere, il nostro colloquio nell’etere lì si è interrotto.