La Gazzetta dello Sport, 10 novembre 2015
Storia della mitica sfida fra Argentina e Brasile, che si ripete giovedì a Buenos Aires per le qualificazioni mondiali
Roberto Perfumo, capitano dell’Argentina al Mondiale 1974, ex River e in Brasile col Cruzeiro, ha spiegato: «Per noi il futbol è tragedia, per i brasiliani è vita. Noi usiamo la palla per segnare, loro per divertirsi». Argentina e Brasile tornano ad affrontarsi in una gara da 3 punti 6 anni dopo l’ultima volta. E lo fanno giovedì a Buenos Aires (e su GazzettaTv) per le qualificazioni mondiali. Non ci sarà Messi, ma torna Neymar. La sfida («o maior classico do futebol», l’ha definito lo storico de Oliveira Santos) resta ad alta tensione. Per molti amanti delle classifiche (e anche per la Fifa) la n. 1 delle sfide fra nazionali. Proprio la Fifa conta 101 gare in 101 anni. Altri statistici si fermano a 96. Fino agli anni 50 la vera sfida era fra Argentina e Uruguay, finaliste del Mondiale 1930 e olimpiche nel 1928. Oltre che per 30 anni dominatrici della Copa America (17 edizioni sulle prime 20 furono loro). Il Brasile diventa re dagli anni 50 (con Pelé e i 3 Mondiali). E lì scatta «o maior classico», con gli argentini che fanno propri i Mondiali ’78 e 86. Ecco 10 periodi salienti del Classico.
Gli anni del fair play
In principio fu Buenos Aires, Club Gimnasia y Esgrima, 20-9-1914. Per il Brasile la prima gara ufficiale. Fino ad allora non esisteva una nazionale, ma un Combinado o Time, cioè la selezione dei tornei paulisti o carioca. In Argentina invece la Seleccion era attiva dal 1902 ma fino al 1934 si spaccò tre volte, per dissidi nella federazione. E quella squadra che affronta il Brasile nel 1914 è figlia della Faf, scissa dall’Afa ufficiale. L’idea del confronto è del generale ed ex presidente argentino Julio Roca, che mette in palio una Copa. Il 20 settembre in amichevole vince 3-0 l’Argentina, il 1° gol è di Carlos Izaguirre. Ma 7 giorni dopo si disputa la prima Copa Roca, vinta 1-0 dal Brasile con rete di Rubens Salles. Nella ripresa Leonardi pareggia con la mano, ma l’arbitro, il brasiliano Borgeth, non se ne accorge e convalida. Allora il capitano argentino Lanús confessa all’arbitro l’irregolarità e il Brasile vince la Copa. Roca fa appena a tempo a premiarlo, morirà il 19 ottobre.
La partita della vergogna
I primi confronti si erano svolti fra mazzi di fiori, applausi, strette di mano. Col passare degli anni le sfide diventano più ostili. Anche a livello politico i due Paesi sono in lotta per il predominio del Sud America, guidati da dittature nazionaliste. Quelli del Rio de la Plata vantano il loro cosmopolitismo, l’arrivo di nuove tecnologie come il telefono e la metropolitana, una capitale culla di intellettuali, la «Parigi del Sud America». A quelli di Rio li chiamano «macacos», scimmie. Già una volta, nel 1920, per lo stesso appellativo la sfida era finita in 8 contro 8. Così il 1-2-1937 al Gasometro, del San Lorenzo, le due nazionali si ritrovano per lo spareggio finale del 14° Campionato Sudamericano (la futura Copa America). Due giorni prima vincendo 1-0 sempre a Boedo l’Albiceleste ha raggiunto in classifica la Seleção. Definirla battaglia è poco. Il brasiliano Jau si infortuna a una spalla ma resta in campo. Tim zoppica e Roberto si sente male ed è sostituito. La rissa è interrotta da un’invasione dei tifosi argentini: 40 minuti di sospensione, poi si torna a giocare ma il risultato resta 0-0. Ai supplementari decide per i padroni di casa una doppietta del 19enne de la Mata. Che 2 anni dopo passerà alla storia per un gol alla Maradona (stile slalom agli inglesi) detto «del capote». I brasiliani per protesta contro le botte vogliono lasciare il campo, ma lo spogliatoio è chiuso. Per Rio sarà sempre «o jogo da vergonha».
Il rigore senza portiere
Due anni dopo i brasiliani si vendicano. Il 22-1-’39, per la Copa Roca, sul 2-2 a poco dalla fine l’arbitro brasiliano Oliveira concede un rigore più che dubbio ai suoi connazionali. L’argentino Lopez si scaglia contro di lui e deve intervenire la polizia per portarlo via. Ma fuori dal campo va tutta la Seleccion per protesta. Così a Peracio non resta che calciare il penalty del 3-2 a porta vuota.
Le sfide del 1940: il diamante e don Emilio
Nel 1940 la sfida si giocò ben 5 volte in un mese: dal 18 febbraio al 17 marzo. Bilancio: 3 vittorie argentine e 1 pari. E il maggior k.o. brasiliano: 6-1, al Gasometro, il 5 marzo con tripletta dell’ala Peucelle, il cui acquisto astronomico all’epoca (nel 1931) era valso al River il nome di Millonarios. In quel mese si esaltano Leonidas, diamante nero (che in tutto firmerà 7 reti), fra i primi a usare la bicicleta (la rovesciata), e per gli argentini il duo dell’Huracan Masantonio (6 gol)-Emilio Baldonedo, nato a Boedo, zona del Gasometro, che sigla 7 centri in 5 gare e diventerà per sempre il re dei goleador argentini in questa sfida. Baldonedo dopo il ’40 non giocherà più in Seleccion e il Brasile resta l’unica nazionale cui ha segnato.
La morte in faccia
Anche l’Argentina conosce i suoi momenti bui: il 20-12-1945 a Rio ne prende 6 (a 2), la più pesante goleada subita, firmata anche dal vecchio Leonidas e da una doppietta di Ademir, del Vasco. Che in uno scontro con Batagliero gli frattura una gamba. Intanto Zezé Procopio e Chico rifilano botte a destra e a manca. Gli argentini gliela giurano. Meno di 2 mesi dopo (10-2-1946) si ritrovano di fronte a Buenos Aires per una gara che decide il Sudamericano. A Chico dicono: «Meglio se non giochi, ti ammazziamo». Al 28’ Jair alza un ginocchio, l’argentino Salomon gli frana addosso e si rompe tibia e perone destri. Ha 30 anni e non tornerà mai più in nazionale. Jair scappa negli spogliatoi, Chico va per proteggerlo ma è scaraventato in terra da Strembel, si difende con calci e pugni dai rivali e dalle sciabolate della polizia. Vede la morte in faccia. Lo salva un agente della Polizia brasiliana, in viaggio con la squadra: Mario Vianna. Poi uso di lacrimogeni della polizia che pretende che la gara vada in porto per «calmare gli animi», un’ora per convincere a giocare i brasiliani. Che si lasciano battere 2-0 («resistere sarebbe stato un suicidio») e dopo scappano in patria in idrovolante Panair in attesa sul Rio de la Plata. Ma Chico ha deciso di prendere un treno per Uruguaiana, cittadina brasiliana al confine, di dove è originario. E non è solo: 12 soldati lo scortano fin lì, ricevuto come un eroe di guerra.
L’epopea Pelé
Passerano 10 anni prima di tornare a vedere un match fra le due. Poi il 7-7-57 si accende una stella. Al Maracanà la Seleção presenta per la prima volta un ragazzino di 16 anni e 8 mesi: Edson Arantes do Nascimento entra nel 2° tempo e segna l’1-1 (finirà 2-1 per gli ospiti). Pelé è il brasiliano che più ha fatto male all’Argentina (7 reti, in 10 gare), è stato il primo dei suoi a fare una tripletta (il 16-4-1963, 5-2). Ma l’Argentina è anche la squadra che l’ha bastonato di più: 4 k.o.
Sfide iridate
Quattro gli incroci ai Mondiali. Il primo nel 1974, 2ª fase, finisce 2-1 per i verdeoro ma il gruppo lo vince l’Olanda di Cruijff che lascia al Brasile solo il match per il 3° posto. Quattro anni dopo si è nell’Argentina dei generali: a Rosario la Seleção di Coutinho resiste 0-0 ma ci pensano dopo il portiere peruviano Quiroga e la differenza reti a portare in finale l’Argentina. Di nuovo nell’82 e ancora 2ª fase: Maradona e soci le hanno prese dall’Italia, non hanno molte chance di fare strada. Zico ci mette 11’ a segnare. E la Canarinha di Santana dà spettacolo, in gol con Serginho e Junior, che si esibisce in un samba irridente che scatena la rissa. Poco dopo Dieguito rifila un calcio al basso ventre a Batista e saluta anzitempo. Ultimo episodio iridato nel 1990: ottavi a Torino. Decide Caniggia su assist di Maradona. Che disseta il brasiliano Branco con acqua e Roipnol per indebolirlo. Lo scherzo della borraccia, raccontato da Diego anni dopo, riesce e l’Albiceleste va avanti.
Il lungo digiuno della Seleccion
L’ultimo successo dei rioplatensi fuori era stato il 2-0 del 4-3-1970. Una delle ultime gare del c.t. verdeoro Saldanha, che fino ad allora aveva raccolto 9 vittorie in 9 match. Quel k.o. fu fra i motivi (in realtà tutti politici, era comunista e contro i militari) per i quali Saldanha fu rimosso a pochi mesi dal Mondiale per Zagallo. Era il Brasile di Pelé, Gerson, Jairzinho e Carlos Alberto, che 3 mesi dopo avrebbe seppellito l’Italia di Valcareggi in finale. Ebbene dal quel 1970 ci vogliono 28 anni prima che l’Albiceleste torni a far festa in Brasile. E contro una Seleção (presto vice campione del Mondo) con Ronaldo, Romario, Roberto Carlos, Rai, Cafu e Zagallo c.t. Quella del 29 aprile è un’altra amichevole, ma davanti ai 100 mila del Maracanà il c.t. argentino Passarella e Zanetti, Veron, Simeone, Bati e Ayala vogliono rovinare la festa. E ci riescono a 6’ dalla fine col Piojo Lopez.
Memorie di Adriano
La prima finale di Copa America (in passato si era trattato di gare dei gironi) è a Lima il 25-7-2004. L’Albiceleste di Bielsa e di Tevez va 2 volte in vantaggio: prima col nerazzurro Kily Gonzalez e poi con Delgado. Ma a 24” dalla fine del recupero si fa largo in area Adriano (re dei bomber di Copa) e con una cannonata firma il 2-2. Ai rigori: uno lo para Julio Cesar (allora al Flamengo ), uno lo sbaglia Heinze e il Brasile vince 4-2. Un anno dopo si riaffrontano in un’altra finale: Confederations Cup. L’Argentina di Riquelme fa impressione nella prima fase. Il Brasile perde col Messico e rischia col Giappone (2-2). Ma in semifinale Adriano e Ronaldinho si liberano dei tedeschi. E in finale ancora loro, con doppietta dell’interista e firma pure di Kakà, ridicolizzano i rivali: 4-1.
Messi e Tardelli
L’ultima eliminatoria in Argentina è il 5-9-2009, a Rosario, ed è ricordata con angoscia dagli argentini. K.o. 3-1 con doppietta di Luis Fabiano, in panchina Maradona contro Dunga e una qualificazione per Diego strappata a 6’ dalla fine dell’ultima gara a Montevideo. Le ultime amichevoli hanno visto una tripletta di chi stavolta non ci sarà, Messi (4-3 argentino) il 9-6- 2012, e una doppietta di Diego Tardelli (2-0, 11-10-2014, in Cina, con Messi che sbaglia un rigore), non più convocato dopo la Copa America di giugno. Ma O Classico continua.