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 2015  novembre 10 Martedì calendario

L’amianto, il nero e il topo. Frasi scelte da Paolo Siepi

Amianto non rimosso alla Scala. Il Trovatore aveva fatto finta di niente. Gianni Macheda.
Sinceramente speravo che il Cavaliere non salisse sul palco della Lega a Bologna, anche se debbo riconoscere a Berlusconi una buona dose di realismo. Lui prende atto che non ha più voglia di lottare. E nessuno può criticarlo per questo. Pier Ferdinando Casini. Corsera.
Chi usa il nero, compirà un’altra serie di attività in nero: pagherà i dipendenti, comprerà, venderà tutto in nero. Guardate che qui stiamo parlando di cifre consistenti: ad esempio, alzare il tetto a 150 mila euro per l’omesso pagamento delle ritenute, significa che stiamo parlando di redditi non dichiarati per 300 mila euro che la fanno franca penalmente. Pier Camillo Davigo, ex pm di mani Pulite. Il Fatto.
Spittin in the wind / comes back at you / twice as hard, cantava Lou Reed in Strawman: se sputi controvento ti torna indietro con il doppio della forza. Qualcosa del genere è successa al senatore Corradino Mineo. Aldo Grasso. Corsera.
Maurizio Mannoni (meglio noto come M’annoi) aveva convocato una delle lingue più vellutate del new journalism, Salvatore Merlo del Foglio, che difendeva il Ponte sullo Stretto di Messina con argomenti filosofici («come si può essere contro a un ponte?»), teologici («pontefice vuol dire facitore di ponti», dunque Bergoglio è con lui) e persino odontotecnici («quando ti cade un dente fai mettere un ponte!»). Marco Travaglio. Il Fatto.
La Cina riabbraccia Taiwan dopo 66 anni e l’isola ribelle non si sottrae più all’affetto della madrepatria. Non è la caduta del Muro dell’Asia, eretto nel 1949 con la fuga dei nazionalisti di Chang Kai-shek, sconfitti dai rivoluzionari comunisti di Mao Zedong, ma uno stato avanzato di disgelo, sì. Da una parte, all’hotel Sanri-La di Singapore, c’era il presidente cinese Xi Jinping, che non è ancora a metà mandato, e, dall’altra, il premier di Taiwan Ma Ying-jeou, che invece è prossimo al congedo. Giampaolo Visetti. la Repubblica.
Lenin fu un uomo tenace, monomaniaco. Passò mezza esistenza all’estero, senza accorgersi di nulla, senza avvicinare nessuno, senza fare niente, salvo preparare un’immaginaria rivoluzione, complottando e polemizzando tra i gruppetti di esuli, in beghe di preminenza nel partito che, per ironia della sorte, aveva battezzato come partito socialdemocratico. Lenin poteva finire oscuramente come uno dei tanti pazzoidi russi, che allora giravano in Europa, ma una cosa era certa, è cioè che egli era nato capo, e un capo è colui che non sacrifica le proprie opinioni al successo, ma impone il successo delle proprie opinioni. Panfilo Gentile, Democrazie mafiose. Ponte alle Grazie, 1997.
Nei congressi di partito, nei comizi al chiuso, nelle manifestazioni di piazza, non c’è più nessuno che guarda l’oratore, come un tempo. Chi parla al microfono è solo un puntino, laggiù, sul palco, ma tutti lo seguono sui teleschermi, che in genere stanno alle spalle dell’oratore e ne ingigantiscono il volto e i movimenti. Non bastano gli schermi tv nella case. C’è pure una proliferazione di maxischermi. Filippo Ceccarelli, Il teatrone della politica. Longanesi, 2003.
La mongolfiera di Spadolini atterrò trionfalmente in via Solferino verso la metà di febbraio del 1968. Si era subito lanciato con il suo ottimismo travolgente, ad amministrare il Corriere come una grande università, mescolando il piglio del rettore con quello del direttore. Quando si accingeva a scrivere l’articolo di fondo domenicale, mobilitava spesso archivisti e bibliotecari, poi, con i materiali raccolti, si rinchiudeva in un cubicolo, isolato e senza telefono, al secondo piano, quasi ignoto a tutti, da dove rispuntava la sera col sorriso ammiccante di chi era certo di aver portato chiarezza almeno per ventiquattr’ore nel disordine della cose italiane. Enzo Bettiza, Via Solferino. Rizzoli, 1981.
Ho incontrato per la prima volta Giovanni Marcora. Democristiano atipico: massiccio, schietto, contadino, turpiloquio facile. Litighiamo, ma capisco che vuole conquistarmi. Dice che è pronto «a tornare in montagna» contro i comunisti. Un bel conservatore che sta a sinistra per pura convenienza. Indro Montanelli, I conti con me stesso. Diari 1957-1978. Rizzoli.
Finisco io l’ultimo sorso di birra avanzata, usciamo e usiamo insieme una graziella sgangherata, appoggiata al pino, davanti al bar della stazione, ove stanno pure appoggiati due ceffi della questura di Venessia, impegnati in un’operazione di osservazione e controllo del territorio. Francesco Maino, Cartongesso. Einaudi.
Ha trentasei anni, ma è come se ne avesse venti, o cinquanta: è un buon ragazzo generoso, forse un tantino ottuso. Ma si nota poco: parla un inglese così fine! Nantas Salvalaggio, Calle del tempo. Mondadori, 1984.
Una volta, ero piccolo, mio padre colse a volo un topo sulla trave più alta di un capriata: una fiocina trapassò il topo e si infisse nel legno molle e imporrito: l’asta vibrò a lungo e l’agonia del grosso topo destò in tutti noi un raccapriccio così intenso da impedirci di mangiare. Gianni Brera, Il principe della zolla. Il Saggiatore, 1994.
Il maestro Vincenzo Vitale era molto spiritoso, Piero Buscaroli aveva in bocca denti d’oro interi, non con la sfoglia: cosa davvero appropriata a un romagnolo di Imola quale egli è. Era una dentiera vistosissima (che Vitale, altra volta, aveva definita un dentierone mille-luci). Il Maestro disse: «Chisto Buscaroli tene ’sorriso crisoelefantino» («Questo Buscaroli ha il sorriso crisoelefantino!») ossia d’oro (dal greco Chriso’s) e avorio. Paolo Isotta, La virtù dell’elefante. Marsilio.
Le barzellette erano in voga perfino fra la nomenclatura comunista tedesco orientale. Viene in mente la scena in Le vite degli altri, quando nella sede della Stasi un funzionario racconta quella di Honecker, che dalla finestra saluta il sole più volte nella giornata, ricevendone sempre una gentile risposta. Fin quando al tramonto, salutandolo per l’ultima volta, quello gli risponde: «Baciami il culo, ormai sono passato a Ovest». Barzellette nella Germania comunista. Hans Hermann Hertle, Augelacht (deriso). Ch. Links Verlag.
UN’ADDIZIONE – Credo che se ne sia parlato con la maestra. Claude-Alain Duhamel et Carole Balaz, Le gros dico des tout petits. Il dizionario scritto dai bambini. J.C. Lattes.
Mi accontento di quel poco che non ho. Roberto Gervaso. Il Messaggero.