ItaliaOggi, 10 novembre 2015
Sull’utilità degli stupidi: divertenti e generosi sono un prodotto dell’evoluzione, come la proboscide e le grandi chiappe degli elefanti. Ma quando entrano in politica... Sono guai
Gli stupidi possono essere divertenti, per esempio al circo, dove si dipingono la faccia di bianco e di rosso e guidano automobiline mignon, oppure in politica, quando gonfiano il petto in parlamento e nei talk show. Gli stupidi, a modo loro, sono anche utili, non fosse che perché le persone razionali, ostentando aria di superiorità mentre gli stupidi si rendono ridicoli, si sentono delle aquile, anche senza esserlo. Gli stupidi, inoltre, sono generosi: a differenza dei malfattori, che non agiscono mai gratis, e che dalle catastrofi di cui si rendono responsabili si ripromettono dei profitti, gli stupidi provocano altrettanti disastri, ma lo fanno senza contropartite, e anzi sono spesso i primi a rimetterci.
Gli stupidi hanno insomma un loro particolare appeal, come le valanghe in alta montagna e le ippopotamesse ballerine di Fantasia. Ma se talvolta risultano simpatici, anche se «simpatici» è una parola grossa, gli stupidi sono inclini agl’incidenti e sempre un po’ pericolosi, come spiega Carlo M. Cipolla nel suo classico pamphlet Le leggi fondamentali della stupidità umana (il Mulino 2015, pp. 98, euro 15,00). Libro scritto originariamente in inglese, e pubblicato per la prima volta (in edizione numerata e fuori commercio) nel 1976, Le leggi fondamentali della stupidità umana, che oggi esce in un’edizione particolarmente bella e preziosa, illustrata com’è dalle vignette del grande Altan, ha la freddezza e l’ironia d’un classico dell’illuminismo settecentesco.
Lo ha scritto Carlo M. Cipolla, storico dell’economia e penna con pochi eguali, autore delle Avventure della lira e di Tre storie extra vaganti, editi entrambi dal Mulino, ma potrebbe essere stato scritto da Voltaire, o da Jonathan Swift. È una satira, e come tutte le satire illustra, denuncia e mette in burletta, con argomentazioni inconfutabili, geometriche, qualcosa di mortalmente serio. Stupidi, gli stupidi sono un prodotto (o almeno uno scherzo) dell’evoluzione, come la proboscide e le grandi chiappe degli elefanti, o il becco e le zampa palmate dell’ornitorinco, un mammifero oviparo. Gli stupidi sono una parte sostanziale e per così dire irrimediabile dell’umanità: come ci sono i biondi, i brevilinei, i bianchi e i neri, gli stitici e i malinconici, i santi e i criminali, ci sono anche gli stupidi. È anche possibile che in qualche modo imperscrutabile lo stupido incarni o abbia incarnato un vantaggio genetico per la specie.
Cipolla – uno scienziato, se la storia (come diceva Marx) è una scienza, e se lo è l’economia, cosa di cui alcuni dubitano – non studia le leggi della stupidità (certe leggi si possono soltanto subire) ma le enumera. Prima che uno scienziato, Ciplla è un narratore, come dimostrano anche tutte le sue opere accademiche. Parla degli stupidi con affetto e insieme con spavento, come Dostoevskij dei suoi nichilisti... Gli stupidi, fin dall’origine dei tempi, sono una percentuale fissa dell’umanità: un tanto per cento, equamente distribuito tra maschi e femmine, tra ricchi e poveri, tra Premi Nobel e zucche vuote, tra uomini di potere e persone qualunque. S’insinuano ovunque, come fanno del resto tutti i tipi umani. In alcuni ambiti, come si diceva, gli stupidi sono innocui, per esempio al bar sotto casa, quando straparlano di politica, mentre in altri ambiti possono essere addirittura esiziali, come in politica, quando siedono in parlamento e governano con i pugni sui fianchi i ministeri.
Come non c’è modo di difendersi dagli stupidi, non c’è neppure modo d’evitarli: gli stupidi si mettono in mostra, sono estroversi, non accettano di fare tappezzeria. Specie in politica, per battere ancora questo chiodo, lo stupido è re. Mentre una persona razionale, obbligata a parlare la lingua di gesso dei demagoghi, non riesce a restare seria, lo stupido è perfettamente a suo agio con spropositi, iperboli, smargiassate, ridicolaggini. A p. 46 del libro di Cipolla trovate una vignetta di Altan. Ci sono due tizi, entrambi eleganti e incravattati, il primo dei quali punta un dito contro il secondo e dice: «Lei è un coglione». E il secondo, rigido: «Maledizione: un’altra fuga di notizie!».