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 2015  novembre 10 Martedì calendario

Emergenza profughi, le guerre non sono l’unica causa: si stima che dal 2008 al 2013 ben 140 milioni di persone siano emigrate a causa di disastri naturali connessi al clima. È il fenomeno dei "rifugiati ambientali", destinato a crescere nei prossimi anni se non si affronteranno seriamente i cambiamenti climatici

Dittatori, regimi oppressivi, controllo delle materie prime. Povertà, diseguaglianze, conflitti inter-religiosi. Dietro ogni guerra – e dietro ogni ondata migratoria – ci sono diverse ragioni. Eppure, con il passare degli anni, un altro fattore, forse più silenzioso ma non meno insidioso, sta contribuendo al sorgere di nuovi conflitti: il cambiamento climatico. Quell’anormale surriscaldamento della Terra su cui pesa la mano dell’uomo.
Lo scorso 9 settembre, davanti al Parlamento di Strasburgo, il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha affrontato un argomento che non era mai stato sollevato nelle precedenti riunioni sull’emergenza rifugiati. «Domani avremo i rifugiati del clima. Non dovremmo sorprenderci se i primi rifugiati del clima arriveranno in Europa», ha ammonito Juncker. La comunità internazionale è chiamata ad affrontare seriamente quella che ormai è ritenuta un’emergenza, la questione climate change, attivandosi per ridurre i gas serra. In caso contrario si temono conseguenze che rischiano di essere catastrofiche: siccità, tempeste, popolazioni in fuga, conflitti.
Rifugiati ambientali, rifugiati climatici, vittime del surriscaldamento. Le definizioni sono numerose per descrivere un fenomeno che non è iniziato oggi, ma che si sta accentuando. Dal 2008 al 2013, 140 milioni di persone hanno abbandonato la casa a causa di disastri naturali connessi al clima, ha segnalato lo State of the World 2015 (Worldwatch Institute). «Si ritiene che l’immigrazione sia oggi una sfida in Europa a causa dell’estremismo. Aspettiamoci di vedere cosa accadrà quando scarseggeranno gravemente l’acqua e il cibo, e una tribù combatterà contro l’altra solo per poter sopravvivere», ha dichiarato di recente il Segretario di Stato Usa, John Kerry. Ed è recentissimo il nuovo studio della World bank, secondo cui i cambiamenti climatici creeranno 100 milioni di nuovi poveri in più entro il 2030, se non si corre prima ai ripari.
Non solo. Si parla sempre più spesso di climate wars. Un argomento così attuale da essere elaborato in uno studio pubblicato su Pnas, che ha sollevato non poche polemiche, dal titolo Climate change in the Fertile Crescent and implications of the recent Syrian drought. Lo studio evidenzia come la scarsità delle acque di falda ha reso l’agricoltura siriana più vulnerabile alla siccità. Quella iniziata nel 2006/2007 ha portato al collasso la produzione di grano, facendo lievitare i prezzi di alimenti e foraggio. Gli agricoltori e i pastori si sono impoveriti. E un milione e mezzo di persone si è riversato nelle città.?Risultato: tensioni sociali che si sono aggiunte a quelle provocate dal milione di profughi iracheni in Siria. Lo studio precisa come non sia possibile quantificare in quale misura la siccità causata dai cambiamenti climatici sia stata decisiva nell’innescare la rivolta siriana. I cambiamenti climatici sono un fattore che tende ad accentuare crisi esistenti. La rivolta probabilmente sarebbe scoppiata ma la siccità sarebbe stata una concausa.
Ci sono tuttavia altri conflitti – soprattutto in Africa – in cui il cambiamento climatico gioca un ruolo decisivo. In Somalia o in Sud Sudan da diversi anni, quasi nel silenzio, migliaia di persone muoiono ogni anno nei violenti conflitti per il controllo dei pascoli, sempre più rari e ambiti. Già nel 2007 il Segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, definì la crisi nel Darfur come il primo conflitto da cambiamento climatico. Perché, al di là dei grandi attriti tra l’etnia araba e musulmana e quella animista, la scarsità di acqua, terre fertili e da pascolo aveva esacerbato gli animi. E proprio con riguardo all’Africa, un nuovo studio americano – Warming increases the risk of civil war in Africa – spiega come l’innalzamento di un grado della temperatura media porti a un aumento del 4,5% di probabilità di guerre civili nello stesso anno. Entro il 2030, secondo il rapporto, il climate change?potrebbe tradursi in un aumento del 54% dell’incidenza di conflitti armati nel continente. Lungi dall’addossare al clima lo scoppio della guerra, il rapporto sulla Siria spiega: «Questa recente siccità è stata probabilmente aggravata dai cambiamenti climatici indotti dall’uomo, e queste persistenti e profonde siccità potrebbero diventare ricorrenti in un mondo più caldo». Un mondo, non solo la Siria.