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 2015  novembre 10 Martedì calendario

«Vieni a mangiare». E lei ha gridato: «No, no, no»

«Vieni a mangiare». «No, no, no». Sono state le ultime parole di Anna, la dodicenne che ha voluto morire, in risposta alla supplica della madre, all’ora di cena. «No, no, no» ripetuto, urlato con tutto il fiato che aveva in gola, l’ultimo atto prima di volare giù dal balcone e finire nel cortile. In quello stesso cortile dove spesso i custodi la vedevano giocare a pallone. Un piccolo giardino segreto dove ora c’è un magnifico albero pieno di cachi maturi e ci sono le statue di due gufi, una fontana spenta e una porta che un tempo era utilizzata dalla servitù.
La famiglia di Anna vive qui, nel cuore della Crocetta, da tre generazioni, e ora si è chiusa nel suo lutto: «Chiediamo rispetto per questa situazione assurda – afferma il padre, medico di 51 anni –. Quello che stiamo provando è un dolore pazzesco, fuori da ogni limite». «Sembrava un fagottino, uno scricciolo» racconta il portinaio Gianfranco, il primo a trovare Anna, avvolta in una tuta, per terra, mentre la madre correva per le scale dopo il tonfo che ha raggelato tutti. Gianfranco ha voluto darle una carezza. Da tempo molti nella casa conoscevano quel problema di Anna, che ormai non era più solo dentro di lei.
«Prima sembrava una bambina normale, bella, bionda. Timida e un po’ schiva, forse, come i suoi genitori. Ma da un anno a questa parte il suo corpo era sempre più magro, i suoi occhi azzurri erano sempre tristi, sembrava una candela sul punto di spegnersi».
Per curarsi dall’anoressia era stata ricoverata tre mesi in ospedale, nel reparto di neuropsichiatria infantile del Regina Margherita, lo scorso anno, poi seguita dai servizi territoriali. Quasi nessuno dei vicini di casa riesce a parlare, le lacrime si trattengono a stento in questi casi. «La madre ci ha raccontato che i medici si erano raccomandati di farla mangiare poco, ma sovente. Ed era quello che lei cercava di fare», racconta Laura, la portinaia. Il signor Enzo ha sentito le urla, il rifiuto del cibo gridato dalla bambina. «Gridava spesso, anche di notte, anche prima della malattia: un vestito che non le piaceva, una cosa che non voleva fare», spiegano alcuni vicini. L’altra sera avrebbe detto alla madre: «Vado a prendere un po’ d’aria sul balcone».
Poi nella palazzina c’è stata confusione. «È caduta la bambina, è caduta la bambina» urlavano i vicini. E c’è chi fa polemica, accusando l’ambulanza del 118. «Certo Anna non si sarebbe salvata – racconta uno dei primi ad aver dato l’allarme – ma l’ambulanza ci ha messo mezz’ora ad arrivare». Versione smentita dal 118, secondo cui invece sono passati solo sette minuti, «probabilmente apparsi interminabili ai famigliari». Per 24 minuti, poi, i medici hanno provato a rianimarla.
Figlia unica, in giardino giocava a palla sola, perché era l’unica bambina in questa palazzina signorile con gli appartamenti disposti a nido d’ape e un viavai di domestiche e badanti. «Da poco i suoi le avevano regalato un gattino randagio, per farle compagnia. Ogni tanto la portavano in montagna. Una famiglia normale».