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 2015  novembre 07 Sabato calendario

Vaticano, un patrimonio immobiliare da 9-10 miliardi di euro

È forse l’unica banca al mondo che ha un solo immobile, e che non è neppure quello dove ha la sede. Ma dentro le mura vaticane poco o nulla è come all’esterno. È lo Ior, che dopo la vendita del grande patrimonio di immobili effettuato nel primo decennio del secolo – e per la quale la giustizia vaticana quasi un anno fa ha aperto un’indagine e sull’ex presidente Angelo Caloja e sull’ex direttore Lelio Scaletti, quest’ultimo da poco scomparso – ora un solo palazzo, a Via della Conciliazione 10. Per la sua sede, il celebre Torrione Niccolò V, paga l’affitto al Governatorato. È una goccia nel mare del patrimonio della Santa Sede e dello Stato Città del Vaticano, due entità giuridiche distinte: il primo è il “governo” della Chiesa universale, e il secondo è lo stato vero e proprio, nato nel ’29, con un territorio, un esercito, un servizio telefonico, le poste, la farmacia. In testa a entrambi c’è il Papa, e nella catena di comando, a seguire, il”primo ministro” cardinale Pietro Parolin.
Quanto vale il patrimonio complessivo del Vaticano, inteso come governo centrale della Curia romana, escludendo quindi quello degli enti religiosi e delle diocesi, che è la parte più consistente nella Chiesa mondiale? Non ci sono stime ufficiali, e in definitiva neppure ufficiose, visto che – come emerge in parte anche dalle rivelazioni di questi giorni – non esiste una vera e propria mappatura definitiva e nota. Ma, secondo fonti della Curia che da tempo monitorano il dossier, il patrimonio “disponibile” si aggira attorno alla stima teorica di 9-10 miliardi di euro – come scrisse il Sole 24 Ore lo scorso aprile anticipando un progetto di gestione centralizzata per ora ancora nel cassetto – comprendendo tutti gli asset immobiliari valutabili e commerciabili – sia in Italia che all’estero, specie Parigi e Londra – quindi che potrebbero essere venduti. Si escludono non solo quelli dentro le mura leonine, ma anche quelli extra-territoriali dentro la città di Roma, che sono “funzionali”: su questi non ci sono stime, anche perché del tutto inutili ai fine di una valutazione. Infatti il Vaticano possiede, per esempio, l’enorme complesso di San Calisto, a Trastevere, dove hanno sede alcuni dicasteri ma anche delle abitazioni dove vivono funzionari pontifici. O l’Università Gregoriana a piazza della Pilotta, o il Palazzo della Cancelleria accanto a Campo de’ Fiori e altri ancora, come i tanti prestigiosi immobili sul Gianicolo – ma tra i quali figura anche lo storico ospedale pediatrico Bambino Gesù – stilato dentro il trattato Lateranense, dove si prevede che siano non solo extra territoriali ma anche esenti da esproprio e da tributi.
L’attenzione quindi del Papa che ha annunciato un “cambio” riguarda quegli immobili sia destinati ai cardinali e arcivescovi (non cedibili perlopiù perché dentro il territorio) e soprattutto a quelli affittati all’esterno. Il grosso del patrimonio immobiliare della Santa Sede è concentrato nell’Apsa, amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica, che di questa stima di 10 miliardi ne possiede la quota maggiore, concentrata in circa 2.500 appartamenti e molti fondi commerciali. Nel riassetto delle finanze l’Apsa – presieduta dal 2011 dal cardinale Domenco Calcagno – ha mantenuto la gestione degli immobili mentre è passata alla Segreteria per l’Economia nata nel 2014 la gestione delle risorse umane e gli acquisti, oltre alle funzioni di “ministero delle finanze”. L’Apsa – che in questi giorni risulta al centro di un’indagine su presunto riciclaggio per cui sono state chieste all’Italia e alla Svizzera delle rogatorie – ha quindi i cespiti maggiori, superiori certamente a Propaganda Fide e Governatorato. La prima, dicastero delle missioni presieduto dal cardinale Fernado Filoni, ha sede nel palazzo in piazza di Spagna, e da sempre ha un suo grosso patrimonio frutto di lasciti di carità a favore delle missioni. Negli anni scorsi è finita dentro di inchieste giudiziarie ma da qualche tempo ha stretto molto sui controlli relativi alla gestione degli asset. Poi il Governatorato, guidato dal cardinale Giuseppe Bertello, che ha gli immobili perlopiù dentro le mura, quindi tra Santa Marta – dove vive il Papa dal giorno dell’elezione – e palazzo San Carlo e giù giù fino a via del Pellegrino, dove ha sede l’Osservatore romano.
Un cambio di passo per dare una gestione più trasparente ed efficace del patrimonio è quindi necessario, come ha detto Francesco: qualche mese fa arrivò sul tavolo del C-9 (il consiglio dei cardinali dove siedono i porporati che consigliano il Papa sulle riforme) la bozza di un progetto per la gestione degli immobili, attraverso una asset manager dove centralizzare i servizi (ma non la proprietà, che sarebbe rimasta in capo ai singoli dicasteri, quindi anche altri in caso), dagli affitti alla manutenzione, una sorta di facility management alla cui testa sarebbe stato nominato un board cardinalizio rappresentato dai capi dicastero interessati. Ma non è decollato, forse perché andrebbe a intaccare le competenze di ciascuno, e nessuno vuole cedere terreno, e lo stesso sarebbe per una eventuale unificazione dei portafogli finanziari, pensata ma mai attuata.