Corriere della Sera, 10 novembre 2015
Tolstoj, Moravia, Lewis Carroll: tutti scrittori che hanno cominciato pubblicandosi da sé
Sapete che cos’hanno in comune scrittori per altro diversissimi tra loro come Verga, Poe, Tolstoj, Palazzeschi, Gadda e Saba? Sono stati degli aps. Cioè? Autori A proprie spese, come recita il titolo di un prezioso libretto di Lucio Gambetti, appena uscito, con prefazione di Andrea Kerbaker, per Unicopli. La lista degli aps è lunghissima già oggi ed è destinata ad affollarsi sempre più con il self publishing promosso su Internet (il sito lulu.com, alla fine del 2014, contava 1.800.000 titoli).
Non è un mistero che nel 1929 per dare alle stampe Gli indifferenti Moravia dovette sborsare 5.000 lire alla Alpes di Milano: fu il padre a prestargli quei soldi, chiedendogli però di firmare una ricevuta. Le 5.000 lire tornarono al «generoso» benefattore, grazie all’immediato successo del romanzo. Ben diverso era stato il caso di Lewis Carroll, che nel 1865 aveva deciso di autoprodursi le avventure di Alice perché ne aveva subodorato il successo: salvo poi pentirsi della pessima qualità tipografica, distruggerne le duemila copie e ristamparlo, sempre a proprie spese. Il caso di Proust è il più paradossale, perché la Recherche fu rifiutata nonostante la prodigalità dell’autore: 30 pagine per descrivere uno che si rigira nel letto prima di dormire erano troppe anche per un romanzo à compte d’auteur. Solo nel 1913 Proust si accordò con Grasset versandogli 1.750 franchi, aggiungendone 595 dopo avere ampiamente rivisto le bozze e, a libro uscito, finanziando in proprio la promozione, comprese alcune interviste sui giornali. Per non dire di Svevo che si accollò le spese non solo nel 1896 per le 1.000 copie del primo romanzo, Una vita, stampato dal librario Vram di Trieste, ma anche per La coscienza di Zeno, edita da Cappelli nel 1923.
Quelli raccontati da Gambetti sono, in tutta evidenza, i casi su cui l’editoria ha fallito, se è vero che si tratta di autori aps rifiutati ma destinati all’empireo della letteratura. Kerbaker, che di storia dell’editoria se ne intende, invita a non seguire l’esempio di quegli illustri precedenti: niente scorciatoie, tenete a freno la vanità, gli editori-editori possono sbagliare ma non resta che fidarsi: «Con un po’ di pazienza, tutti questi autori avrebbero trovato la loro collocazione». Ezra Pound nel 1908 decise di investire i suoi pochi dollari per pagare le 150 copie della sua prima raccolta, A lume spento, uscita a Venezia. In vecchiaia però, pentito, avrebbe voluto bruciarla.