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 2015  novembre 08 Domenica calendario

Intervista a Kristina Persson, ecco chi è cosa fa la ministra del Futuro svedese

Kristina Persson, 70 anni, una vita tra politica, centri studi e la Banca centrale svedese, è oggi la ministra degli Affari futuri del Paese nordico. Creato dall’attuale premier socialdemocratico Stefan Löfven, il ruolo del ministero è quello di affrontare le sfide più impegnative a cui la Svezia andrà incontro da qui ai prossimi cinquant’anni: il lavoro in un contesto di radicali cambiamenti tecnologici, la transizione verso un’economia ecosostenibile senza rinunciare alla competitività, fino all’allargamento della cooperazione internazionale, da sempre un cardine della politica estera svedese. Di ritorno da una conferenza a Reykjavík, Islanda, la ministra risponde alle domande de «la Lettura».
Come è arrivata a ricoprire il ruolo di «ministra del futuro»?
«Durante la mia carriera ho lavorato in tanti ambiti diversi, tutti in qualche modo collegati al lavoro che svolgo oggi. Sono stata prima parlamentare in Svezia, poi in Europa. Ho lavorato in seguito alla Banca centrale e sono anche stata alla segreteria per gli studi strategici oltre che alla dirigenza di varie organizzazioni sindacali. Nel 2007 ho fondato Global Challenge, un centro studi con cui ho affrontato, discusso e proposto soluzioni per molti dei problemi di cui mi occupo oggi come ministra».
Il ruolo dei ministeri è solitamente ben delineato, nel suo caso sembra invece più trasversale. Com’è lavorare con gli altri ministri?
«Il mio ruolo è soprattutto “consultivo”. Per intenderci: non ho il potere o il budget per implementare le proposte avanzate. Cerco per lo più di indurre i ministri a pensare in maniera cooperativa, come fossero un’unica entità, a prendere decisioni che vadano al di là dei mandati specifici. All’interno del mio direttivo, “il consiglio per gli Affari futuri”, sono rappresentati otto ministeri, diversi tecnici e numerosi rappresentanti della società civile. Ogni decisione prende tutti in considerazione e, soprattutto, cerca di guardare al lungo termine invece che al breve».
Per esempio?
«Uno dei principali obiettivi della Svezia è quello di diventare entro il 2030 un Paese con trasporto a emissioni zero. In questo contesto, il ruolo del mio ministero è quello di porsi le seguenti domane: qual è la strada migliore per raggiungere l’obiettivo? Quale sarà, per esempio, l’effetto sull’industria dell’automobile? Come possiamo salvaguardare i posti di lavoro del settore? Come vede le domande sono numerose, le risposte complesse e per riuscire a trovare soluzioni adeguate debbono essere incluse tutte le parti sociali interessate. Per questo parliamo con il ministero dei Trasporti, la Volvo, il ministero dell’Ambiente, i sindacati».
Quali sono gli economisti e i pensatori che la influenzano di più?
«Da Paul Krugman a Martin Wolf, fino a John Maynard Keynes».
Il Keynes che ha detto che nel lungo-termine saremo tutti morti?
«Sì, proprio lui. Pensare a lungo termine è un approccio assolutamente necessario nel mondo complesso e globale in cui ci stiamo sempre più addentrando, in Svezia come in molti altri Paesi. Sempre prendendo in considerazione il caso del futuro del lavoro e dei cambiamenti tecnologici, la domanda da porsi non è se possiamo resistere, ma come possiamo abbracciare questa trasformazione e, per esempio, garantire un domani lo stesso welfare che abbiamo oggi? La risposta è molto complessa, la soluzione non la conosco, ma se vogliamo trovarla dobbiamo iniziare a pensarci, e subito, senza perdere tempo».
Ha mai tensioni con i suoi colleghi?
«Ci sono sicuramente interessi divergenti; scontri mai, però. Il motivo è che i principali problemi affrontati dal mio ministero – cambiamenti climatici, demografia, il futuro del lavoro – interessano tutti e non possono essere ignorati perché farlo sarebbe miope e controproducente per il Paese».
L’istituzione del suo ministero è l’ammissione implicita che cittadini e politica pensano per lo più al breve periodo e non considerano il futuro?
«Viviamo in un momento di rapidi cambiamenti, anche la politica deve trasformarsi e adeguarsi. Se vuole sperare di fornire risposte all’altezza di questo nuovo mondo, deve essere creativa e soprattutto proattiva. Solitamente un ministero implementa politiche dall’alto verso il basso, quello che si chiama un modello verticale; il mio ministero invece promuove la cooperazione tra le parti in causa, uno schema orizzontale che ritengo assolutamente democratico».
Qual è il maggior problema che la Svezia e l’Europa dovranno affrontare oltre ai cambiamenti climatici?
«L’invecchiamento della popolazione, l’ineguaglianza e le conseguenze di queste due tendenze sulle pensioni e sul welfare. Sarà una sfida enorme, anche per l’Italia e gli altri Paesi europei».