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 2015  novembre 08 Domenica calendario

Mediolanum e quei 315 milioni di utili per Doris e Berlusconi che, però, vengono dall’Irlanda

La gallina dalle uova d’oro della Mediolanum delle famiglie Doris e Berlusconi (Fininvest, però, deve dare via il 20% entro trenta giorni, ha sentenziato Banca d’Italia venerdì) si chiama Mediolanum International Funds, ha sede nella ridente Dublino e si occupa della gestione dei fondi comuni di investimento poi distribuiti in Italia dai promotori.
Dall’Irlanda, negli anni, è arrivata una montagna di dividendi di cui hanno beneficiato le principali società del gruppo che opera nei settori bancario, assicurativo e del risparmio gestito e amministrato. Soltanto a ottobre, Mediolanum International Funds, a fronte di 326 milioni di euro di utili realizzati nel trimestre al 30 settembre, ha staccato un assegno da 315 milioni, gran parte dei quali è finita nelle casse delle due società per azioni italiane Mediolanum spa e Banca Mediolanum spa, che hanno in mano rispettivamente il 44 e il 48 per cento dell’operatore irlandese del risparmio gestito. Il flusso di dividendi da Dublino è stato costante nel tempo: i 315 milioni appena arrivati si sommano ai 235 entrati nelle casse del gruppo nell’ottobre 2014 e ai 200 dell’ottobre 2013, per un totale di 750 milioni nel giro di tre anni.
Una cifra davanti alla quale impallidisce persino il super contenzioso fiscale italiano con cui il gruppo Mediolanum deve fare i conti da un po’ di anni e che ruota intorno proprio alla società del risparmio gestito nordeuropea. Al centro delle contestazioni delle autorità ci sono le cosiddette retrocessioni, vale a dire la quota parte di commissioni realizzate sui fondi irlandesi che viene girata alle due società italiane Mediolanum Vita spa e Banca Mediolanum spa e sulla quale si pagano le tasse qui. Una porzione, a detta dell’Agenzia delle Entrate, troppo bassa. In altri termini, sono troppo esigue le imposte pagate qui e troppo elevate, in proporzione, quelle versate a Dublino, dove è noto che il regime fiscale è più accomodante.
La notizia dei guai con l’Agenzia delle Entrate del gruppo di Ennio Doris e Silvio Berlusconi, con quest’ultimo che conferma di avere una certa consuetudine coi problemi fiscali, era balzata agli onori delle cronache finanziarie nell’aprile del 2013. Allora, tra mancate tasse e sanzioni, si chiedevano a Mediolanum 344 milioni, cifra che a fine 2014 era già lievitata a 500 milioni. La società, dal canto proprio, si è sempre difesa bollando l’analisi dell’Agenzia delle Entrate come “illegittima e comunque errata nei presupposti”. Tuttavia, ritenendo nello stesso tempo “probabile” l’eventualità di dover aprire il portafogli e versare soldi al fisco italiano, Mediolanum, partecipata con una quota di minoranza anche da Mediobanca, a fine 2014, ha messo da parte nel bilancio 94,1 milioni. Una cifra calcolata con l’aiuto di un consulente esterno sulla base dell’ipotesi che le commissioni su cui pagare le tasse in Italia non debbano superare il 60 per cento dell’ammontare complessivo (il che significa che Mediolanum fino a oggi deve avere trasferito dall’Irlanda una percentuale ben inferiore).
Lo scorso marzo Massimo Doris, figlio di Ennio e vicepresidente del gruppo, si era detto “fiducioso” che la cifra accantonata fosse sufficiente per risolvere il contenzioso entro fine anno. Il tempo stringe: siamo a novembre e dall’ultima trimestrale di Mediolanum, al 30 settembre, emerge che la cifra stanziata a bilancio per fare fronte ai guai col fisco è salita a 107 milioni.
In pratica, oggi il gruppo guidato dall’amministratore delegato Ennio Doris, grazie anche alla procedura amichevole prevista dalla Convenzione arbitrale europea, conta di chiudere la questione sborsando poco più di 100 milioni sui 500 domandati dall’Agenzia delle Entrate. Se così fosse, non dovrebbe trattarsi di un’impresa titanica, visto che dall’Irlanda, appena a ottobre, sono entrati nelle casse del gruppo dividendi per 315 milioni. E anche nel caso estremo in cui Mediolanum dovesse versare al fisco tutti i 500 milioni richiesti tra mancate tasse e sanzioni, sarebbe in ogni caso una cifra inferiore ai 750 milioni di cedole arrivate in tre anni da Dublino. Le gioie irlandesi sembrano ben maggiori delle sofferenze.