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 2015  novembre 09 Lunedì calendario

Fenomenologia dell’Inter di Mancini, la capolista da 1-0 fisso

Brutta? Bella? Lasciamo stare. Sbagliavamo categoria. Per inquadrare correttamente l’Inter di Mancini, la squadra più anomala e curiosa del campionato, non serve l’Estetica, ma la Metafisica. I nerazzurri rimandano direttamente ai filosofi presocratici che ricercavano l’essenza nascosta sotto l’apparenza effimera della cose, l’elemento ultimo che sta alla base del tutto. Per alcuni era l’acqua, per altri l’aria, per altri il pensiero... Per definire l’Inter serve uno sforzo simile perché l’apparenza inganna. Il guscio tattico, per esempio, dice poco. Il Napoli è caratterizzato intimamente dalla sua forma. Il Napoli è il suo 4-3-3, è il movimento degli esterni, è Higuain che detta la profondità, è la geometria di Jorginho, è il pressing a stantuffo di Allan. Vedi il Napoli e lo riconosci. L’Inter no. Può essere mazzarriana come ieri, come tre difensori e due terzini in fascia; ma anche a rombo con Perisic tra le linee; oppure può aprirsi a ventaglio con tridenti offensivi: 4-2-3-1, 4-3-3. All’altezza della dodicesima giornata non sappiamo ancora quale sia il vero schema di riferimento di Mancini che ama specchiarsi nell’avversario, come ha fatto con Roma e Torino. Tatticamente oggi l’Inter ha la forma dell’acqua (cara a Talete) che si adegua al contenitore. Al momento è quasi impossibile definirla anche attraverso gli uomini guida. La Roma è la qualità di Pjanic applicata alla velocità delle frecce offensive. Il Napoli? Beh, non serviva il gol numero 200 per scoprire quanta parte della squadra di Sarri sia Higuain. Il bel Milan visto con la Lazio si è squagliato immediatamente senza la qualità di Bonaventura e Bertolacci. Per questo Berlusconi è deluso da Mihajlovic che non ha ancora dato al Milan una forte identità di gioco, indipendente dalle giocate individuali. Sassuolo e Atalanta invece ce l’hanno e per questo si sono meritati i legittimi complimenti di Silvio a San Siro. Perisic, Ljajic e Brozovic sono stati tra i migliori con la Roma? Tutti e tre in panca ieri. In panca, con la Roma, ci sono finiti anche Icardi, il capitano, il capocannoniere in carica, e Kondogbia, l’acquisto più caro. Chi può dire chi siano i terzini titolari? Sembra che Mancini faccia apposta a cambiare spesso per non dare il riferimento di una formazione fissa. Ma allora, senza una forma tattica, senza volti fissi e riconoscibili, che cosa diavolo è questa Inter in vetta al campionato? È un’idea, appunto. È una filosofia di calcio, è il principio fondamentale che sta alla base di tutte le mutazioni di schemi e di giocatori, come l’apeiron, sostanza indefinita, che Anassimandro vedeva alla base dell’esistente. Ostinata protezione della propria porta, occupazione muscolare degli spazi, sincronia di squadra, controllo del gioco, solidale disponibilità al sacrificio, sazietà di un 1-0: questo è oggi l’Inter nella sua intimità, al di sotto degli schemi e delle facce che cambiano. Gli elementi magici (terra, aria, acqua, fuoco): Handanovic, Miranda, Murillo, Medel. Mancini non può prescindere da loro e attorno a loro costruirà l’Inter che verrà. Che sarà più bella. Come la straripante Fiorentina di Sousa è già. Ieri è sbocciato Kondogbia, ora sono attesi i veri Perisic, Jovetic e i gol di Icardi. Mancini segnava di tacco e veste cachemire: non può accontentarsi del gioco attuale. Lo ha confessato ieri: «Non è il mio calcio, ma per ora devo vincere così». Anche lui attende che la Metafisica diventi Estetica.