Il Messaggero, 9 novembre 2015
Decifrare l’alfabeto Maya col cellulare. Secondo Rui Hu, ricercatrice universitaria di Losanna, una volta completata la digitalizzazione dei geroglifici un algoritmo potrebbe svelarci il contenuto dei testi della civiltà precolombiana (e non solo)
Al diavolo gli scaffali polverosi di Cambridge e gli infinitii dibattiti tra archeologi. Tra qualche tempo potremo decifrare le lingue morte con uno smartphone, semplicemente fotografandole. Forse è una visione un po’ ottimistica e ci vorrà qualche tempo ma secondo la ricercatrice Rui Hu del polo universitario EPFL di Losanna il futuro è scritto negli algoritmi che sta elaborando: «Combinando il lavoro degli esperti Maya con gli strumenti tecnologici moderni, siamo in grado di fare dei progressi affascinanti, che porteranno alla traduzione automatica di lingue morte. Qualcosa di simile a Google Translate per gli storici».
UNA LINGUA OSCURA
Sotto osservazione ci sono glifi e simboli della civiltà Maya, ancora oscura nonostante quella parlata sia ancora utilizzata, dopo quasi 5000 anni, da milioni di persone che popolano l’area centroamericana. Mel Gibson, ad esempio, nel suo film “Apocalypto”, ha utilizzato il Maya Yucatano, in voga tra gli abitanti della penisola messicana dello Yucatan. La scrittura ha però subito un destino diverso. In gran parte è andata distrutta durante le conquiste spagnole del 16° secolo e sono disponibili soltanto tre codici conservati religiosamente nei musei di Dresda, Parigi e Madrid. Questi documenti contengono dati preziosi per i ricercatori, ancora a caccia del significato di circa il 15% dei simboli. Inoltre, secondo gli esperti, il degrado dei reperti, le evoluzioni storiche e una particolare creatività delle popolazioni precolombiane, ha generato confusione nella traduzione dei blocchi di scrittura, dove l’associazione di simboli simili può offrire interpretazioni diametralmente opposte.
UN DATABASE DIGITALE
I ricercatori, in stretta collaborazione con gli specialisti di scrittura Maya, hanno analizzato migliaia di segni geroglifici e simboli che possono rappresentare un suono o un significato più articolato e complesso. «Ogni immagine racconta una storia – sottolinea la dottoressa Rui Hu – e a volte siamo in grado di capirle solo grazie all’aiuto di indios che ancora oggi parlano questo linguaggio». Grazie al lavoro congiunto tra esperti di riconoscimento digitale e di scrittura Maya, le rappresentazioni dei geroglifici trovati nelle tre opere conosciute stanno venendo catalogate digitalmente. Gli storici saranno quindi in grado di utilizzare questo strumento per identificare rapidamente un geroglifico e il suo significato, e di capire quali sono le combinazioni più comuni di simboli osservabili sullo stesso blocco di testo.
Questo progetto interdisciplinare alla fine porterà a realizzare un database online che la comunità scientifica sarà in grado di utilizzare per la ricerca, confrontare e annotare i testi e svelare i segreti della scrittura Maya e di altre lingue perdute.