Il Sole 24 Ore, 8 novembre 2015
Il primo rialzo della Fed arriva dopo che, nel mondo, i tassi sono stati tagliati 626 volte. Ecco i tre motivi per cui l’aumento del costo del denaro Usa dovrebbe preoccuparci
Se la storia si ripetesse, il rialzo dei tassi da parte della Fed non dovrebbe preoccupare. Anzi. In tutte le precedenti occasioni in cui la banca centrale Usa ha aumentato il costo del denaro, dopo un primo sbandamento, i mercati finanziari hanno infatti regalato buone soddisfazioni agli investitori. Eppure questa volta la storia potrebbe non ripetersi. Il contesto globale in cui la Fed si appresta a rialzare i tassi, infatti, è così diverso da quello del passato che è difficile fare previsioni.
Questo primo rialzo arriva infatti dopo anni in cui le banche centrali di tutto il mondo hanno stampato migliaia di miliardi di dollari per sostenere l’economia. Arriva dopo che, nel mondo, i tassi sono stati tagliati 626 volte. Arriva in un momento in cui i mercati sono, potenzialmente, afflitti da bolle speculative. Oggi il mondo ha caratteristiche inedite. Morale: ci sono almeno tre motivi per preoccuparsi, forse non al primo mini-rialzo dei tassi ma a quelli futuri.
Il primo è legato proprio allo stato dei mercati finanziari: dopo anni di denaro facile, sono assuefatti alle politiche monetarie espansive. Calcola David Roche di Indipendent Strategy che dall’inizio del quantitative easing della Fed (fine 2008) a Wall Street le aziende hanno aumentato gli utili dell’82,7% e i multipli di Borsa del 52,1%, in Europa hanno ridotto i profitti del 14,9% ma i multipli sono cresciuti del 114,7% e in Giappone le percentuali sono pari a 39,1% e 102,7%. Questi numeri hanno un significato ben preciso:?escludendo gli Usa, nel mondo le super-iniezioni di liquidità hanno fatto salire più i prezzi di Borsa che i profitti aziendali. Questi numeri, insomma, dimostrano che le quotazioni di Borsa si sono scollate dalla realtà. La domanda è ovvia:?quando i tassi (Usa e non solo) saliranno, il ritorno alla realtà sarà traumatico?
Il secondo motivo per preoccuparsi è legato ai Paesi emergenti. Nei precedenti rialzi dei tassi Fed, dagli anni 80 ad oggi, le loro Borse erano state le più favorite: mediamente, in tutte le fasi restrittive, avevano guadagnato il 18,9%. Ma questa volta sono proprio i Paesi emergenti ad essere vulnerabili. L’immensa quantità di moneta stampata negli anni dalla Fed è infatti finita nei loro mercati, favorendo l’indebitamento delle loro aziende e le bolle speculative. Dal 2008 ad oggi, il credito bancario alle imprese nei Paesi emergenti è aumentato dal 75% del Pil a oltre il 100%. Il problema è che molti di questi debiti sono in dollari: alzare i tassi Usa, dunque, potrebbe strozzare molte imprese emergenti.
Il terzo motivo è legato alla illiquidità dei mercati, soprattutto obbligazionari. Sembra paradossale, ma nell’era delle immense iniezioni di moneta da parte delle banche centrali, i mercati sono illiquidi. La nuova regolamentazione che ha colpito le banche, infatti, ha reso sconveniente l’attività di «market making»: le banche d’affari, dunque, non garantiscono più come una volta la liquidità sul mercato secondario dei bond. Morale: il mondo è pieno di obbligazioni, ma se un giorno tanti investitori volessero venderle si accorgerebbero che non c’è nessuno che le acquista. Non c’è nessuno che «fa il mercato». Questo rischia di aumentare la volatilità e il panico, qualora qualcosa andasse storto.