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 2015  novembre 09 Lunedì calendario

Gli inizi con Godard e la Bardot, le tante vite vissute e sognate, la memoria “bucata”. Michel Piccoli si racconta, alle soglie dei 90 anni

Michel Piccoli non ha perso niente della sua imponenza. Basta vederlo camminare per le strade vicino alla Bastiglia, dove abita con la moglie Ludivine Clerc, con la testa sempre alta, lo sguardo di un rapace un po’ malandrino, una presenza poetica anche sul marciapiede, che sembra aspirare tutta l’aria intorno. Non ha perso l’imponenza Michel Piccoli, ma perde la memoria. Ogni giorno un pezzetto. Lo ha voluto raccontare lui stesso, adesso che ancora lo sa fare, in un libro piccolo, bellissimo, scritto a quattro mani con Gilles Jacob, amico ed ex direttore del festival di Cannes: J’ai vécu dans mes rêves, ho vissuto nei miei sogni, appena pubblicato da Grasset.
Un’autobiografia, una confessione, tanti ricordi, preziosissimi non solo per lui, ma per un bel pezzo di storia del cinema. A dicembre, il 27, compirà 90 anni. L’ultima volta sulla scena è stato nel 2009, in Minetti, di Thomas Bernhard. È la storia di un attore vecchio, che la sera dell’ultimo dell’anno va dal direttore di un teatro a chiedergli di «recitare Lear, ancora una volta, una sola, e poi basta per sempre». Da allora, sei anni fa, basta.

STIZZA
«Ho la memoria bucata» scrive, e pare di sentirlo sorridere, con più stizza che tristezza. Perché nostalgia, malinconia, il patetico poi, per carità, nemmeno sfiorano Michel Piccoli. Pare di sentire la sua voce appena arrochita dall’età, un po’ esitante, così familiare, sulle pagine del libro quando scrive del suo mestiere, duecento film: «Vorremmo che non finisse mai, ma invece un giorno finisce… è durissima». Oggi, quando ancora dar vita a un testo rappresenta «un piacere inimmaginabile». Con semplicità ci annuncia che «la memoria si degrada: sono vittima di questa catastrofe per un attore». E che «a volte mi sento benissimo, e mi fa molto arrabbiare di non poter più recitare perché dottori e assicurazioni rendono molto complicata la decisione di ingaggiarmi».

CONTRO MODELLI
Ma nella sua autobiografia Michel Piccoli parla in fondo poco di sé e molto dei suoi mille incontri. Il primo mancato, quello con un fratello morto prima che nascesse: «Sono nato per caso e per compensare» racconta entrando subito nel vivo della questione. I genitori, entrambi musicisti «senza passione», furono i suoi grandi «contro modelli». Il teatro fu subito la vita, «il desiderio di andare a respirare altrove». E «Il disprezzo» di Godard fu il vero inizio di tutto. Era il 1960, «non esistevo, ero un attore poco conosciuto… Il Disprezzo mi ha regalato i più bei momenti che ho mai potuto vivere con un regista e con i miei partner. Tutti, Fritz Lang, Bardot, la squadra dei tecnici, lavoravamo con gioia, ma anche con eccezionale rigore. È raro che un film susciti allo stesso tempo tanta felicità e tanta concentrazione».
La memoria non è bucata quando ricorda Brigitte Bardot: «Non l’avevo mai incontrata prima di cominciare le riprese, fui incantato dalla sua innocenza e dalla sua spontaneità. Era davanti alla camera come nella vita, un’attrice semplice, che non si dava nessuna aria di star. Era molto disciplinata nel lavoro, sempre puntuale, conosceva a perfezione tutte le battute… Anche se a volte si meravigliava da sola di aver accettato di partecipare a quel film, era affascinata dall’opera e da quel terribile Godard, che ammirava tanto».

LE ATTRICI
Tante attrici ci sono nella memoria di Piccoli, forse tutte. Tra queste Romy Schneider, incontrata nel ’69 sul set de L’amante di Claude Sautet: «Radiosa e magnifica… ma ho capito subito che non riusciva a essere felice, non capiva quello che si doveva fare». E poi Juliette Greco, la seconda moglie. Racconta con leggerezza il colpo di fulmine, la fine dell’amore: «Quando l’ho vista, mi sono detto: che sta succedendo? Straordinario! Meraviglioso! E poi un giorno mi ha detto: “vattene”, praticamente così. Che dolore. Almeno per me». Adora Gerard Depardieu, «che genio, che inventore! È pazzo, è la sua forza», ma sopra tutti ha amato, venerato Marcello Mastroianni: «Diceva spesso davanti a me: ’fare l’attore? non servono tanti gargarismi, basta fare, ed è fatta’».
Della vita cosiddetta privata dice poco, ma tutto, anche il più difficile. Ha una figlia, Cordelia, che non vede più: «Non è facile parlarne perché ci siamo allontanati e ignoro come stia. Non ci vediamo da tanto tempo, so soltanto che ha avuto tre figli». Ha altri due figli che ha adottato con Ludivine: Inord e Missia.

SORPRESE
I soldi non sono importanti. È stato ricco, e anche senza un soldo. Sa e ricorda di aver vissuto tante vite. Di averne sognate anche: «Sognare altre vite era il mio mestiere. Bisognava piacere, sorprendere, suscitare interesse. Ho fatto tante cose molto diverse, stravaganti, manipolatrici anche. Il mio lavoro è vivere delle belle vite». La morte non è un argomento: «Diciamo che tendenzialmente preferirei… scomparire. Mi piacerebbe evitare di morire, ecco».
Un’ironia di grande leggerezza e severità lo accompagna sempre. Ci piace ricordare uno stupido tentativo di intervista, per chiedergli un’opinione sulle dimissioni di un Papa, a lui che lo aveva preceduto al cinema: «Ma mi viene un dubbio, voi giornalisti lo avete capito che si trattava di un film?».