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 2015  novembre 09 Lunedì calendario

Carina, biondina, con bellissimi occhi chiari. Aveva 11 anni e ieri s’è buttata giù dal balcone

«Mamma, non mangio. Anzi, vado sul balcone...». Sono state queste le ultime parole di Anna, 11 anni, da tempo malata di anoressia. Ha scelto di morire così, lanciandosi nel vuoto dal balcone al terzo piano del condominio in pieno centro a Torino. L’ambulanza del 118 ha trasportato la bambina al pronto soccorso del Regina Margherita, ma i medici hanno potuto fare nulla per salvarla.
Anna era una ragazzina carina, biondina, con bellissimi occhi chiari. Un viso spento dall’anoressia, che le toglieva la voglia di comunicare. La mamma è insegnante, il papà medico. Anna era la loro unica figlia. Hanno seguito la bambina in ogni modo. Tutti i giorni, la mamma portava e andava a prendere Anna a scuola. Negli ultimi tempi, i genitori avevano anche deciso di trovarle una «tata» per non lasciarla sola, ma anche per spingerla a parlare, a socializzare con qualcuno più vicino alla sua età. Era iscritta alla prima media, i risultati erano buoni e le piaceva andare a scuola.
Il male che le rodeva l’anima l’aveva presa tempo fa. L’anno scorso, Anna era stata addirittura ricoverata per tre mesi al Regina Margherita. E in ospedale c’erano bambini anche più piccoli di lei, con gli stessi problemi. Aveva frequentato le lezioni scolastiche organizzate in ospedale, aveva completato l’anno senza problemi. Ma soprattutto, al Regina Margherita era più facile combattere l’anoressia. Medici e infermieri potevano sottoporla a cure, somministrare sostanze che sostituivano il cibo. Quando era necessario, l’alimentavano in modo forzato.
Ma Anna non poteva restare in ospedale, doveva affrontare la vita. Sembrava che riuscisse a farlo, anche se pareva peggiorata in modo progressivo nell’ultimo anno.
I genitori hanno fatto di tutto per lei. Hanno cercato di stimolarla con vacanze al mare o in montagna, le stavano vicino. «Le avrebbero anche dato la luna se soltanto l’avesse chiesta» racconta una vicina. Qualche volta, andava a giocare in cortile. Da sola. Le piaceva il pallone. Faceva persino tenerezza vederla inseguire la sfera senza nessun contendente, senza un compagno di giochi. Ma Anna era così, riservata e chiusa. I genitori cercavano di farla aprire al mondo. Con tatto, ma soprattutto era importante non lasciarla in balìa di se stessa. Ieri sera, con lei c’era la mamma.
La tragedia è avvenuta all’ora di cena. Erano le 19,30. La mamma voleva far mangiare qualcosa alla figlia, ma lei non ne volava sapere. Nessun litigio, nessuna discussione. Soltanto, Anna ha rifiutato il cibo. Il balcone di quella palazzina ha una ringhiera che a un adulto arriva alla cintura. È fatta come una scala a pioli, facile da scavalcare. Un attimo e Anna era sul selciato, davanti ai garage, tre piani più in basso.
I vicini e i custodi hanno udito il tonfo, sono accorsi, hanno chiamato il 118. Quando è arrivata l’ambulanza, la bambina respirava ancora. I soccorritori hanno tentato la corsa disperata al Regina Margherita, lo stesso ospedale dove l’anno scorso erano riusciti a tenerla in vita, a curare quel male di vivere che passava dalla privazione del cibo. Questa volta, hanno potuto fare nulla.
Nel cortile sono arrivati anche i carabinieri della Scientifica, per i rilievi. Altri colleghi hanno parlato con la mamma di Anna, in ospedale. Dovranno ricostruire la dinamica del suicidio, individuare le cause, raccogliere tutti gli elementi per consentire alla procura di valutare l’episodio. La storia di Anna ha lasciato tutti senza parole nella palazzina dove la bambina è nata. Papà e mamma vivevano lì prima che lei venisse al mondo. Tutti l’avevano vista crescere. E avevano visto i suoi occhi spegnersi, giorno dopo giorno. Impotenti.