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 2015  novembre 09 Lunedì calendario

Il capolavoro di Marc, joker pieno di rancore

Ha una faccia da cinema. Linda, fanciullesca e vispa. Ha un sorriso da Joker. Permanente, inquietante. Che sia anche ingannatore, Batman come Valentino l’hanno compreso in clamoroso ritardo. Il che la dice lunga sulle qualità di Marc Marquez, spiccate e diverse. Velocità. Talento. Simpatia. Una attitudine marcata per la regia. Di questo Mondiale certamente. Per il quale ha scritto la sceneggiatura dentro una caverna dell’anima, dove l’odio forma una pozza talmente scura da non permettere alcun distinguo. È Rossi che mi ha cacciato fuori da questa avventura. Rossi che mi ha scaraventato a terra in Argentina. Rossi che mi ha spintonato ad Assen. Rossi che mi toglie il sole, che mi mortifica, mi esaspera. Buio il contesto, libero il rancore. Nessuna possibilità di guardare a se stesso come responsabile di una sola disavventura. Il telaio Honda sbagliato e cambiato in corsa? Macché. Valentino, Valentino, Valentino. Un copione, dunque, con una serie di mosse studiate e gestite, quelle sì, con il talento del fuoriclasse. Colpi leggeri del freno, tocchi impercettibili sul gas. Un ritmo che impazzisce e fa impazzire l’altro senza che nessuno – salvo l’altro, appunto – se ne accorga. È stato bravo, il piccolo Marc. Dalla sceneggiatura è passato alle scene dal vivo. In Australia. In Malesia. A Valencia. Con un dosaggio calibrato eppure svelato da Rossi, messo in piazza. Abbastanza da svegliare, se non altro, la platea. Noi. Improvvisamente capaci di intuire uno scarto, uno sgarbo, una anomalia, tutta roba che nessun giudice di gara, nessun tecnico federale ha voluto misurare davvero. Il film, del resto, un capolavoro. Mai un atto plateale. Premeditazioni. Raffinatezze. Aggressivo come una bestia nei pressi di Rossi a Sepang. Docile come un bambino nei pressi di Lorenzo a Valencia. Beh? Provateci ad accusarmi. A togliermi questa gioia feroce e segreta. Parla e sorride Marc. Ostenta la sua innocenza, la sua vittoria. Il Joker non abbassa lo sguardo. Non percepisce ancora, quanto siano diverse le classifiche della vita da quelle delle corse. Tocca abbassarlo a noi, lo sguardo, per non fare da specchio, per scappar via da quella maschera, dall’inganno perfetto nel quale siamo caduti tutti, impotenti e persino impauriti.