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 2015  novembre 09 Lunedì calendario

Happy Days e l’ossessione della sinistra

Già la faccia triste di Stefano Fassina spiega molte cose, ma l’ossessione della sinistra radicale per Happy Days ha qualcosa da psicologia del profondo. Com’è noto, il debutto di Si, il nuovo soggetto politico nato da Sel ed ex Pd, è stato suggellato da una frase storica di Fassina: «Sinistra italiana ha una proposta di governo alternativa al liberismo da Happy Days del segretario del Pd».
Perché la sitcom americana è un incubo per la sinistra che si vuole dura è pura? Aveva cominciato Nanni Moretti in Aprile. Mentre assiste allo sbarco di albanesi sulla spiaggia di Brindisi, si duole per l’assenza dei dirigenti della sinistra: «Io me li ricordo alla Fgci, sono cresciuti vedendo Happy Days. È la loro formazione politica, morale, culturale».
Anche Jovanotti si era unito al coro, rammaricato che sua figlia avesse avuto un’infanzia tv più felice della sua: «Noi avevamo Happy Days che, diciamolo, era una vaccata». Anche Carlo Freccero, che adesso si veste da Fonzie (come Renzi dalla De Filippi!), ha sempre avuto dei dubbi sul carattere ribelle del suo eroe inconscio.
Happy Days affronta i problemi di una qualsiasi famiglia americana piccolo-borghese: dalle incertezze economiche a quelle adolescenziali, dai primi amori alle cattive compagnie. Non c’è contestazione, né cattiveria: l’amore è ancora un sentimento, l’amicizia un valore, la moto un oggetto leggendario, il giubbotto di pelle solo un vezzo; la middle class vive la sua apologia in maniera felice.
Con un linguaggio che ha reso la sitcom un classico istantaneo, Happy Days s’incarica attraverso Fonzie di rappresentare una sorta di devianza temperata (dietro la quale però si nasconde l’uccisione simbolica del padre). Nelle storie l’uccisione del padre è un topos fatale; nella sinistra radicale, invece, una tristezza cosmica impedisce sempre di fare i conti con il passato. “Unhappy Days”, ora e sempre.