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 2015  novembre 08 Domenica calendario

Renzi parla di Bologna e di Sinistra Italiana. «I prodotti di due sconfitte»

Li chiama «ripiegamenti organizzativi». Espressione elegante e tenue per evitare di utilizzarne un’altra più dura e contundente: riorganizzazione di truppe sconfitte.
Ma è precisamente questo quel che il presidente del Consiglio Matteo Renzi pensa della fondazione di «Sinistra italiana» e del discusso raduno bolognese che oggi vedrà Silvio Berlusconi «ostaggio» sul palco leghista del giovane Salvini.
«Destra e sinistra – dice il premier – hanno passato l’ultimo anno ad assaltare il governo con ogni tono e ogni mezzo. Non ce l’hanno fatta: e dunque oggi indietreggiano, serrano le file e si riorganizzano».
Strana chiacchierata, però, questa sorta di analisi di quel che accade che il segretario-presidente concede alla fine di una di quelle mattinate in cui, nonostante tutto, Roma ti sembra bella come in un film. Strana perché segnata dall’allegro nervosismo per la sconfitta subita alla play station dal figlio (3 a 0 in una partita di calcio: perché non è che tutti sono scarsi come Orfini...); e forse inedita, visti certi toni un po’ crepuscolari e certamente insoliti per un leader che ama mostrarsi sempre in sella e lancia in resta: ma di questo diremo poi.
«Cose» variopinte
Dunque: una «cosa rossa» che nasce a sinistra del Pd ed una «cosa verde-tricolore» che sembra poter cambiare i connotati del centrodestra. Quanto teme queste novità Matteo Renzi? «Mettiamo le cose nel loro ordine, intanto, per capire con che cosa abbiamo a che fare. Di fronte c’è, prima di tutto, una pesante sconfitta di Salvini. Mesi fa, a Ponte di Legno, lanciò il “blocca Italia”: il 6, il 7 e l’8 novembre – disse – bloccheremo il Paese contro il governo. Sto monitorando quel che accade in giro per l’Italia, e l’unico blocco di cui mi dicono – onestamente – è quello intorno alla scaletta degli interventi dal palco di Bologna... L’iniziativa di Salvini è fallita. Ed è fallita perché la parola d’ordine era sbagliata: questo Paese non va bloccato, ma spinto avanti e rilanciato».
Renzi distingue, però: una cosa è Berlusconi, un’altra – assai diversa – la Lega. Con l’ex Cavaliere usa toni morbidi, quasi comprensivi, e non considera né scontata né definitiva quella che a molti è apparsa come una resa alla linea ed agli slogan di Salvini. «Stanno tentando di risistemarsi in qualche modo – spiega Renzi – ma l’Italia moderata non seguirà Berlusconi, se l’approdo dovesse essere la subordinazione a quelli del Carroccio. Credo che il leader di Forza Italia stia cercando di capire quanto vale e quanto pesa nel confronto con Salvini: da quella parte è tutta una gara di equilibri e mosse per registrare chi è il più forte. Ma vedrete che Berlusconi capirà in fretta di aver preso una strada lungo la quale il suo elettorato non lo seguirà».
Quel che accade a destra, dunque, non sembra preoccupare il premier: soprattutto in ragione del profilo e dell’identità leghista: «Con la sua linea xenofoba e a tratti violenta – aggiunge – è come se autoimponesse un tetto ai possibili consensi. La sua dimensione è tra il 10 e il 12 per cento, non è mai andata oltre e difficilmente ci andrà...». Diverso il ragionamento, invece, rispetto a quel che accade alla sua sinistra. «Sinistra italiana», infatti, nasce grazie anche a un po’ di parlamentari che hanno abbandonato il Pd, il partito di cui è segretario. Deluso? Preoccupato? arrabbiato?
Auguri a Sinistra Italiana
«Intanto auguri: non li considero nemici del popolo – spiega il premier – come io non vorrei esser considerato un attentatore della democrazia. Sono dei nuovi competitor – dice Renzi – quindi li rispetto e non li prendo sottogamba. Detto questo, è evidente che anche la loro iniziativa è il prodotto di una sconfitta, e che quel che accade è una riedizione di quanto già avvenuto in passato a sinistra, con Bertinotti prima e con Vendola poi... Certa sinistra ha passato un anno ventre a terra contro di me e contro il governo: non c’era piazza dove la Fiom non mi aspettasse per chiedere lavoro, in Parlamento hanno fatto aventini e votato contro ogni nostro provvedimento, sono stato accusato di attentare alla democrazia – e secondo alcuni ci sono stati più attentati che giorni di pioggia... – e hanno messo in campo uno sciopero generale come non ne facevano da anni... Quando attaccano “Happy Days” non lo fanno perché si sentono lontano da Fonzie, ma perché si sentono lontani dalla felicità. Senza scomodare la costituzione americana e la filosofia politica, io invece credo che la felicità sia l’orizzonte politico da dare agli italiani».
La domanda sottintesa naturalmente è: e cos’hanno ottenuto? «In un video in inglese che sta preparando, Padoan, fa due conti e certifica 400 mila occupati in più – risponde Renzi -. L’Italia è il Paese che sta crescendo meglio e più in fretta degli altri: ed ha recuperato credito e rispetto non solo sul piano dei conti economici ma anche su quello internazionale. Vorrei solo che si ricordasse dov’eravamo ancora un anno fa... Ecco perché la nascita di “Sinistra italiana” è la certificazione di una sconfitta: la loro. Ed è anche la prova del fallimento del lungo assalto teso a screditare me ed a far cadere il governo. Ora facciano come credono, ma se pensano di poter intercettare magari i delusi dal Pd, credo abbiano sbagliato i conti: il contenitore di quella delusione non sono loro, ma Grillo ed i suoi cinquestelle».
Fiducia ritrovata
Ma non è un addio che non lasci segni. «Porto sulla pelle le offese e gli insulti subiti in quest’anno – dice Renzi -. Ora spero che le cose possano cambiare...». L’interrogativo, naturalmente, riguarda il tipo e la qualità dei rapporti che Pd e Sinistra italiana decideranno di costruire. È scontata, per esempio, una loro alleanza in vista delle amministrative di primavera? «Di scontato non vedo niente – avverte Renzi -. Nemmeno per quel che riguarda il voto nelle città. Lo dico perché vedo che a Torino avrebbero deciso di non sostenere la ricandidatura di Piero Fassino, forse il miglior sindaco italiano. E se cominciamo così, non capisco di che alleanza stiamo parlando...».
Si sente dunque tanto forte, Renzi, da pensare di poter far da solo? Onestamente: non lo diremmo. Non deve essere per caso, infatti, se nella lunga analisi degli avvenimenti il premier-spaccone, il leader bulimico e narciso, ad un tratto lascia cadere una frase così: «Sì, lo so di aver perso un po’ di consenso negli ultimi tempi, ma capita quando governi in situazioni difficili e ti tocca far scelte a volte dolorose. Ma sono contento di quest’anno di lavoro: abbiamo prodotto riforme assai significative, il Paese è di nuovo in piedi, ha ritrovato fiducia e la scossa di cui aveva bisogno mi pare cominci a produrre risultati. Ora si guarda avanti, bisogna guardare avanti».
E cosa c’è avanti? Tanto lavoro, naturalmente. Ed un appuntamento capitale. Matteo Renzi chiude la chiacchierata così: «Più che alle amministrative, penso al referendum sulla riforma costituzionale. Manca giusto un anno. Sarà una battaglia dura perché avremo tutti contro, sia la destra che certa sinistra. Eppure sono convinto che ce la si possa fare. In ogni caso, è quello il mio spartiacque: se perdo, la mia corsa è finita. Ma questo è il futuro – conclude -. Per l’oggi dico: hanno tentato la spallata e hanno fallito. Siamo più forti che mai: e al referendum ci arriveremo con l’Italia fiduciosa, in crescita e finalmente di nuovo in moto...».