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 2015  novembre 08 Domenica calendario

Il delitto di Ancona. La famiglia per bene e il piccolo bullo che voleva rispetto

ANCONA. «Litigi su litigi… ma se il sentimento è vero nulla ci separerà». Quella frase affidata alla sua pagina Facebook il 17 maggio scorso appare oggi come il presentimento di un tragico epilogo. «Niente ci separerà», scriveva Antonio Tagliata sopra la foto che lo ritrae assieme alla sua ragazza in un tenero bacio adolescenziale. Lei è «la cosa più preziosa che potesse capitare», lei è «il tesoro più prezioso». Era un’ossessione la storia con quella ragazzina minuta. Una storia d’amore iniziata da oltre un anno. Un amore non semplice, fatto di litigi, di allontanamenti e di ritorni, come spesso accade a quell’età. Un amore che negli ultimi mesi si era consolidato, che era diventato forte e che però si andava sempre più infrangendo con il netto rifiuto dei genitori di quella ragazzina di 16 anni a cui la frequentazione con Antonio proprio non andava giù. Lo avevano detto alla figlia. Roberta e suo marito Fabio Giacconi le avevano parlato tante volte, le avevano spiegato che quel ragazzo non gli piaceva, che era troppo presto per imbarcarsi in una storia che rischiava di rovinarle la vita. Un bulletto di periferia che passa le sue giornate a far niente. Sempre a zonzo, anche se di guai non ne aveva mai fatti. Le avevano parlato a lungo, prima la madre e poi anche il padre. Ma niente, non c’era stato niente da fare. Antonio la aspettava spesso davanti a scuola. Quando usciva dall’Istituto Vanvitelli Stracca Angelini di via Trevi Umberto, lui c’era spesso. Di pomeriggio era tutto molto più difficile per la giovane coppia. Da quando i genitori di lei avevano scoperto che continuavano a vedersi non la facevano più uscire di casa. E così lui aspettava. Antonio si metteva seduto sul suo scooter e trascorreva ore e ore davanti al palazzo di via Crivelli. Spesso invano, spesso senza neppure riuscire a vederla se non per qualche istante.
Fabio Giacconi lo aveva affrontato più volte, inizialmente solo in modo fermo ma senza mai alzare la voce. Poi sempre più in maniera diretta e decisa. Ogni volta finiva che, tornando a casa, iniziasse a litigare con la figlia, a urlarle contro di lei: «Questa cosa deve finire». E prometteva punizioni sempre più dure: «Non esci più di casa», «finché c’è quello sotto tu te ne resti chiusa in camera». Urla che i vicini si erano ormai abituati a sentire, ma che non appartenevano al linguaggio e ai modi di quella famiglia perbene. Giacconi, un sottufficiale dell’Aeronautica Militare in servizio a Loreto, e la moglie Roberta Pierini, impiegata statale, erano una famiglia normale. Una giovane coppia di meno di 50 anni con quell’unica figlia da seguire e far crescere in una città come tante e in un quartiere dignitoso.
La scorsa settimana Giacconi e Tagliata erano arrivati quasi alle mani, si erano minacciati pesantemente ed erano volate parole grosse. Il ragazzo non l’aveva digerita, quella sparata. L’aveva detto agli amici più stretti. «Gli amici sono tutto», diceva sempre, «Rispetto per gli amici». E, forse, rispetto pretendeva anche lui. Pensava che quella ragazzina non poteva portargliela via nessuno. “Amore” e “rispetto”, parole giuste sulla bocca sbagliata. Forse per questo ieri mattina, stanco di aspettare ancora, ha suonato alla porta dei genitori della sua «cosa più preziosa». Voleva farla finita una volta per tutte, voleva chiedere per sé e per lei il”rispetto” che pensava gli spettasse. E se non glielo avessero dato, questa volta se lo sarebbe preso. Ancora parole grosse in quell’appartamento a due passi dalla sede della Regione Marche. Ancora urla, poi cinque o sei colpi di pistola in rapida successione. L’allarme dei vicini e l’immagine di due corpi riversi sul pavimento. Come sia saltata fuori quella calibro 9x21 ormai lo sanno soltanto Antonio e forse la ragazzina. Di certo c’è che è stato lui l’ultimo ad impugnarla. Lo ore successive i due le hanno trascorse con il cuore in gola. La fuga in motorino, l’idea di nascondersi lungo le strade secondarie e le vie meno battute. Le lacrime di lei che si è sentita braccata, e orfana, e in balia di quel ragazzo che forse amava ma che non potrà mai più vedere con gli stessi occhi di prima.
Li hanno fermati alla stazione di Falconara Marittima. Volevano fuggire, non si capisce ancora per dove e come. Forse contavano sull’aiuto degli amici o di qualche conoscente. Quando i carabinieri li hanno bloccati non hanno proferito parola. Confusi e spaventati, si sono fatti accompagnare in caserma come stessero vivendo un film. Fino a notte fonda sono stati sentiti dai magistrati. Per Antonio è arrivato un pm della Procura di Ancona, lei è stata affidata ad un magistrato dei minori. Sognavano di stare assieme perché «se c’è il sentimento nulla ci separerà», invece hanno scoperto che non sempre è così.