Corriere della Sera, 8 novembre 2015
Ricordo di von Rezzori
Ho sentito parlare di Gregor von Rezzori, scrittore, attore e artista. Mi ha sorpreso apprendere che parlava correntemente tedesco, italiano, romeno, russo, yiddish, francese e inglese. Benché avesse la cittadinanza austriaca, per un certo periodo fu addirittura apolide per i suoi continui spostamenti da una nazione all’altra. So che è morto in Italia e che conobbe molti vip in campo letterario e cinematografico. Potrebbe tracciarne un profilo?
Eluterio Pispoli
eluterio.pispoli@tiscali.it
Caro Pispoli,
Ho conosciuto Gregor von Rezzori nell’ultima fase della sua vita, quando passava una parte dell’anno in una casa della campagna toscana, in provincia di Firenze, e scriveva i suoi libri in una piccola torre medioevale. Fu scrittore di lingua tedesca, ma la famiglia aveva origini italiane e il suo nome alla nascita, nel maggio del 1914, era Gregor Arnulph Hilarius d’Arezzo. Parlava molte lingue perché la sorte e la professione del padre (un funzionario asburgico) lo fecero nascere in una delle città più poliglotte e «transfrontaliere» d’Europa. Quando il piccolo Gregor venne al mondo, Cernobil era capitale della Bucovina austriaca ed era una sorta di crocevia commerciale popolato da ucraini, romeni, russi, polacchi e austriaci, con una forte presenza ebraica.
Durante la vita di Gregor (per gli amici Grisha), la sua città natale cambiò nazionalità cinque volte. Divenne romena nel 1919, sovietica nel 1940, ancora romena nel 1941, ancora sovietica dopo il trattato di pace del 1947 e finalmente ucraina dopo il collasso dell’Unione Sovietica nel 1991. Anche von Rezzori, nel frattempo, cambiava nazionalità, faceva esperienze artistiche e letterarie, scriveva romanzi e sceneggiature, recitava in film e commedie, aveva grande successo nei salotti di Vienna e Berlino. Ma era e rimase, sino alla fine della sua vita, uno scrittore mittel-europeo, molto legato sentimentalmente alla città in cui era nato. Quando gli ucraini, negli anni Novanta, gli chiesero di tornare a Cernovcy (come si chiama oggi), per alcune riprese televisive, accettò con piacere. Ma anche con l’Italia aveva molti legami: la casa toscana, la collaborazione con il Giornale di Indro Montanelli e con il suo editore (agli inizi Guanda, poi Longanesi), la moglie italiana, Beatrice Monti della Corte, a cui si deve l’istituzione di un premio intitolato al suo nome che si assegna ogni anno a Firenze. La casa toscana e la torre sono divenuti una specie di ostello letterario, visitato e abitato per brevi periodi da scrittori che rendono omaggio alla sua memoria.