Corriere della Sera, 8 novembre 2015
Colalucci puliva con la spugna le facce della Cappella Sistina e quel genio di Agnelli commentava: «Divertente!»
L’idea di raccontare i quattordici anni trascorsi faccia a faccia con Michelangelo gli venne nel giugno del 2011 a Tiblisi, durante una lunga conversazione con Nikoloz Rurua, ministro georgiano della cultura. Gianluigi Colalucci rievocava con lui i ricordi legati al famoso restauro della Sistina e a un certo punto si sentì chiedere: «Ma lei ha scritto tutto questo?». Colalucci, che per tutti quegli anni aveva lavato con una spugna intrisa di acqua distillata i volti delle Sibille e dei Profeti e poi di Adamo ed Eva, del Padreterno che volteggia nel blu creando il mondo, dei probi e dei dannati nel Giudizio Universale, non l’aveva scritto. Aveva pubblicato tanti saggi scientifici su quella pulitura, che avvenne, centimetro dopo centimetro, sotto l’occhio costante e implacabile delle telecamere della NTV di Tokyo, sponsor dei lavori. Ma non aveva mai pensato di raccontare il suo confronto con la pittura di Michelangelo «così perfetta, così cerebrale, così ben strutturata dentro un disegno impeccabile, molto controllato, senza una sbavatura, un cedimento». Né aveva mai rivelato le emozioni provate nel corso del restauro che Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, oggi definisce «il più importante, più necessario, più filologicamente impeccabile e corretto del secolo», ma che nel 1980, dopo la pulitura dei primi tasselli, fu contestato da tanti studiosi e provocò una scia infinita di polemiche.
Il racconto di quegli anni esce ora nel libro intitolato «Io e Michelangelo. Fatti, persone, sorprese e scoperte del cantiere di restauro della Sistina», pubblicato da Edizioni Musei Vaticani e 24Ore Cultura. Colalucci descrive le reazioni degli studiosi che lo sostennero nell’impresa, André Chastel e Cesare Brandi, Carlo Pietrangeli e Fabrizio Mancinelli; e di quelli che lo criticarono, come Toti Scialoja che salì sui ponteggi e poi se ne andò senza salutare. Del suo amico Leonardo Sciascia «che però quasi non parlò». Di attori come Silvana Mangano, «turbatissima da quella visione e forse già malata», e Paolo Poli che «girava per il ponte contentissimo e mimava Michelangelo mentre dipingeva “coperto di gocciole”». Con Kissinger e Romiti arrivarono Gianni e Marella Agnelli: «Di Agnelli mi colpì il fatto che durante la spiegazione del dipinto, di tanto in tanto, diceva “Molto divertente, molto divertente”». Arrivarono i reali di Svezia, la regina di Danimarca e l’imperatore del Giappone: «Akihito venne accompagnato dalla consorte, Michiko, che portava quel solito cappellino a pizzetta. E siccome il ponteggio era davanti al Giudizio, qualcuno del seguito ci avvertì di non portare gli ospiti imperiali al piano dei dannati all’inferno e dei demoni». Margaret d’Inghilterra, «visitatrice abituale veniva ogni anno. Passava un’intera mattinata sul ponteggio guardando e riguardando figura per figura, parlando pochissimo e sottovoce con i suoi accompagnatori». Sofia di Spagna chiese a Colalucci come veniva fatta la pulitura. Lui rifiutò con cortesia, poteva lavorare solo davanti alla cinepresa dei giapponesi. «Ma lei insisteva nella sua richiesta e io nel mio diniego. A un certo punto l’addetto dell’ambasciata mi disse: “La regina non va via fino a che non ha visto la pulitura”. Che potevo fare? Presi gli strumenti necessari e pulii la metà della gamba di uno dei beati, e così poté andare via soddisfatta».
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