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 2015  novembre 07 Sabato calendario

Come primo atto da commissario di Roma Tronca ha cambiato la disposizione dei mobili nell’ufficio del sindaco. Stupore

Nessuno, per favore, dica più che i giornali servono a incartare il pesce. Senza il Corriere non sapremmo, per esempio, che Francesco Paolo Tronca, il superprefetto volato da Milano per salvare Roma, sta “demarinizzando il Campidoglio”. Il suo primo atto da commissario è a dir poco rivoluzionario: “Tronca ha cambiato la disposizione dei mobili nell’ufficio del sindaco, quello del famoso balconcino”. Perbacco. Se Marino, “come segno di ‘discontinuità’ da Alemanno, mise un divanetto nero, usò un altro ingresso e spostò la scrivania, non più girata a guardare (attraverso la lunga finestra) il Vittoriano, bensì rivolta verso i Fori”, con SuperTronca “la scrivania torna dov’era. Ragioni di sicurezza”. Corbezzoli. E qui la cronaca si tinge di giallo: “Pare che il sindaco sotto scorta, minacciato dalla mafia, abbia corso un bel rischio: essere esposto, in quella posizione, al fucile di precisione di un cecchino alla Lee Harvey Oswald, l’assassino (?) di Jfk. Solo che, prima di Tronca, nessuno se n’era accorto”. Hai capito il Tronca? Con quell’arietta dimessa da travet di provincia, ha intravisto il killer alla Lee Harvey Oswald alle sue spalle e, con agile balzo, ha spostato la scrivania, schivando astutamente i proiettili nemici. Il tutto senza ancora i 300 milioni e il Dream Team promessi da Renzi (#troncastaisereno). Roma è in buone mani.
Senza i giornali, poi, non sapremmo che la sentenza Mannino – assolto per non aver commesso il fatto con formula dubitativa – ha assolto anche gli altri imputati alla sbarra in Corte d’Assise e, già che c’era, ha pure cancellato la trattativa Stato-mafia. Per fortuna ce lo spiegano a edicole unificate tutti i meglio giuristi per caso, specialmente Emanuele Macaluso e Claudio Cerasa del Foglio, giornale pagato per vent’anni dagli ignari contribuenti e tuttora amministrato dall’ottimo ragionier Giuseppe Spinelli. La coppia, che sta alla cronaca giudiziaria come Gianni e Pinotto stanno all’astrofisica, sostiene che il processo Trattativa non è opera dei magistrati di Palermo, ma del Fatto Quotidiano che l’ha raccontato (come dire che il Mundial di Spagna 1982 non lo vinse l’Italia, ma Nando Martellini). Da queste menti finissime è troppo pretendere che capiscano la differenza tra un’assoluzione per non aver commesso il fatto e una perché il fatto non costituisce reato o non sussiste. Siccome anche Amanda Knox e Raffaele Sollecito sono stati assolti per non aver commesso il fatto, il trust di cervelli del Foglio sosterrà presto che, dunque, il fatto non esiste: cioè che il delitto di Perugia se lo sono inventato i pm, o che non era reato.
Pertanto: o Meredith Kercher si è suicidata, oppure è stata uccisa per legittima difesa.
Senza i giornali, non sapremmo neppure quant’è buono Mannino, e quante battaglie antimafia ha combattuto con grave sprezzo del pericolo. Per fortuna ce lo spiega sull’Unità turborenziana lo stesso Mannino, intervistato da Carmine Fotia, già cronista del manifesto e già direttore de Il Romanista, che gli strappa – dice lui – “squarci inediti”. Ma il primo inedito è farina del sacco di Fotia, convinto che l’ex ministro sia stato assolto “perché il fatto non sussiste”. La stessa minchiata sostengono, sul Messaggero, il sempre disinformatissimo professor Giovanni Fiandaca e, sull’Unità, l’allegra Claudia Fusani. Siccome non gradiscono la formula “non aver commesso il fatto” usata dal gup, la cambiano. I fatti separati dalle opinioni, nel senso che i primi non devono disturbare le seconde. Il primo squarcio inedito di Mannino è che “la Dc è stata sempre, dico sempre, un argine alla mafia”. Apposta aveva tra i suoi massimi dirigenti i mafiosi Ciancimino, Lima, Nino e Ignazio Salvo e il collusissimo Andreotti: usava gli infiltrati per arginarla meglio. Il secondo riguarda le stragi del 1992-’93: noi credevamo che fossero opera di Cosa Nostra e dei suoi consulenti, invece no: “c’era anche la mafia americana” e “non solo: magari anche quella orientale”. Certo, come no: la Yakuza giapponese e la Triade cinese, senza dimenticare i Lupi grigi turchi. Com’è che non ci abbiamo pensato prima?
C’è poi un genere giornalistico tutto speciale e unico al mondo: le anticipazioni-del-nuovo-libro-di-Vespa, annunciato come ogni anno per Natale, ma pubblicato a puntate per due mesi sui meglio giornali. Naturalmente non è stato ancora stampato, anzi corre voce che non sia stato neppure scritto: cioè che non esista proprio. Ma tutti, a furia di anticipazioni, si affezionano all’idea che l’insetto sia lì curvo sul computer a ticchettare. Lui in realtà fa tutt’altro: ogni giorno chiama un politico, si fa dire una cosa e la gira alle agenzie, che la girano ai giornali, che la mettono in pagina con strane formule. Tipo: “‘Il Ponte sullo Stretto si farà’. L’ha detto Renzi al libro di Vespa”. Un premier che parla con un libro? Sicuro di sentirsi bene? Quando poi l’opera finalmente esce, il pubblico si divide in due scuole di pensiero: quelli che non la comprano perché sanno già tutto dalle anticipazioni; e quelli che la comprano perché le librerie vuote fanno brutta figura, ma si guardano bene dal leggerla perché sanno già tutto dalle anticipazioni. Per questo nessuno s’è mai accorto che nel libro le anticipazioni distillate nell’ultimo bimestre ai giornali non ci sono, perché sono già passate di moda e a Natale fregano ancor meno di quanto poco già fregassero ai Morti. Il capolavoro minacciato per il 2015, per dire, s’intitola Donne d’Italia: che c’entreranno mai Renzi (inequivocabilmente uomo) e il ponte sullo Stretto (oggetto non identificato, ma di genere maschile) con le donne d’Italia? Beata ingenuità: trattandosi di una cazzata, è femminile.