La Stampa, 7 novembre 2015
Alain Delon domani compie ottant’anni. La sua vita in ordine alfabetico
Ha parlato pochissimo Alain Delon, in vista del suo compleanno : ottant’anni tondi tondi che compirà domenica. Ma qualcosa d’importante l’ha detta: «La donna della mia vita? Mireille». Mireille Darc, l’attrice con la quale condivise 15 anni, anche turbolenti. Oggi, anziani, si inviano sms di continuo. Lei a Parigi. Lui chiuso nella sua tenuta, a Douchy, 115 km a sud-est della capitale.
Lì soffierà sulle candeline. Feste? Non sono in programma. «Alain vive in una solitudine profonda – ha raccontato la Darc -, nel suo mondo. Quel malessere l’ha sempre avuto dentro di sé. Ma non si lamenta: ha voglia di vivere così. Gli dà pace». Eccolo Delon, dall’a alla zeta.
A come attore – «Dalla morte di Jean Gabin e di Lino Ventura, Alain è il più grande attore francese – ha aggiunto la Darc -. È un attore bravissimo. Ed è un dettaglio che si tende a dimenticare». Sì, perché l’attenzione si concentra sul personaggio, che può essere scostante e megalomane (insopportabile quando parla di sé alla terza persona). Non ha seguito nessun corso, gli è venuto naturale. «Si muove d’istinto», diceva il regista René Clément.
B come business – Di origini modeste, ha fatto di tutto per macinare soldi, investendo nei cavalli (con marsigliesi in odore di mafia) e lanciandosi in un marketing sfrenato in tutto il mondo (è famosissimo in Cina e Giappone), soprattutto a partire dagli anni 90, di prodotti creati a suo nome o di altro, di tutto e di più. In Italia, le mitiche pellicce Annabella.
C come cani – Nel bosco che circonda il suo buen retiro ne ha già sotterrati 35, in belle tombe allineate maniacalmente una dietro l’altra. Da sempre Delon adora i cani, con una preferenza per il doberman e il dogo argentino.
D come delinquenza – A 17 anni, per sfuggire alla sua piccola vita di apprendista macellaio nella periferia parigina, si arruolò nella marina. A Tolone rubò i pezzi di una radio e lo mandarono a combattere la guerra in Indocina. Lì fece sparire delle jeep e finì addirittura in gattabuia. Molti anni dopo impersonerà i mafiosi sul grande schermo. E flirterà con quel mondo nella realtà. Nel 1968 Stevan Markovic, la sua guardia del corpo, venne ritrovato morto ammazzato in una discarica.
H come Hollywood – Tentò l’avventura americana nel 1964. Si trasferì a Los Angeles con l’amata Nathalie e da lei ebbe lo stesso anno Anthony (oggi uomo maturo ed equilibrato, che negli ultimi anni ha recuperato un rapporto con il padre). Negli studios capirono subito che Alain era un rompiscatole. Non funzionò.
I come infanzia – I suoi genitori si separarono quando lui aveva appena quattro anni. E si rifecero entrambi una vita. Lo parcheggiarono dagli 8 ai 14 anni in collegi di infima fama. Poi visse con la madre e il patrigno, agente di custodia di un carcere, giocando nel cortile della prigione. Tali vicende sono raccontate in un documentario appena trasmesso dalla tv francese France 3 («Alain Delon, cet inconnu»). Lui, vedendolo, si è commosso.
P come politica – Si proclama «gollista», che in Francia vuol dire tutto e niente. Ma, da quando era giovane, è amico di Jean-Marie Le Pen, anche se non si è mai iscritto al Front National. Però, contraddittorio come sempre, è stato vicino a un comunista come Luchino Visconti. E nel 1976 fu Delon stesso a produrre «Mr. Klein» di Joseph Losey, altro «sinistrorso»: un film che ebbe scarso successo ma una delle sue interpretazioni più intense.
R come Romy – Per cinque anni, dal 1958, con la Schneider furono i fidanzatini ideali. Lui non la dimenticò mai : nel 1969 al regista Jacques Deray, per «La piscina», impose Romy al posto di Monica Vitti. Quando la Schneider morì, nel 1982, Alain la volle vedere morta un’ultima volta. Scattò tre foto, che si porta sempre dietro, nel portafogli.
U come uomo – «Il padre di Delon è sempre stato assente – ha sottolineato Philippe Kohly, il regista del documentario trasmesso da France 3 -. Gli è mancato un modello di virilità. Per questo, soprattutto da giovane, ha sempre voluto dimostrare di essere un uomo, perfino circondandosi di boss dalla dubbia fama». In questo senso era in costante concorrenza con Jean-Paul Belmondo, lui virile di suo. In «Borsalino» (del 1970) si presentò sul set con muscoli esageratamente pompati, per non sfigurare dinanzi a Jean-Paul.
V come Visconti – Luchino è stato uno dei suoi padri putativi. Il regista italiano da tre anni cercava l’attore ideale per il protagonista di «Rocco e i suoi fratelli». Incontrò Alain e capì all’istante che aveva trovato il suo pugile dolce e violento. Il film uscì nel 1960 e nel ’63 «Il gattopardo». «Mi piace che un regista sia duro con me – ha dichiarato Delon – ma che poi mi lasci andare. Visconti lo capì benissimo».
Z come Zorro – Non ci sono dubbi, è stato lo Zorro (film di Duccio Tessari, del 1975, coprotagonista Ottavia Piccolo) più bello della storia del cinema.