La Stampa, 7 novembre 2015
Sorprendono i ladri in casa e vengono massacrate a colpi di bastone
«Massì, dai, la Cloe, la professoressa, certo che sai chi è. Quella che abita al fondo del paese. E l’altra è la sua nuora, una brava ragazza, una che la accudiva come se fosse stata sua madre».
Alle nove di sera al circolo di Renazzo, i pensionati che giocano a carte inseguono i ricordi della Cloe. Cloe Govoni, 84 anni, massacrata in casa a sprangate ieri mattina. Lei e la nuora, Maria Humeiuc, 53 anni, origini romene, ma da una vita qui, in questa frazione di Cento, Pianura Padana, proprio al confine con tre province di Ferrara, Bologna e Reggio Emilia. Le hanno massacrate i ladri, dicono. Loro li hanno sorpresi che saranno state le 9 passate da poco: stavano rovistando al pian terreno. E quelli hanno reagito in modo bestiale. Le hanno colpite in testa, alle gambe, alle braccia con dei bastoni e poi sono scappati con un bottino che è una miseria: 300 euro.
L’allarme e i soccorsi
È stata «la Maria», come la chiamano da queste parti, che ha dato l’allarme al 113. Dieci minuti e sono arrivati i carabinieri. Se sono vive, forse è proprio perché le hanno soccorse presto. Vive, ma gravi. Cloe l’hanno operata alla testa. Maria è stata portata in condizioni disperate all’ospedale di Bologna. E adesso è caccia ai banditi. Ladri spietati.
Il pensionato rapito
Come quelli che il 9 settembre erano stati sorpresi in casa da Pier Luigi Tartari, 83 anni. È accaduto a Ferrara, che poi è a una manciata di chilometri da qui. Lo avevano picchiato, caricato in auto ed erano fuggiti con lui, forse speravano di fargli aprir la cassaforte. Oppure chissà, li aveva riconosciuti. Sta di fatto che Tartari lo hanno ritrovato morto 17 giorni dopo, in un casolare dall’altra parte della città. Come quel padre e quella figlia rapinati e legati in casa in un altro paese a un tiro di schioppo da qui. Ladri che rubano trattori, svaligiano case e villette. Fantasmi. Che colpiscono e spariscono. Che fanno crescere la paura, specialmente tra gli anziani, e dietro i cancelli delle villette cresciute a grappoli in mezzo alla campagne.
La paura nei paesi
«Non si sta più tranquilli. In giro c’è tanta gente che non sai da dove arriva. Bisogna tenere gli occhi sempre ben aperti» si sfoga Aurora, che di cognome fa Govoni, come buona parte della gente che abita in questa frazione, un tempo terra di proprietà indivise, di case coloniche, di chilometri e chilometri stradine in mezzo ai campi e ai frutteti. Oggi Renazzo di Cento è cambiata. Ci sono meno agricoltori e più pendolari. E c’è tanta gente venuta a viver qui dai paesi vicini. E la Cloe, la professoressa di italiano che insegnava alla scuola media della borgata, la conoscono soltanto quelli più avanti negli anni. Come don Ivo, da 40 anni parroco della chiesa di San Sebastiano. È proprio lui che adesso dice: «Saranno stati degli slavi. Mi hanno detto così. Ma io non voglio colpevolizzare nessuno, per l’amore del Cielo. La gente di qui racconta queste cose».
I vicini chiusi in casa
Don Ivo non punta il dito contro nessuno. Ma in paese tanti vorrebbero sfogarsi. L’unico posto dove nessuno parla è in via Lunga, la strada dove al 4 c’è la casa della Cloe Govoni. Ecco, qui, trovare uno che apra la porta per parlare è un’impresa. Un po’ per paura e un po’ per diffidenza. E le uniche cose che raccontano sono il via vai dei carabinieri ieri mattina, delle ambulanze e poco altro. Barricati dietro cancellate e finestre con le grate dicono che la casa della Cloe è quel vecchio stabile con le persiane di legno dipinto di verde.
L’auto sospetta
Casa di una volta, piantata in mezzo alla campagna, senza un cancello o un muretto. Davanti c’è un pezzo di giardino, il pozzo e la strada che si insinua per chilometri tra i campi. Via Lunga, appunto. Dietro c’è un’infilata di campi già arati, pronti per la semina del frumento. «Saranno passati da lí e le hanno trovate in casa» insistono al circolo Anspi di Renazzo. Dove raccontano di un’auto sospetta vista girare in zona da giorni. Un’Audi, bianca e arancione. C’entra qualcosa? I carabinieri non parlano. Le vittime non possono dire.
Pistole e difesa
«Qui bisogna imparare a difendersi» tuona Spedito Gallerani, alle 10 sera, con i suoi amici di briscola. «Bisogna cambiare la legge sulla difesa personale. Siamo arrivati al punto che se io trovo un ladro in casa, è meglio se gli offro un caffè e lo lascio fare. Se agisco rischio di finire io nei guai». Gli danno ragione in tanti. Perché la paura adesso è arrivata anche qui.