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 2015  novembre 07 Sabato calendario

Piccola storia del Ponte sullo Stretto

Due milioni di anni fa la Sicilia si staccò dalla Calabria. Da 150 anni si discute se ricollegarle. Dal 1971 a oggi si sono spesi 250 milioni di euro solo in progetti, senza mai arrivare a quello definitivo. In questo imbuto di mare largo poco più di 3 chilometri, suggestioni mitologiche e letterarie (da Omero a Ovidio, da Goethe al postmoderno Horcynus Orca), tradizioni marinare, componenti archeologiche, storiche, architettoniche, oceanografiche, paesaggistiche fanno da sfondo a mediocri balletti politici.
Il primo a pensare a un ponte fu nel 1866 il ministro dei Lavori Pubblici Stefano Jacini. Si rivolse a un tecnico ma il responso fu negativo: difficoltà di fondazione, carreggiata alta, forti correnti, vibrazioni per i venti, rischio sismico. Tra gli ingegneri piemontesi prese piede l’idea del tunnel sottomarino e nel 1896 entrarono in servizio i primi piroscafi sullo Stretto, chiamati Scilla e Cariddi.
Solo nel secondo dopoguerra la ripresa dei commerci riportò il «Cavalcamare», come lo chiamavano a Messina, all’attenzione della politica. Nei periodi di raccolta, i prodotti ortofrutticoli siciliani aspettavano giorni sulle banchine del porto. «Il ponte potrebbe essere costruito in sei anni», scriveva il Giornale di Sicilia. Non mancavano progetti alternativi: tunnel a 30 metri di profondità o sul fondo del mare, ponte galleggiante in acciaio, ad arco, a travata, sospeso, a uno o due piani, istmo artificiale, diga. Tutti bocciati dal ministero per «notevoli deficienze tecniche».
Primo comitato promotore nel 1953, prima società pubblica nel 1971, primo consorzio privato nel 1977. Nel 1964 alcuni rilevamenti sui fondali furono affidati all’esploratore Jacques Cousteau. Nel 1968 al concorso internazionale arrivarono 143 progetti, tra cui uno svedese, un argentino e un somalo. La commissione di esperti impiegò due anni per valutarli.
«Alla fine degli Anni 70 lo stato dell’arte della questione presentava solo un quadro di tante parole», scrive Aurelio Angelini nel libro «Il mitico ponte sullo Stretto di Messina» edito da Franco Angeli. Nel 1980 con nove anni di ritardo il presidente del Consiglio Cossiga costituì la società Stretto di Messina Spa. Altri quattro anni per renderla operativa. Eppure nel 1982 il ministro per il Mezzogiorno, il socialista Signorile, annunciava la realizzazione di «qualcosa in tempi brevi». Per la precisione «ponte pronto nel 1994». Nel 1998, dirà il premier Bettino Craxi nel 1985. Nel 2010, dirà Berlusconi tornato al governo nel 2002. Poi sposterà la data al 2012. E al 2016, poco prima di lasciare Palazzo Chigi.
Anche per Romano Prodi, negli Anni 80 presidente dell’Iri in quota De Mita, il ponte era «una priorità». Lo era anche per Walt Disney, che pubblicò il fumetto «Zio Paperone e il ponte di Messina»: 42 pagine tra marinai fannulloni, ingegneri e lunghe code estive agli imbarchi dei traghetti.
Il primo presidente della Stretto di Messina Spa fu l’onorevole Dc Oscar Andò. Il secondo, voluto da Giulio Andreotti nel 1990, Antonio Calarco, direttore della Gazzetta del Sud, che disse in tv: «Se la mafia è in grado di costruire il ponte sullo Stretto, benvenuta mafia». Resterà in carica 12 anni.
Il film della Seconda Repubblica è tragicomico. Centrosinistra sempre diviso. Nel 2000, dopo l’approvazione del progetto di massima, i Verdi si oppongono per «il devastante impatto ambientale», il ministro dei Lavori Pubblici Willer Bordon dichiara: «Gigantesca opera inutile». Tanto che il capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi si spazientisce: «È il momento di arrivare a una conclusione, a una scelta definitiva». Nel 2006 Di Pietro è pro ponte, Verdi e Comunisti contro. Vincono loro alla Camera per 38 voti.
Per Berlusconi, viceversa, il ponte è sempre stato il caposaldo del mitico piano delle «grandi opere» tratteggiate sulla lavagna di Vespa. Vuoi mettere l’ebbrezza di «per poter raggiungere la fidanzata al di là dello Stretto anche alle quattro del mattino?». Nel 2003, undici anni dopo il progetto di massima, viene approvato quello preliminare. Mancano quello definitivo ed esecutivo. Il ponte sarà a campata unica in grado di resistere a un terremoto di grado 7,1 della scala Richter e a venti di 216 km/h. Costo 5,4 miliardi di euro, per il 60% a carico dei privati. Pedaggi: 5 euro per le moto, finoa 15 per le auto, 60 per i camion, 70 per gli autobus. Alla fine del governo Berlusconi, il costo sale a 9 miliardi. Magistrati e poliziotti segnalano precoci appetiti criminali da parte di quelli che Antonio Mazzeo chiamerà «I padrini del ponte» in un libro pubblicato da Edizioni Alegre.
«Costa troppo», è la sentenza del governo Monti nel 2012. Sembra finita, al netto di strascichi legali. Ora ci riprova Renzi a emulare il console romano Lucio Cecilio Metello, l’unico finora in grado di costruire sullo Stretto un ponte, seppur provvisorio con tavole coperte da terra poggiate su botti vuote, per trasportare 104 elefanti catturati ad Asdrubale nella battaglia di Palermo. Correva l’anno 250 a.C.