Corriere della Sera, 7 novembre 2015
Storia dell’hotel Sacher di Vienna e della Sachertorte
Ci sono hotel dove la Storia è l’ospite di riguardo. Ospite esigente, che pretende cure regali, camere con vista sul sogno, salotti con tende spesse, capaci di trattenere segreti e bugie. Ospite generoso, solito a lasciare suntuose mance di atmosfere e charme, bauli stracolmi di memorie e fantasmi.
A Parigi la Storia soggiorna al Ritz, a Londra al Chelsea, a Nizza al Negresco... E a Vienna al Sacher. Albergo simbolo della città e del suo periodo d’oro, dei fasti austroungarici, della cultura mitteleuropea. Oltre che di un dolce straordinario, inventato nel 1832 da un ragazzo di 16 anni, Franz Sacher, apprendista pasticciere in casa Metternich. Che a poche ora da una cena importante – il capocuoco colto da malore – salvò la situazione portando in tavola una torta al cioccolato sotto la cui glassa si nascondeva un velo asprigno di marmellata d’albicocche.
Piacque così tanto da venir battezzata con il nome del suo geniale ideatore. E dare inizio a una leggenda ancora oggi celebrata da milioni di cultori sparsi in tutto il mondo. Ma assaggiare una fetta di Sachertorte al Sacher è tutt’altra cosa. Perché dentro quelle mura tutto, velluti, stucchi, lampadari di cristallo, specchiere fané, rimanda a un mondo fin de siècle, aristocratico, colto, elegante. Che proprio in quei saloni aveva trovato la sua fiera delle vanità e la sua ribalta.
A rievocarne il fascino esce ora un libro, «Hotel Sacher. L’ultima festa della vecchia Europa» (Edt, 344pp, 24 euro). L’autrice Monika Czernin, pronipote di Ottokar Czernin, ministro degli Esteri dell’Impero, racconta la nascita di un albergo diventato istituzione grazie a una donna, Anna Sacher, che lo guidò dall’inizio e fino alla soglia degli anni Trenta con piglio manageriale e intelligenza spregiudicata. Figlia di un macellaio, sposa Eduard Sacher, figlio del pasticcere Franz, e con lui inaugura nel 1876, presente l’imperatore Francesco Giuseppe, quell’hotel davanti all’Opera. Indirizzo strategico, calamita per artisti, nobili, ricchi borghesi.
Rimasta vedova a 33 anni, Anna non si perde d’animo, prende le redini dell’albergo trasformandolo nel luogo d’incontro di arte e cultura, politica e buon vivere europeo. Di lì passano gli Asburgo e i Metternich, i Rothschild e gli Ephrussi. Ai tavoli del suo ristorante Arthur Schnitzler festeggia con ostriche e champagne la svolta della nuova letteratura, Karl Wittgenstein finanzia gli eretici della Secessione, Gustav Klimt entusiasma con il suo Fregio di Beethoven, Auguste Rodin, che la stessa sera sente Mahler dirigere «Le nozze di Figaro» e non trattiene l’entusiasmo: «Che città fiabesca!». E se Mahler preferiva i salotti più tranquilli dell’Imperial, sua moglie Alma sceglieva i separé del Sacher per incontrare il suo giovane amante, Franz Werfel.
Nell’albo d’oro dell’hotel, molte anche le teste coronate. Dall’imperatrice Sissi, che arriva al Sacher in una carrozza chiusa, vestita di nero, il volto velato. Non più principessa delle favole ma donna segnata dalla sofferenza interiore. Eppure quel giorno, Sissi dimentica per qualche istante la sua ossessione di anoressica. Dopo un primo boccone distratto, continua a portarsi alla bocca cucchiate di panna e cioccolato finché, miracoli della Sachertorte, nulla resta sul piatto. Non si faceva pregare invece l’arciduca Rodolfo che al Sacher trovava la sua mensa e il suo spazio di fuga, prima del tragico epilogo di Mayerling. Finisce male pure Francesco Ferdinando, che gli succede al trono. Il corteo funebre per scortare lui e la moglie, assassinati a Sarajevo, parte proprio davanti a quell’albergo che aveva tanto amato.
Morta Anna Sacher, nel 1930, l’hotel sembra vacillare. Ma poi si riprende, va avanti. Le sue camere sfarzose ospitano altri re e regine dei nostri tempi, da Edoardo VIII a Elisabetta d’Inghilterra, da Ranieri e Grace di Monaco al presidente Kennedy. Da Bernstein a Nureyev, da Karajan a John Lennon e Yoko Ono... E la leggenda continua.