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 2015  novembre 06 Venerdì calendario

Berlusconi come la Bellucci, il fascino di Ettore Scola, i comunisti all’italiana: l’antologia settimanale di Paolo Siepi

Secondo la Ue in Italia cresce la domanda interna. Ma è talmente interna che non se n’è accorto nessuno. Gianni Macheda.
Sei felice, tesoro? Boh, chiedilo all’Istat. Jena. La Stampa.
Il guaio sarà quando cominceranno a spuntare i negozi di carne elettronica. Il Rompi-spread. MF.
Se Hamas deponesse le armi, tempo un giorno e vi sarebbe la pace. Se Israele deponesse le armi, tempo un giorno e vi sarebbe la sua distruzione. Difficile da capire? Matteo Righetto. Il Foglio.
Il Vaticano passerà ai magistrati italiani l’indagine sulla fuga di notizie. Mi sembra giusto, è materia che conoscono benissimo. Milano Finanza.
Se Berlusconi va a Bologna alla manifestazione della Lega, finisce per fare la guest star. È come la Bellucci in un film di 007. È pur sempre la Bellucci, ha un ruolo importante, ma il film non è il suo. Maurizio Gasparri, parlamentare Fi (Alessandro Trocino). Corsera.
Il Vaticano cerca di ostacolare in ogni modo la diffusione del mio libro. E lo fa in tanti modi. Ad esempio cercando di trascinare noi giornalisti nella telenovela di corvi, cornacchie, fagiani, gossip e chissà cos’altro, tentando così di distrarre dal contenuto di un libro che si basa su fatti, gli unici che importano a me che faccio il giornalista. Gianluigi Nuzzi, Via Crucis. Chiarelettere.
In Italia non c’è la certezza della pena perché l’ordinamento giuridico italiano ospita già 35 mila fattispecie di reato, che chiunque può commettere senza nemmeno sospettarne l’esistenza. Rendendo così insicuro il cammino degli onesti, mentre rimane lesto il passo dei disonesti. E perché infine quell’ordinamento è volubile e sbilenco come i politici che l’hanno generato. Per dirne una, la legge di depenalizzazione del 1981 inasprisce le sanzioni per chi divulghi le delibere segrete delle camere. Michele Ainis. Corsera.
Nino mi spiegò che i capi comunisti italiani avevano mancato la propria vocazione rivoluzionaria. Si erano adagiati in un attendismo di comodo, accampando la scusante che in Italia non era possibile far nulla prima che giungesse l’armata rossa. Avevano ville, automobili, donne. Le sofferenze del popolo non li commuovevano più di tanto. In fondo, essendo borghesi o vivendo come tali, disprezzavano il popolo non meno dello storico Guicciardini, che ebbe a definirlo «un animale pazzo». Gianni Brera, Il principe della zolla. Il Saggiatore, 1994.
Il regista Ettore Scola mi era venuto a trovare a teatro. È un uomo molto affascinante. Con un fascino che va ben oltre il talento di regista. «Sei nata in un’epoca sbagliata», mi diceva, «i personaggi viscontiani non ci sono più e neanche il De Sica de Il giardino dei Finzi Contini. Togliti la maschera e mettiti in gioco, altrimenti servi solo per una copertina di Vogue». Mi ha insegnato cose che non ho dimenticato. Mi sarei fatta in quattro per non deluderlo, ma alla vigilia della conferenza stampa veneziana ero a disagio. Mi tranquillizzò con una calma saggia e intelligente: «Di dove sei tu? Sei di Piacenza? E tua madre si chiamava Vinetti?» Mi riportava alla realtà. Mi diceva di volare basso. Guardando alle cose concrete. Alla relatività della circostanza. Con cinismo lucido: «Isabella, a questi non gliene frega niente del film che hai fatto con me, ti chiederanno dell’altro, di quello di Giacomo Battiato». In Cronaca di un amore violato c’era la sequenza di uno stupro. Una cosa cruda. Forte. Con immaginabile coda di polemiche. Preveggente, Ettore aveva capito. Sapeva che i giornalisti mi avrebbero interrogato solo su quel tema. E così andò. Isabella Ferrari, attrice (Malcom Pagani). Il Fatto.
I grandi chef fanno cose fantastiche, ma la spettacolarizzazione e la cucina snob non mi piacciono. Quanti pasti fa al giorno uno chef come Cracco? Mettiamo cento, noi 800 mila. E chi l’ha detto che i nostri clienti sono di serie B e i suoi di serie A?. Roberto Masi, amministratore delegato di McDonalds Italia (Dario Di Vico). Corsera.
Una luce di vetro, limpida, luce che sa già di mare, si riflette sulle antiche case di Padova con le finestre a bifora. Il sole di questa giornata di ottobre è dolce ed estenuante: l’estate proprio non vuole morire. Gli alberi d’oro, e qui e là il rosso purpureo delle viti americane, nell’ultimo sanguigno fiotto di vita. Padova è i suoi muri antichi di mattoni, dietro ai quali fioriscono giardini segreti; e cancelli leggermente arrugginiti, e le ultime rose che si affacciano, pallide. Ma poi, salendo verso Castelfranco, sulla Statale, questa luce mi accompagna, sempre più inclinata, radente, ma ancora più d’oro. Lunghe e deformi sull’asfalto le ombre dei pedoni, come inseguiti da alter ego bizzarri che stanno, di ciascuno, alle calcagna. Ville nobiliari, ogni tanto, isolate, e con gli scuri chiusi sul bel parco curato; e il sole ora purpureo, che bussa alle finestre, visitatore ignorato. Palme, e accanto cipressi, con quella loro sagoma austera; e siepi di lauro, regolate tanto diritte da inquietarti: come farà la gente di qui a avere, mentre taglia, così ferma la mano, e il polso? Marina Corradi. Avvenire.
Come elettore del Movimento 5 stelle sto facendo pressione sul mio parlamentare (di riferimento) perché voti la fiducia al governo. Motivo? Mi sono innamorato di Irene Tinagli, già con Monti. Non ho mai visto un’economista così bella. Irene, Irene, Irene, Irene, faremo quello che dici tu sia come comportamenti macroeconomici, sia lasciare le fidanzate per te. Maurizio Milani, Lettere d’amore. Wingsbert House editore.
Battevamo le suole sulla massa compatta della neve, che cedeva appena, con un rumore simile al tubare dei colombi. Piero Chiara, Viva Miliavacca. Mondadori, 1982.
Il frigorifero si è messo in moto e ronza come una squadriglia di quadrimotori, di quelli che sentivo nel rifugio durante la guerra quando gli adulti mi portavano in cantina avvolto da una coperta azzurra a quadri rosa, da una parte, e rosa quadri azzurri dall’altra. I bombardamenti mi piacevano. Avevo capito che gli alleati erano buoni e la contraerea tedesca cattiva. Paolo Guzzanti, I giorni contati. Baldini&Castoldi, 1995.
A quell’ora il Savoia, il battello a ruota più maestoso della Navigazione Lariana e vanto della stessa, si preparava a doppiare la punta spartivento di Bellagio, carico degli ultimi turisti di una stagione che si stava preparando a chiudere le porte. Andrea Vitali, Almeno il cappello. Garzanti, 2009.
Preghiamo Dio anche se non esiste. Non si sa mai. Roberto Gervaso. Il Messaggero.