ItaliaOggi, 6 novembre 2015
Per compensare la penuria di donne, dopo aver abolito l’obbligo del figlio unico, adesso in Cina stanno pensando addirittura di introdurre la poliandria (un’unica moglie per più mariti) o le unioni omosessuali
Il bello della vita e della storia è che tutti i nodi, prima o dopo, vengono al pettine. Nel 1979 in Cina il Partito Comunista decise di (scegliete voi il verbo più acconcio, io provo un profondo ribrezzo) sopprimere, uccidere, abbattere, decine di milioni di bambine (avevano l’unico difetto di essere femmine). Il modello faceva pendant con la teoria hitleriana, con l’unica differenza che una si concentrava sulla razza (ebrei e rom), l’altra sul sesso (femmine).
Del comunismo si possono avere visioni diverse ma un aspetto positivo bisogna riconoscerglielo, la grande professionalità degli apparati nei processi pianificatori. Il PCC mise in piedi un sistema di controllo capillare sull’intero territorio, creò nell’ambito del ministero della Pianificazione una specie di Agenzia delle (non) entrate, vi destinarono 520 mila addetti, cani da tartufo addestrati per cogliere ovunque odori di placenta, che si avvalevano di circa 80 milioni (sic! seppur part time) di cittadini-spia per scoprire quei genitori che non denunciavano la nascita di bambine, terrorizzati di doverle poi sopprimere. Un certo numero di scaltri cinesi (specie contadini) riuscirono a gabbare i controlli facendo sopravvivere alcuni milioni di bambine. Queste donne (nate, ma mai denunciate) oggi hanno un valore alto, stante la penuria di femmine sul mercato, a dimostrazione che il non rispetto della legge a volte paga.
Infatti i giovani cinesi, in questi ultimi cinque anni, hanno raschiato il barile, accoppiandosi con donne fané o anziane, ora hanno gettato la spugna, si sono rivolti al Governo chiedendo mogli. Il Partito ha allora cambiato la legge portando a due il numero dei figli ammessi, ma resta il problema dei maschi, oggi fra i 25-30 anni, che tecnicamente sanno di non avere alcuna speranza di sposarsi per mancanza di donne. Il solito celebre economista, il professor Xie Zuoshi ha teorizzato (un genio!) che i più ricchi hanno più possibilità di trovare delle spose, mentre i poveracci non ne troveranno, e via via precipiteranno nella scala sociale, fino a ridursi a rifiuti umani. Ed ecco la geniale ricetta del professore: «una moglie, più mariti».
Le prime reazioni non sono state positive. Ancora più difficile la seconda opzione, matrimoni fra appartenenti allo stesso sesso. A prima vista, una parrebbe fattibile, anzi gradita, nel caso dei maschi, però risulterebbe impraticabile nel caso di matrimoni saffici, perché complicherebbe ancora di più il problema della carenza di donne. Il PC cinese avrà il coraggio di rompere il dogma della parità dei sessi di fronte alla legge? E con il principio «uno vale uno» come la mettiamo?
L’Occidente invece scelse altre strade, usò modalità politicamente corrette affinché i bambini addirittura non nascessero proprio, poi per le classi alte che volevano un percorso inverso, mise a punto tecniche innovative. Si inventarono addirittura nuovi business per combattere, da un lato la disoccupazione femminile delle classi povere con un jobs act di nove mesi (utero in affitto) lautamente retribuito o la cessione di ovuli di studentesse avide di lusso, dall’altro permettere legalmente a detentori di reddito di soddisfare i loro desideri di genitorialità. Gli unici legati ai vecchi valori maschilisti sono rimasti gli islamici, i rom, i sinti, con la variante islamo-talebana, che però pretende femmine non solo succubi, ma pure rigorosamente ignoranti.
Come diceva Leo Longanesi “la natura ha strane leggi ma lei, almeno, le rispetta”. Noi abbiamo leggi oscene, dovremmo non rispettarle, invece non lo facciamo.