La Gazzetta dello Sport, 6 novembre 2015
Luca e Nicola Rigoni, due fratelli da Serie A che ora si sfidano in Chievo-Palermo
Prima le cose importanti: com’è messa in classifica la squadra di papà? «Sono secondi, a due punti dalla vetta», fa Nicola. Perché in casa Rigoni le regole sono chiare: non è papà Gigi a chiamare per primo dopo le partite dei due figli. «La domenica dobbiamo essere noi a telefonargli per sapere cos’ha fatto lui». Gianluigi Rigoni – mezzala del Lanerossi Vicenza negli Anni 70 – oggi allena il Summania, girone B del campionato di Promozione veneto. Ma soprattutto, è il papà di Nicola (Chievo) e Luca (Palermo). I fratelli Rigoni.
Sei anni li separano, ma non è l’unica differenza. «Da piccoli, Luca era molto più appassionato di calcio rispetto a Nicola: dai 4 ai 10 anni mi ha seguito ogni estate nel ritiro in montagna con la squadra di Eccellenza che allenavo, mangiava coi giocatori e faceva il raccattapalle». C’è da dire che la bilancia è tornata presto in equilibrio: «In cento metri quadrati di casa c’erano palloni ovunque, in salotto, in bagno, in camera…». Ma la differenza più grande si vedrà domenica, quando per Palermo-Chievo Nicola sarà in campo e Luca (presumibilmente) in tribuna. Una gomitata rimediata contro l’Empoli ha mandato in frantumi lo zigomo destro del centrocampista rosanero, rinviando alla gara di ritorno in aprile il faccia a faccia in famiglia. «Da avversario dico che è meglio per noi…», affonda Nicola. Dici: che caratterino...
Ma chi l’ha cresciuto assicura: «Sono entrambi molto timidi, però Nicola è più titubante e non ha mai avuto una grande autostima». Lo dice il papà, con i racconti lo conferma anche il figlio. «Quest’anno ormai avevo perso le speranze di tornare in A. Infatti sono partito per il ritiro con il Chievo ma avevo la testa altrove. Ero convinto di andarmene (alla Ternana, ndr ), ma durante la preparazione mio padre disse: “Se rimani avrai la tua occasione”. Aveva ragione». L’occasione ha un minuto e un giorno precisi, il 43’ del primo tempo di Empoli-Chievo, 23 agosto. Radovanovic s’infortuna e Maran si gira verso la panchina: «Entri tu». Dice oggi Nicola: «Se ci fosse stato un altro allenatore al suo posto, che non mi conosceva, forse adesso non sarei qui». Qui, in Serie A, cinque anni dopo averla assaggiata caso vuole proprio vestendo la maglia del Palermo. E ci pensa papà a tirargli le orecchie: «Già quando fece il primo ritiro con il Chievo nel 2013 gli dissi di restare. Poi lui si è fatto convincere dalla Reggina e ha perso tempo. Per i primi 4 mesi non gli ho parlato». Eccolo, il caratterino... Lo stesso che, per farli diplomare, ha bloccato il trasferimento di Luca al Milan (a 14 anni) e di Nicola alla Juventus (a 17 anni). «Non mi sono mai pentito, era il mio compito di genitore».
Perché se sono partiti (con il pallone) da Vicenza, Luca e Nicola si sono poi rincorsi per l’Italia: Chievo, Reggina, Palermo. Dentro uno, fuori l’altro. Al Chievo, solo un ritiro insieme (nel 2013). Ma è sul prato del Menti che è rimbalzata la storia più bella. In un anno e mezzo di convivenza a Vicenza, infatti, i due fratelli hanno anche giocato assieme: è il 13 gennaio 2007 quando, nel secondo dei tre minuti di recupero contro il Brescia, Nicola subentra a Crovari e va a sistemarsi a fianco del fratello Luca. «Il confronto aiuta, ma a volte è anche pesante – ammette adesso Nicola –. A Vicenza eravamo i ragazzi della città e questa cosa mi ha influenzato. Perché oltre a paragonarmi a lui c’erano anche molte pretese su di me. Ma sono stato io a non sapermi gestire bene...». Cosa che spesso il fratello gli rimprovera: «Luca mi dice che devo impormi di più a livello caratteriale, che devo essere più duro». E allora, un piccolo test. Chi sceglie dove andare in vacanza? «È sempre Luca a prenotare per primo, così io sono costretto ad andare nel posto che vuole lui...». Riproviamo, ma questa è difficile: al Fantacalcio chi comprerebbe tra i due? «Lui, se mi fa 9 gol come lo scorso anno...». Buono sì, ma astuto.